Con questa recensione di Lucifer 4 torniamo a parlare della serie "diabolica" da oggi su Netflix, liberamente basata sull'omonimo fumetto della Vertigo, per la prima volta dai tempi del pilot, andato in onda negli Stati Uniti su Fox il 25 gennaio 2016 (in Italia arrivò il 27 ottobre dello stesso anno, su Premium Action). Un lungo intervallo, durante il quale la serie si è evoluto in maniera notevole: dopo una prima stagione strettamente procedurale, basata sulla formula del protagonista fuori dal comune (in questo caso il diavolo in persona che aiuta la polizia grazie alla sua capacità di far confessare a chiunque i desideri più nascosti e proibiti), la seconda e la terza hanno trovato il giusto equilibrio tra la componente poliziesca e quella biblica, dando uno spazio maggiore a personaggi e situazioni associate al background celestiale/infernale del signor Morningstar.
E poi, all'improvviso, il fattaccio: a causa degli ascolti progressivamente più bassi, la Fox ha deciso di chiudere tutto al termine del terzo ciclo, il 28 maggio 2018. Ma da bravo angelo caduto, Lucifer non ne ha voluto sapere di morire, ed ecco che lo ritroviamo nella quarta stagione, grazie a Netflix. tra teaser trailer con un sexy Lucifer che alludono a un aumento della nudità (e un episodio, il sesto, intitolato Orgy Pants to Work e incentrato in parte su una comunità nudista) e l'esilarante video dove il personaggio principale fa il riepilogo delle prime tre stagioni (vedi sotto).
Il diavolo, sicuramente
Per tre stagioni abbiamo assistito principalmente alla tensione tra Lucifer (Tom Ellis) e la poliziotta Chloe Decker (Lauren German), misteriosamente immune ai suoi poteri e costantemente incredula quando lui sostiene di essere il diavolo. Questo fino alla conclusione del terzo ciclo, quando egli ha ucciso un uomo e così facendo ha mostrato il suo vero volto, quello demoniaco, in presenza di lei. Da lì parte la trama di Lucifer 4, che sfrutta l'alchimia tra i due attori per andare in una direzione più dark e drammatica, analizzando in modo serio il rapporto "umano" (le virgolette sono obbligatorie) tra il principe delle tenebre e la donna di cui si è progressivamente innamorato, dopo averla prima considerata interessante solo perché era in grado di resistere al suo fascino diabolico.
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Dopo tre anni di battibecchi principalmente comici emerge per entrambi una nuova sfumatura sul piano recitativo, in particolare per Ellis che ostenta tutta la devastazione interna del protagonista sotto la tradizionale scorza edonista, qui simpaticamente messa alla berlina in più di un'occasione (in particolare nel quinto capitolo, Expire Erect , dove Lucifer non è più in grado di copulare dieci volte al giorno - arriva a un massimo di due - dopo che la conquista di turno lo definisce il suo boyfriend). Alcune cose cambiano, ma il senso dell'umorismo brillantemente puerile e goliardico che ha sempre caratterizzato lo show non è tra queste. C'è anche una piccola componente metatelevisiva per quanto riguarda il settimo episodio: la regia è di Richard Speight Jr., alias l'arcangelo Gabriele in Supernatural (e come lui, c'è che si diverte a chiamare il diavolo "Lucy").
Ritorno alle origini, ma anche uno sguardo verso il futuro
Dalla seconda stagione in poi la serie ha deciso di esplorare più approfonditamente la natura biblica del protagonista, che si tratti del rapporto non sempre roseo con i suoi fratelli angeli (in particolare Amenadiel, qui al centro di una sottotrama piuttosto "intima" dopo aver messo incinta la dottoressa Linda Martin) o dell'entrata in scena della madre (Tricia Helfer), senza dimenticare l'intera terza stagione dove il signor Morningstar divideva la scena con Caino (Tom Welling). La quarta annata decide di andare veramente a ritroso, ripescando il peccato originale nella forma di Eva (Inbar Lavi), reinventata come vera e propria ex di Lucifer. Passato, presente e futuro si intersecano, anche tramite la presenza di un misterioso prete (Graham McTavish, veterano degli adattamenti Vertigo in quanto interprete del Santo degli Assassini in Preacher), dando alla stagione una struttura chiara che sposa in pieno il potenziale "peccaminoso" legato al piacere della visione, rigorosamente in modalità binge-watching.
Ed è proprio lì la novità maggiore del quarto ciclo, realizzato appositamente per Netflix: solo dieci episodi, contro i diciotto della seconda stagione o i ventisei della terza. Dieci capitoli da divorare avidamente, in un colpo solo, grazie a una trama orizzontale che sacrifica la dimensione puramente divertente delle indagini autoconclusive ma lo fa con cognizione di causa, nell'ottica di un'evoluzione dello show che riflette su quanto portato avanti negli anni precedenti e ne trae spunto per esplorare territori drammaturgici per lo più inediti. È un corso nuovo, rivolto verso un futuro potenzialmente molto ricco (ammesso, ovviamente, che la piattaforma di streaming decida di andare oltre il rinnovo attuale), ma anche un racconto coerente all'interno della struttura generale e della mitologia della serie. Struttura che ora è possibile vedere nel suo insieme, partendo da quel pilot prevedibile ma promettente e arrivando a oggi. Il diavolo è veramente rinato, pronto a riprendersi ancora una volta la Città degli Angeli con un sorriso malinconico stampato sul volto irriverente di Ellis, il cui divertimento palese sul set è direttamente proporzionale a quello degli spettatori disposti a passare diverse ore all'insegna del peccato e della risata beffarda.
Conclusioni
Arrivati al termine della nostra recensione di Lucifer 4, constatiamo che il passaggio a Netflix costituisce l'ennesimo passo avanti per la serie, che continua a trasformarsi. In questo caso il numero ridotto di episodi, e la conseguente attenzione rivolta per lo più alla trama orizzontale, è la soluzione migliore per raccontare le nuove, diaboliche avventure del signor Morningstar alla luce degli eventi della terza stagione. E grazie allo streaming, è comunque possibile tornare indietro e godersi i singoli casi al fianco della nuova storyline.
Perché ci piace
- La scrittura è più precisa, grazie al numero ridotto di episodi.
- La storyline principale è perfetta per la fruizione su Netflix.
- Tom Ellis e Lauren German rimangono una coppia televisiva irresistibile.
Cosa non va
- Il tono più dark e l'assenza di episodi autoconclusivi non andranno giù a tutti.