Recensione Quando sei nato non puoi più nasconderti (2005)

Cinema fatto di sguardi, di dilatazione dell'unità di tempo e di momenti di forte intensità emotiva, alimentato da un'esigenza realistico-sociale un po' ostentata e tipicamente italiana, il film conferma pregi e difetti della produzione del regista.

Lo sguardo dopo l'abissamento

In una primavera ricca di molte uscite di altalenante qualità per quanto concerne il cinema italiano e non solo, arriva nelle nostre sale il titolo maggiormente carico di aspettative: Quando sei nato non puoi più nasconderti, nuovo film di Marco Tullio Giordana, che sarà presente all'imminente festival del cinema di Cannes, nella prestigiosa sezione del concorso. Tratto dall'omonimo libro-reportage di Maria Pace Ottieni, il film racconta il fenomeno delll'immigrazione, la società italiana, il mondo degli adulti e molto altro attraverso lo sguardo di Sandro (interpretato dall'esordiente Matteo Gadola, con quella bravura un po' ricattatoria tipica degli attori adolescenti).

Dodicenne acuto e riflessivo, figlio di una delle tante famiglie benestanti del nord Italia, precisamente Brescia, Sandro è vittima di un tragico incidente marittimo, durante una crociera in barca a vela col padre e il migliore amico di famiglia. Verrà salvato da un sicuro annegamento da Radu, ragazzo rumeno che viaggia in compagnia della sorella Alina e di tanti altri immigrati su una delle famigerate imbarcazioni clandestine per lo sbarco in Italia di stranieri in cerca di una possibilità. Prima di riabbracciare i genitori che lo davano per morto, avrà modo di confrontarsi con una realtà completamente lontana dal suo contesto quotidiano, sperimentando una prematura perdita d'innocenza.

Ad animare questa nuova pellicola del regista di I cento passi e La meglio gioventù, una storia interessante su cui vengono sviluppati molteplici temi gestiti non sempre nella maniera più adeguata. Cinema essenziale e calibrato, fatto di sguardi, di dilatazione dell'unità di tempo e di momenti di forte intensità emotiva, alimentato da un'esigenza realistico-sociale un po' ostentata e tipicamente italiana, il film conferma pregi e difetti della produzione del regista, impegnato a raccontare e non a spiegare, come ha più volte voluto chiarire.

Una volontà oggettivizzante che si nutre della vecchia idea secondo cui la realtà parla da sola e che paradossalmente diviene il limite maggiore di un film che ha i suoi momenti migliori quando la storia assume un valore meno antropologico e si lega ai personaggi (l'annegamento, l'amicizia e l'amore di Sandro ne sono ottimi esempi) e che soffre di troppi alti e bassi, questi ultimi sempre più frequenti nella seconda parte della pellicola, dove le lungaggini si fanno decisamente sentire. E' infatti questa ossessione del "voler cogliere il significato delle cose e della realtà attraverso lo sguardo privo di ideologia e sociologia di un adolescente" (affermazione decisamente discutibile, non fosse altro che per il fatto che è Giordana a decidere lo sguardo del ragazzo e non quest'ultimo), a penalizzare un film ricco di momenti convincenti e dalla forte carica emozionale.

In estrema sintesi, Quando sei nato non puoi più nasconderti è un film che vale sicuramente la pena di vedere per quanto non convinca del tutto, fornendo conferma da un lato dell'abilità narrativa di Giordana, e dall'altro dell'adesione a un'idea della rappresentazione a parere di chi scrive decisamente superata e un po' fuori luogo, e che inserisce ogni tentativo di soggettivizzazione, falsificazione ed immaginazione (elementi cardini della narrazione per immagini) nella categoria della mera dimostrazione, dell'abuso drammaturgico e del formalismo.