Louis Armstrong’s Black and Blues, la recensione: tutti quanti voglion fare il blues

La recensione di Louis Armstrong's Black and Blues, il docufilm di Sacha Jenkins dal 28 ottobre su Apple Tv+ che mostra una versione inedita del musicista e cantante, più intima e intimistica.

Louis Armstrong’s Black and Blues, la recensione: tutti quanti voglion fare il blues

Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e dal 28 ottobre disponibile su Apple Tv+, Louis Armstrong's Black and Blues di Sacha Jenkins da un lato è un documentario classico, che si divide tra testimonianze inedite e conosciute, ma dall'altro anche nuovo, che propone due chiavi di lettura interessanti per la figura forse più importante per la black culture e allo stesso tempo per il jazz and blues: Louis Armstrong.

L'eredità di Louis Armstrong

Che cosa si potrà mai dire di nuovo che non sia già stato detto di Louis Armstrong? O, se non questo, che cosa si potrà dire in modo nuovo o inedito? È in quest'ottica che sembra inserirsi Louis Armstrong's Black & Blues, che cerca di indagare attraverso i filmati d'epoca, la macchina da presa che insiste sui dettagli e il montaggio romantico di Sacha Jenkins, la vita personale del musicista nero che forse più di tutti ha cambiato il mondo e la musica jazz. Per farlo e per provare a raccontare il lato più intimo e intimistico del trombettista utilizza una serie di filmati d'archivio, registrazioni private e conversazioni personali mai ascoltate prima, in cui persone molto vicine a Armstrong provano a svelare qualcosa in più su di lui. Jenkins vuole onorare l'eredità di Armstrong come padre fondatore del jazz, una delle prime star conosciute e amate a livello internazionale e diventato ambasciatore culturale degli Stati Uniti.

Due chiavi di lettura

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Louis Armstrong's Black & Blues: una foto del film

Due sono poi le chiavi di lettura scelte da Jenkins, nominato all'Emmy e che ha scritto il docufilm insieme a Sara Bernstein, Justin Wilkes e Julie Anderson, per presentare la figura di Louis Armstrong. La prima è l'ossessione - simpatica e anche un po' malinconica - del musicista e cantante per le registrazioni. Le proprie ma soprattutto quelle di altri, per assimilare il più possibile lo spirito della musica ma riuscire poi incredibilmente e indiscutibilmente a farlo proprio. Jenkins non esagera coi momenti musicali nel documentario e questo è un pregio, perché preferisce provare a raccontare un lato ancora inedito della persona e personalità dell'uomo dietro il cantante. Musicassette, dischi, vinili, registratori sono tutti strumenti che vengono inquadrati più e più volte per ricordarci che la musica non è solo performance dal vivo, ma anche e soprattutto materiale da conservare e mantenere per i posteri.

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Louis Armstrong's Black & Blues: una scena del film

L'altra chiave di lettura di Louis Armstrong's Black & Blues è quella delle lotte per i diritti civili, a cui lui non partecipò mai attivamente ma ne divenne un simbolo. Spesso nelle interviste e nei filmati d'archivio che impreziosiscono il documentario, infatti, il trombettista racconta come non volesse partecipare sia per proteggere le mani, suo strumento di lavoro e d'arte, sia perché aveva le sue idee in merito alle questioni politiche e sociali ma preferiva rimanere nell'ombra, poiché essendo una figura di riferimento, non voleva che le sue idee venissero seguite o strumentalizzate. Una sorta di influencer ante litteram che però non voleva sfruttare la propria notorietà per questioni che non riguardassero la musica e l'arte. C'è una sorta di purezza in questo, che viene dipinta nella figura di Armstrong, anche durante le sue comparsate in vari programmi tv con presentatori bianchi, che talune volte provano a metterlo in difficoltà, senza riuscirci. Ciò non gli impediva comunque di fare importanti donazioni alle cause, atteggiamento che non sempre, soprattutto inizialmente, fu compreso dalla comunità black.

La vita di Louis Armstrong

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Louis Armstrong's Black & Blues: una scena

Tra le testimonianze più toccanti c'è sicuramente quelle della moglie di Armstrong, o meglio dell'ultima moglie, dato che aveva avuto precedenti matrimoni falliti e anche quest'aspetto si indaga in Louis Armstrong's Black & Blues, prodotto da Imagine Documentaries di Brian Grazer e Ron Howard. Non in chiave scandalistica, ma sempre nell'ottica di provare a penetrare dentro la mente, ma soprattutto dentro al cuore del musicista che ha riscritto il concetto stesso di musica, anche oltre il suo genere di appartenenza. Vengono poi enfatizzati dalla macchina da presa alcuni dettagli fisici, come la bocca con la quale riusciva a produrre un suono e un'intonazione mai visti prima, modificando anche l'interpretazione delle canzoni rispetto al passato, riempiendole di una tale energia e forza che non sembravano quasi umane. Ma anche il corpo cambiato drasticamente col tempo, soprattutto sul finire della vita quando era malato e dimagrì moltissimo (la sua dieta a base di lassativi sicuramente non aiutò in questo). In fondo Armstrong si era affermato dapprima come trombettista e solo successivamente come cantante, e in entrambi i casi aveva riscritto le regole del gioco. Si parla anche della sua famiglia, numerosa e povera ma non troppo, e del quartiere dove viveva e da cui si sentiva rappresentato e allo stesso tempo rappresentante. Cosa ha lasciato insomma Armstrong alla musica e in genere al mondo? Un modo di fare jazz e blues unico e irripetibile che ha inevitabilmente influenzato tutti quelli che sono venuti dopo. Black and blues, le sue due anime.

Conclusioni

Il ritratto che ci si presenta davanti agli occhi alla fine della recensione di Louis Armstrong’s Black and Blues, è quello di un musicista e un uomo che con la propria arte e il proprio cuore ha cambiato per sempre le regole del jazz e della musica in generale. Sacha Jenkins indaga l’eredità del trombettista e cantante e per farlo sceglie la via della vita personale, con registrazione inedite mai ascoltate prima, e del suo aver sempre sostenuto le lotte per i diritti civili dei neri non partecipando alle rivolte, ma con le parole, le donazioni e attraverso la musica.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Sacha Jenkins prova a raccontare un lato inedito, più intimo e intimistico, di Louis Armstrong.
  • Il puntare sui dettagli delle registrazioni e del fisico di Armstrong.
  • Il chiaroscuro della sua partecipazione alle lotte per i diritti civili.
  • L’aver utilizzato pochi momenti musicali.

Cosa non va

  • Il ritmo del documentario si rifà troppo a quello classico e troppo poco a qualcosa di spumeggiante come il jazz.
  • Alcuni aspetti andavano indagati più a fondo.