Love Actually è uno stato mentale. L'occasione che, ogni anno, da vent'anni, si ripete. Come se fosse la prima volta. C'è qualcosa di speciale nella rom-com di Richard Curtis. È speciale, perché quasi non si riesce a spiegare, e ci troviamo in difficoltà intanto che proviamo mettere in ordine le idee. Uno stato mentale e un rito in qualche modo collettivo, capace di segnare un'epoca. Esageriamo? No, anzi. Anno dopo anno, Love Actually si è sedimentato nell'immaginario pop, diventando un punto di riferimento per tutti coloro che cercano nel cinema la traduzione esatta della parola amore. In qualche modo, dal lontanissimo 2002, il film di Curtis è stato in un certo senso tramandato, trovando il vero successo in home-video, e solo dopo il passaggio al cinema (nonostante un ottimo incasso).
In più, come spiega l'incipit, Love Actually è una risposta indiretta all'orrore lasciato dal 9/11, essendo uno dei primi film a citare il drammatico attentato. Una voce fuori campo - che potrebbe essere la nostra, quando si sente depressa e avvilita - risponde all'odio con l'empatia, con il calore, e con gli abbracci. Gli stessi abbracci che scaldano gli arrivi all'aeroporto Heathrow. "Padri e figli, madri e figlie, mariti e mogli, fidanzati, fidanzate, amici". Se l'amore è ovunque, quello raccontato da Richard Curtis è diventata una storia corale che ci riguarda in prima persona, tanto da toccare il nostro subconscio. Di più, Love Actually è talmente immediato - e il merito è innanzitutto di una sceneggiatura di marmo - che siamo noi stessi i protagonisti, affiancandoci all'incredibile corollario di volti che si intrecciano in una Londra addobbata a festa, mentre si alterna una soundtrack eccezionale: dalle Sugabebes ai Beach Boys, fino ai classici come All Alone on Christmas di Darlene Love e White Christmas di Otis Redding. In fondo, Love Actually è pure un film d'ascolto, capace di allargarsi, crescendo ogni qualvolta torniamo a rivederlo. Che sia grazie ad un vecchio DVD o grazie allo streaming (lo trovate su Netflix), ma rigorosamente a cadenza annuale.
Love Actually: anatomia di una tradizione
Del resto, se l'amore è ovunque, la cornice non poteva che essere quella natalizia. A poche settimane dal 25 Dicembre si accende l'immaginario, ed ecco che torniamo a fischiettare quel motivetto che prende in prestito una vecchia canzone di Wet Wet Wet, cambiandone appena una parola: Love is All Around che diventa Christmas is All Around. Ed è qui che, ad ogni re-visione, nasce il genio zuccheroso di Love Actually - L'amore davvero. Grazie allo straordinario Billy Mack, quella rockstar sboccata e dimenticata, e resa grande da Bill Nighy, che introduce - senza mai mollarlo - il film, mantenendo alla fine quella promessa di 'battere' nientemeno che i Blue (che epoca meravigliosa, che era).
Via via, ci stupiamo, forse ingenuamente, di rincontrare quelli che sono diventati i nostri amici: Jamie, lo scrittore dal cuore spezzato, interpretato da Colin Firth o il leggendario Primo Ministro di Hugh Grant (ad avercene, oggi, politici così...), libero di essere 'normale' insieme a Natalie (Martine McCutcheon); la dolce Karen di Emma Thompson che trattiene le lacrime mentre ascolta Joni Mitchell (c'è una recita di Natale da portare a termine!), per una scena che, tutte le volte, stringe il cuore; come devasta la Sarah di Laura Linney, che porta con sé un sacrificio enorme. E poi il concetto di famiglia e di complicità tra Daniel, interpretato da Liam Neeson, e il piccolo Sam, con il volto di Thomas Brodie-Sangster, oppure la folgorante apparizione di Rowan Atkinson che fa imbestialire Alan Rickman, a testimoniare quanto la scrittura di Love Actually non sbagli un momento.
Film di Keira Knightley: gli 11 migliori
Silent night, holy night. All is calm, All is bright...
A proposito: se la pellicola di Richard Curtis è da considerare un'opera irripetibile (ecco il motivo per cui non è mai stato portato avanti il sequel, al netto del bel corto datato 2017 in occasione del Red Nose Day), lo si deve ad una delle sequenze che più hanno influenzato e plasmato l'immaginario romantico di un'intera generazione: la divertita e straziante dichiarazione d'amore di Mark (Andrew Lincoln) verso la Juliet di Keira Knightley.
Non solo una dichiarazione, piuttosto un atto di coraggio e di nobile forza emotiva: quel "to me, you are perfect" scritto su un cartello e la dolcezza limpida di Silent Night che gracchia da uno stereo. Così poco, così tanto per spiegare l'illogicità dell'amore: Love Actually è teoria e pratica, l'esperienza comune che si rinnova ogni Natale, superando il concetto di commedia per avvicinarsi ad una deliziosa utopia di gruppo, aggravando il nostro inguaribile romanticismo. Pochi film hanno una tale portata, pochi film possono considerarsi una tradizione com'è tradizione Love Actually. Del resto, com'è che cantava Bill Nighy? "...And so the feeling grows".