Recensione Lontano da qui: l'ultimo poeta di New York

La recensione di Lontano da qui, in cui l'italiana Sara Colangelo dirige una meravigliosa Maggie Gyllenhal.

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Lontano da qui: Maggie Gyllenhaal, Parker Sevak e Rosa Salazar in un momento del film

Remake di un film israeliano del 2014, Lontano da qui vede la giovane regista italiana Sara Colangelo, al secondo lungometraggio dopo Little Accidents di quattro anni fa, regalarci una delle performance più toccanti di un'attrice magnifica come Maggie Gyllenhaal. Applaudito a gennaio al Sundance Film Festival e finanziato da Netflix, il film è stato girato in appena 23 giorni, un fatto abbastanza incredibile considerando che Colangelo aveva sì tra le mani un'attrice esperta come Gyllenhaal, ma anche il minuscolo esordiente Parker Sevak, chiamato per di più a declamare versi.

In Lontano da qui, infatti, Gyllenhaal interpreta una maestra d'asilo innamorata della poesia e della letteratura che scopre per caso un talento incredibile in un alunno di cinque anni. Ma non crediate di essere di fronte a un Pigmalione al femminile: il film di Colangelo è affascinante e problematico, e così la performance di Maggie Gyllenhaal che lo impreziosisce.

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I quaderni di Lisa

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Lontano da qui: Maggie Gyllenhaal in una scena del film

L'originale The Kindergarten Teacher di Nadav Lapid è un film che, attraverso il filtro della poesia, osserva diversi aspetti della società e della cultura israeliana. Nel trasportare la vicenda a New York, Colangelo - italiana d'origine ma cresciuta ed educata negli Stati Uniti - si concentra sulla prospettiva di una donna che soffre la banalità e la superficialità del milieu in cui è immersa e sul tema del valore e della sopravvivenza dell'arte nel mondo contemporaneo.

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La mano sicura e ispirata della giovane regista è evidente da subito, nella presentazione della scena, nella cura degli ambienti, nell'uso sottile dei colori e dei dettagli, nell'introduzione dei personaggi: il piccolo prodigio Jimmy, ad esempio, è inizialmente solo uno tra tanti volti infantili, presentati attraverso dei primi piani che sottolineano la varietà e diversità di una multietnica classe di kindergarten newyorkese, e suggeriscono la possibilità dell'emergere di una voce creativa, di una commovente e fragile anomalia.

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Lontano da qui: Parker Sevak in una scena del film

E poi naturalmente c'è lei, la Lisa Spinelli di Gyllenhaal, con le sue gonne ampie e i sui estrosi orecchini, una donna che si sforza di coltivare la propria individualità colorata ed esigente nei grigi scenari urbani in cui si muove; delusa dalla propria quotidianità, dal marito affezionato ma noioso e dai figli adolescenti che preferiscono la marijuana a romanzi e liriche, si rifugia nei suoi poco convinti tentativi di scrittura annotati sul traghetto tra Staten Island e Manhattan, e in un corso di poesia tenuto da un affascinante intellettuale (Gael García Bernal) che la nota solo quando spaccia per sue le eruzioni spontanee di poesia del cinquenne Jimmy. Un personaggio complesso e ambiguo, il suo, che risulta disturbante e allo stesso tempo realistico, vicino agli spettatori, e profondamente commovente.

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Lontano da qui: Maggie Gyllenhaal e Parker Sevak in un momento del film

Un mondo senza poesia

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Lontano da qui: Maggie Gyllenhaal in un'immagine del film

Il film racconta con sensibilità e intelligenza il dramma di una donna che, a causa di un malessere psichico latente, si lascia consumare gradualmente da un'ossessione che la fa deragliare; Colangelo ritaglia con cura e sapienza gli esperimenti e le speranze e gli sforzi di Lisa come farfalle di carta con cui decorare l'aula di un asilo, per rivelare la tragedia di una società che non ha più interesse a valorizzare l'arte. La poesia non è morta, è solo che brilla nell'ombra; c'è ancora chi si ferma di fronte alla bellezza miracolosa che l'ingegno umano è in grado di far balenare, c'è ancora chi si scopre una voce originale e la offre al mondo, e un film come questo lo dimostra.

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Movieplayer.it

4.0/5