Cinque ritratti femminili, per età ed estrazione sociale, che ci mostrano che alla violenza bisogna sempre dire no. Perché chi, se non il cinema, può veicolare messaggi importanti e mantenere sempre viva l'attenzione su una delle emergenze sociali più attuali: intrecciando cinque storie di abuso accomunate dall'esperienza di un amore malato, per dare vita a un unico grande affresco. Che affonda nel quotidiano, rielaborando fatti di cronaca realmente accaduti. Un dramma che non fa distinzioni, ma tema trasversale che interessa l'Italia come tutto il mondo e al quale ancora oggi non si è riuscito a porre rimedio.
Lo sa bene Irish Braschi, che in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre) ha presentato ai giornalisti romani il suo nuovo film con un cast di attori di fama nazionale. Un progetto abbracciato con entusiasmo da Elena Sofia Ricci, Gabriella Pession, Stefania Rocca, Chiara Mastalli, Elisabetta Mirra, Antonio Catania, Antonello Fassari, Alessandro Preziosi, Francesco Montanari e Massimo Poggio, tutti presenti nella sala stampa allestita per l'eccezionale occasione alla Casa del Cinema di Roma. Liberamente ispirato al libro della scrittrice di Fiesole e con un durata essenziale di appena 60 minuti, L'amore rubato punta dritto al suo scopo senza fronzoli né virtuosismi registici, piombando sullo spettatore come un pugno nello stomaco.
"Quello della violenza sulle donne è un tema scottante e molto bruciante e credo che sia una ferita che in paesi così avanzati, che si ritengono civilizzati, non dovrebbe esistere. Dobbiamo fare delle campagne di sensibilizzazione e il mio libro nasce con questo obiettivo. Mi sono consultata con Amnesty International che mi ha dato tantissime storie" esordisce Dacia Maraini, che precisa: "Le storie di cui parlo sono vere, poi successivamente io gli ho dato un'impronta narrativa. Volevo analizzare la violenza dall'interno, capire la sua origine. Gli uomini non sono tutti carnefici e le donne non sono tutte vittime, ma laddove gli uomini identificano la loro virilità con il possesso e quest'ultimo viene messo in discussione, allora succede il finimondo. Ho conosciuto Irish Braschi facendo il documentario Io sono nata viaggiando e l'ho spinto a fare un film vero o una fiction su questo tema".
Sensibilizzare per prevenire
In questa summa di violente prevaricazioni, tra personaggi femminili abusati e figure maschili spesso negative, Braschi sottolinea l'importanza di far sì che il delicato problema della violenza sulle donne arrivi più facilmente all'opinione pubblica. "Siamo arrivati qui con un film e con un cast eccezionale che ci ha messo il cuore, tutti, dalla produzione al cast ci hanno messo il cuore. Non è un film normale, un tema normale e l'abbiamo interpretato come un dovere per sensibilizzare e stimolare, perché se abbiamo spinto anche solo una donna a denunciare una violenza, noi ne siamo felici. Fare un film di un'ora è stato un modo innovativo per far diventare questo progetto uno strumento per le scuole, per la televisione, da poter essere proiettato più volte all'interno delle sale cinematografiche".
Fra i volti più celebri di questo collage-sociale messo in piedi dal regista livornese, c'è sicuramente Elena Sofia Ricci. "Grazie per avere pensato a me per partecipare a questo film. Quando il mio agente mi ha chiamato per propormi questo ruolo, ho accettato ancora prima di leggere la sceneggiatura" dice l'attrice, proseguendo "La cronaca ci fornisce, quasi quotidianamente, fatti come quelli che si raccontano ne L'amore rubato. Si deve lavorare sull'educazione, perché i figli di padri violenti saranno anche loro violenti. L'intelligenza razionale sembra avanzare molto più rapidamente di quella emotiva e cosa abbiamo prodotto in questa civiltà civilizzata? Abbiamo fatto delle lotte e intelligentemente abbiamo creato delle pari opportunità, ma emotivamente, evidentemente, non siamo riusciti ancora a stare al passo con la storia che abbiamo mandato avanti. Anche se capiamo che è sbagliato prevaricare una donna, trattarla male, picchiarla, da un punto di vista emotivo non riusciamo ancora a farci i conti. Io sono felice di essere in questo progetto, perché spero che serva a lavorare sulla sensibilizzazione".
Cuore che batte, cuore che duole
Nelle grinfie di un fidanzato egocentrico e folle, è il ruolo invece toccato alla brava Gabriella Pession. Lusingata di poter far parte di un cast così importante, l'attrice qui veste i panni di una trentenne che rinuncia a tutto pur di compiacere l'uomo che ama: "È un grande film, il tema è trasversale, può essere applicato a diverse fasce d'età e non ha nessuna appartenenza sociale. Vorrei porre l'accento sul fatto che la violenza non è solo quella fisica, ma anche e quella psicologica. Il mio personaggio pian pianino si annulla, decide di togliersi ogni tipo di amor proprio, libertà, modo di esprimersi, perché pensa che annullandosi potrà rendere felice il suo compagno, questo stillicidio, che parte da una tortura psicologica lenta e frastornante la fa diventare un burattino in mano di un carnefice. È importante" esclama con forza la Pession "riconoscere l'amore malato. Essere felici, come mi ha insegnato il mio analista, significa imparare a gestire le frustrazioni ed è lì che bisogna a andare a lavorare".
Da anni collaboratrice con Actionaid, Stefania Rocca ha avuto spesso l'opportunità di parlare con alcune donne vittime di violenze dentro le mura domestiche. "Sono felice che i proventi saranno devoluti ad una associazione (WeWorld) che si occupa proprio di violenza sulle donne. Creando il mio personaggio, ho pensato a loro" ha dichiarato l'attrice, che nel film interpreta una moglie che subisce violenza fisica da parte del marito. "Il nostro è il racconto di una famiglia che in realtà sembra perfetta, con un marito che lavora, una moglie bella che si occupa di un figlio meraviglioso e una casa splendida in cui però accadono cose orribili. Credo che rapporti come quello che raccontiamo nascano da una profonda passione. A volte, quando un uomo debole ama con incredibile intensità una donna, tiene sotto controllo il suo sentimento smodato facendole del male".
Uomini che torturano le donne
Braschi è abile nell'infondere ad ogni storia uno stile diverso, con un particolarissimo tocco cromatico capace di cogliere anche le emozioni più difficili. Il regista non dimentica poi i volti maschili di queste storie, volti malinconici ma talvolta carnefici di passioni criminali. Come quello di Alessandro Preziosi, marito del personaggio della Rocca che rivela tutto il suo disagio. "Mi sento profondamente in colpa per l'ostentato fallimento diffuso del genere maschile nell'ambito del rapporto uomo-donna, e per ciò che succede in mezzo alla strada in una città particolare come Roma, dove si inveisce in continuazione contro l'altro, in particolare la donna. Non ci sono giustificazioni, oggi la violenza verbale è molto diffusa ed è l'anticamera della vera violenza, che passa anche attraverso una certa gestualità che troviamo per esempio nelle scuole. Ho fatto mente locale su quanto il mio personaggio rappresenti il fallimento dell'amore che, quando diventa ossessione, diventa schiacciante. Ho visto il film una mattina alle 9, me ne sono andato schifato, non riuscivo ad accettare ciò che avevo visto" ha concluso l'attore.
Sullo stesso concetto anche Francesco Montanari (la rock-star che renderà impossibile la vita alla Pession), estremamente turbato dinanzi all'egocentrismo nutrito dal suo delirante personaggio. "La nostra è una società che non ascolta. Le relazioni non funzionano per questo. Quando uno non si ascolta, uno si ammazza, se non fisicamente sotto altri aspetti. Noi dobbiamo insegnare il silenzio e l'ascolto ai bambini, ai ragazzi e a noi stessi". E osserva: "Credo che la signora Maraini abbia colto la sostanza del problema, che poi ha a che vedere con il vecchio machismo. Se non ascolti metti avanti il tuo egocentrismo, che tu sia donna o uomo".