Arriva il giorno del primo film italiano in concorso alla Mostra di Venezia ed è subito polemica. Fischi da parte della critica e domande tendenziose in conferenza stampa. L'oggetto del contendere è L'attesa di Piero Messina, esordiente con un ottimo curriculum alle spalle. Messina è stato assistente alla regia di Paolo Sorrentino ne Il Divo e La grande bellezza e questa eredità sembra già pesare sulle sue spalle. Nell'opera d'esordio, il siciliano Messina viene accusato di "sorrentineggiare" inserendo svolazzi registici che ricordano da vicino il più celebre collega. Lui prova a dribblare le critiche rispondendo a tono e ironizzando sui suoi "svolazzi registici personali. Il mio film è costruito su un impianto visivo molto forte, ma credo che semplificarlo parlando di Paolo Sorrentino sia una cosa troppo facile".
In realtà L'attesa è un film ambizioso, stilisticamente molto accurato, che racconta una storia complessa di elaborazione del lutto costruita sul confronto tra due donne, una madre, interpretata dalla straordinaria Juliette Binoche, e la fidanzata del figlio, anche lei francese, che approda in Sicilia per riappacificarsi con il compagno. In attesa dell'arrivo del giovane, le due donne condividono confidenze, riflessioni, lacrime e risate. La vicenda, però, è avvolta nel mistero e ambientata in una Sicilia molto diversa da quella solare e variopinta, da cartolina, che siano abituati a conoscere.
La riscoperta della Sicilia
Questo ambiente, cupo e aspro, fatto di luoghi isolati, nebbiosi, di cittadine semideserte dominate da un'architettura austera, è il luogo in cui si muove la giovane Jeanne, approdata all'aeroporto all'improvviso per ricongiungersi con l'uomo che ama. Piero Messina chiarisce la scelta di cercare location nuove e inusuali spiegando: "Per me la Sicilia coincide con l'infanzia. Se chiudo gli occhi e ripenso al passato mi ritrovo lì. Nel film ho scelto di inserire una processione che in realtà non esiste, ma è il frutto della somma di tante suggestioni. E' il ricordo della meraviglia che provavo da bambino quando guardavo queste processioni, era qualcosa di molto violento. Mi ricordo i bambini che urlavano e piangevano davanti a un pezzo di legno. Il fatto che siano ricordi dell'infanzia mi hanno aiutato a costruire immagini che non sono folcloristiche, ma sembrano filtrate dallo sguardo di uno straniero proprio per la loro distanza". Aggiunge Giorgio Colangeli, cointerprete del film: "Per me ha significato molto girare in questa regione della Sicilia meno nota, collinare, dove non c'è il mare, ma ci sono le nebbie, c'è il lago. E' la Sicilia del ragusano, del Barocco. Il Barocco ha a che fare con la morte, come il film. Il mio personaggio, invece, rifiuta il mistero, cerca di riportare la coerenza e la realtà in modo non aggressivo. Nel film troviamo due strategie di sopravvivenza: adesione alla realtà e fuga. Forse nella vita sono necessarie entrambe".
Juliette Binoche, l'insicura
A muoversi in questa Sicilia inedita e crepuscolare è il personaggio di Anna, madre solitaria e taciturna che nasconde un profondo mistero. Juliette Binoche spiega che "il mistero parte dal corpo dell'attore e poi si evolve. Con Piero abbiamo lavorato molto su questo aspetto. Per lui è il primo film, quindi si giocava tutto e voleva controllare ogni singolo aspetto del film. Per i primi due giorni ho obbedito paziente alle sue indicazioni, ma il terzo giorno ho sentito l'esigenza di parlare con lui e ci siamo chiariti. Gli ho chiesto di poter avere delle riprese libere perché avevo bisogno di sentirmi indipendente, di trovare il personaggio dentro di me. Il mistero è nato proprio da questa relazione. Il mistero nasce dalla complicità tra regista e interprete". Il personaggio di Anna, per la Binoche, non è nato facilmente e l'attrice ammette candidamente le difficoltà avute nel comprendere le motivazioni di una figura così complessa. "Prima di girare il film mi sono preparata con una coach. Alla fine del lavoro non ero convinta, così ho deciso di ripartire da zero. Il personaggio di Anna è sempre preda di sentimenti ambivalenti, non riesce ad accettare il lutto e quindi trova una via di fuga nell'arrivo di Jeanne. Per arrivare al suo sentire ci è voluto tempo. Essere insicuri porta ad avere una sensibilità diversa, perciò ho preferito arrivate sul set meno pronta per farmi guidare dalle sensazioni del momento".
Onori e oneri del concorso veneziano
Opera evocativa e sospesa, in cui il rapporto tra i personaggi si costruisce attraverso gli sguardi più che le parole, L'attesa è frutto di un lunghissimo lavoro di scrittura. "Nel 2006" racconta Piero Messina "un mio amico francese, compositore delle musiche dei film di Otar Iosseliani, mi ha raccontato la storia di una persona che aveva vissuto un lutto senza parlarne alle persone che erano con lui per un intero pomeriggio. Ho riflettuto a lungo su questo racconto, ma all'inizio non avevo intenzione di farne un film. Solo in seguito l'idea è cresciuta dentro di me e ho deciso di sviluppare l'idea di alcuni personaggi che condividono una verità improbabile, ma per motivi diversi decidono di crederci. Il ritmo del film riflette quello della storia. Alla lentezza iniziale delle inquadrature si sostituisce, con l'arrivo di Jeanne, un ritmo più vivace. Il suo arrivo in Sicilia determina un risveglio, la ragazza riporta in vita Anna. Mi interessava che lo spettatore vivesse il ritmo col tempo della madre". Al di là delle reazioni non proprio lusinghiere della critica, la vetrina veneziana rappresenta un trampolino di lancio non da poco per L'attesa e Piero Messina ne è consapevole: "Per me essere qui a Venezia è una gioia. Sono molto felice di come è venuto il film e di poterlo presentare qui. Non sento la pressione, ma sto vivendo tutto con serenità. Il mio film, senza il lancio di Venezia, avrebbe difficoltà a essere visto, invece spero che il concorso lo aiuti". Il regista non manca di rispondere anche a chi lo accusa di voler imitare Sorrentino: "Parlare di ricerca di un mio stile è prematuro. Per fortuna è ancora un processo istintivo. Per adesso so cosa non voglio fare. Cosa voglio fare lo devo ancora scoprire".