Un libro di Roald Dahl considerato un classico della letteratura per l'infanzia e un nuovo film di Robert Zemeckis. Già portato sullo schermo nel lontano 1990 da Nicolas Roeg in una versione che si differenziava molto dall'opera letteraria, Le Streghe rivive in un nuovo adattamento in cui Anne Hathaway e Octavia Spencer si confrontano. Strega Suprema contro Nonna: in mezzo a questa lotta ci sta il nipote, un personaggio senza nome, protagonista della storia. Non ha avuto fortuna il film di Zemeckis, uscito direttamente nelle piattaforme streaming a causa della situazione mondiale e senza riuscire a scatenare un vero interesse, nonostante il nome noto agli appassionati di cinema in cabina di regia e due grandissimi cineasti messicani quali Alfonso Cuarón e Guillermo del Toro alla produzione (il secondo anche sceneggiatore). Un film sfortunato ma che vale la pena riscoprire su Infinity. Perché Le Streghe è un film perfetto per giovani spettatori, un'opera destinata a un pubblico lontano da quello degli adulti, ma che coraggiosamente non si tira indietro nei momenti più spaventosi. Ecco 5 motivi che rendono Le Streghe un film da riscoprire.
1. Il punto di vista
Non è un film per adulti. Le Streghe lo vuole mettere subito in chiaro con un prologo in cui l'occhio dello spettatore corrisponde all'occhio di un gruppo di bambini a cui viene raccontata l'esistenza delle streghe. Le diapositive corrispondono alle immagini in movimento degli anni Venti del Duemila, la voce fuori campo del maestro diventa voce narrante del film. Il punto di vista del film è quello del protagonista senza nome, un bambino afroamericano che corrisponde a un bambino qualunque, quindi - di conseguenza -, senza un'identità precisa, a ogni piccolo spettatore del film. La prima scena è indicativa in tal senso: un racconto che si rivolge a un gruppo di bambini così come sarà un gruppo quello che si formerà nella seconda metà del film. La moltitudine delle streghe da sconfiggere e smascherare, presenti nella vita comune e nascoste tra la folla, può essere rivelata solo attraverso una moltitudine di bambini (e, infatti, i protagonisti diventeranno tre, tutti quanti bambini trasformati in topi). È necessario ricordarlo perché, così come il romanzo era destinato a un target infantile, così il film sceglie di "dimenticare" gli adulti e riferirsi unicamente a un pubblico di giovane età, avendo cura, però, di trattarli come dei "grandi".
2. Chi ha paura delle streghe?
È per questo che, se preso per quello è che in realtà , Le streghe è un bellissimo film dell'orrore per ragazzi, almeno nella prima parte. Se ad un occhio più adulto e svezzato il film potrebbe sembrare poco spaventoso e innocuo, per il target a cui il film è destinato davvero dobbiamo premiarlo per il coraggio. Per rispondere alla domanda "Chi ha paura delle streghe?" sembra di ritornare nel registro dei film per ragazzi degli anni Ottanta, dove si trattavano i giovani spettatori come adulti e si aveva fiducia in loro, si era capaci di spaventarli e non si aveva terrore di doverlo fare. In generale, l'inizio del film è un tour de force attraverso le più grandi paure che può avere un bambino: la perdita di entrambi i genitori, un senso di smarrimento generale, la paura del mondo adulto in cui sono nascoste le streghe e, in definitiva, una crisi esistenziale sul proprio ruolo nel mondo. L'apatia iniziale del protagonista non viene solo da un lutto personale, ma dall'inadeguatezza della sua esistenza. Non è un caso che il potere delle Streghe sia quello di trasformare i bambini in piccoli topi, esseri spaventosi agli adulti e considerati mostruosi. Il film vuole affrontare la paura, vuole spaventare e vuole creare un clima di tensione continua che trova la sua naturale conclusione alla sconfitta del bambino. Il nostro protagonista (e gli altri due bambini che si uniranno a lui) hanno la peggio e le streghe vincono. Verrà il momento del riscatto, ma che coraggio a mostrare un eroe incapace di sfuggire dal cattivo!
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3. Il realismo
Nel film del 1990 le streghe erano portate sullo schermo grazie alle meravigliose creature di Jim Henson, lo stesso creatore dei Muppet. Erano streghe che richiamavano delle forme mostruose e di stampo fiabesco, quindi distanti dal reale, a tratti persino cartoonesche con il risultato di donare al film un elemento più fantasy. In questo nuovo adattamento, invece, nonostante la presenza anche parecchio pressante degli effetti digitali, si è voluto tentare un approccio diverso, più incentrato sul realismo. Ecco che, quindi, al di là delle dita dei piedi (così come quelle delle mani, elemento che ha causato qualche controversia proprio perché simile a una malattia realmente esistente) e la testa pelata, le streghe di Zemeckis sono donne quasi del tutto simili a quelle comuni. Nessun naso aquilino o elementi iconografici classici relativi a come ci immaginiamo le streghe. Una versione moderna, magari meno spettacolare, ma che incute uno strano senso del perturbante. Persino la bocca, che all'occasione si allarga per enfatizzare la malvagità ed è l'unico vero elemento mostruoso dei personaggi, è nascosta attraverso due semplici cicatrici all'angolo della bocca. Per un pubblico di spettatori che ormai è abituato ad ogni stranezza fantastica proveniente dal mondo dei cinema e dei videogiochi, l'unica carta più coraggiosa da giocare è quella di mantenersi quanto più possibile legati a un immaginario reale.
4. L'avventura
Non c'è film di ragazzi senza un piacevole e puro senso dell'avventura e nemmeno Le Streghe fa eccezione. Dopo una prima metà con toni da film dell'orrore, il film cambia registro e inizia una simpatica e divertente avventura di rivincita in cui gli effetti speciali e i colori la fanno da padrone. Non mancano, nemmeno in questa parte, alcuni momenti spaventosi (la maniera in cui la Strega Suprema allunga le braccia e le contorce è un momento di vero terrore), ma in generale il film punta a creare un rapporto tra i tre topolini uniti nell'obiettivo di sconfiggere le streghe e a dare a Octavia Spencer le redini della simpatia. Attraverso una regia che segue questi piccoli animali destreggiarsi in varie missioni, tra cui una in cucina, e un ritmo davvero altissimo, il film, dopo aver spaventato e inquietato a dovere, decide di intrattenere. Una divisione in due parti che rende il film molto più godibile, forse un po' disequilibrato, ma senza dubbio capace di appassionare il proprio pubblico di giovani spettatori.
5. Il finale non troppo lieto
Nonna e topi hanno la meglio, la Strega Suprema viene trasformata in un orrendo ratto e rinchiusa in un barattolo, tutto sembra annunciare un ritorno alla normalità. Ma qual è ora la normalità? Il finale del film, a ben vedere, non è così tanto lieto. Prendendo spunto dal romanzo originale (il film del 1990 preferiva un finale più positivo e magico in cui il protagonista ritornava un essere umano), i tre bambini non possono tornare nella loro forma originaria e saranno costretti a vivere come topi. E non solo: il povero Bruno non riesce ad essere accettato dai genitori in questa sua nuova forma. Verrà abbandonano dalla sua stessa famiglia, a causa della sua fiducia e del suo peccato di gola verso la cioccolata. Un contrappasso tragico, ma necessario per sottolineare la lezione appresa e non depotenziare gli errori del passato (e, di conseguenza, nemmeno il potere delle streghe) dei bambini. Lungi dall'essere sconfitte definitivamente, i quattro personaggi inizieranno una caccia alle streghe per tutto il mondo. Almeno per il tempo che gli rimane. Perché, ennesima nota amara, in un film che fino a quel momento ci ha divertito, viene persino sottolineato l'ordine della natura, il fatto che la magia non appartiene a quel mondo e che, di conseguenza, i topolini non sono immortali. Un insegnamento indispensabile per la crescita di un giovane spettatore.