L’Alligatore, la recensione: Riappropriarsi della propria vita

La recensione de L'Alligatore, fiction dai toni noir diretta da Daniele Vicari e trasmessa su Rai 2 dal 25 novembre.

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L'Alligatore: una scena con Matteo Martari

Quello che proveremo a sottolineare in questa recensione de L'Alligatore, la fiction di cui è showrunner Daniele Vicari e in onda su Rai2 dal 25 novembre, è come si cerchi di battere strade nuove e meno frequentate dalla serialità delle reti generaliste nostrane, a cominciare da un aspetto distributivo interessante che cerca di assecondare le abitudini delle nuove generazioni: L'Alligatore viene sì trasmessa in prima serata dalla seconda rete Rai, ma dopo essere stata pubblicata per intero il 18 ottobre su RaiPlay. Due vie parallele per cercare di raggiungere due tipologie diverse di pubblico, con le relative modalità di fruizione.

Un'indagine inaspettata

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L'Alligatore: Matteo Martari nella serie

Dopo sette anni in carcere, Marco Buratti, detto l'alligatore, ha la necessità di riprendere in mano le redini della propria vita e l'occasione capita quando l'avvocato Barbara Foscarini si presenta nel locale in cui si è rifugiato, la Cuccia, perché ha necessità di ritrovare il suo assistito Alberto Magagnin, misteriosamente sparito nonostante il regime di semilibertà che ne vincolerebbe i movimenti. Buratti conosce l'uomo, è infatti legato a lui da un'amicizia nata in carcere, e non esita ad accettare l'incarico, coinvolgendo nelle indagini un'altra sua vecchia conoscenza del periodo di prigionia, Beniamino Rossini, dando il via non solo a una complessa indagine, ma anche una nuova vita.

Ritorno alla vita

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L'Alligatore: una scena della serie

Si percepisce nel Marco Buratti di Matteo Martari tutta la fragilità di una condanna scontata ingiustamente e l'urgenza di ripartire, consapevole di quanto sia difficile riprendersi quella vita che è rimasta in stand-by senza di lui, ma con l'intenzione di sfruttare ciò che ha imparato in carcere sul mondo della malavita per intraprendere un nuovo percorso. Queste competenze particolari gli permettono di affrontare casi difficili, muovendosi ai margini delle legge per conto di avvocati e altri committenti che hanno bisogno dei suoi servizi.

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L'Alligatore: un'immagine della serie

Un lavoro che non porterà avanti da solo, ma con l'aiuto di personaggi fuori dal comune. Il primo di questi è Beniamino Rossini, milanese d'origine e malvivente vecchio stampo, col quale Buratti riesce a costruire una bizzarra relazione che funziona nonostante le loro differenze caratteriali. A loro si aggiunge Max, detto la Memoria, un attivista che concentra le sue energie su temi ecologici e sulle sorti del nostro pianeta, un utile ficcanaso in debito con il protagonista. Insieme diventano una banda capace di rivangare nel torbido del sottobosco criminale del nord est del nostro paese.

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Una banda fuori dal comune

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L'Alligatore: Thomas Trabacchi in una scena

Tra un criminale dalla pistola facile come Beniamino e un ossessivo pacifista come Max, si capisce che la banda messa in piedi dall'Alligatore per portare avanti questa sua nuova attività ha tutte le caratteristiche per essere fuori dal comune. Eppure funziona! Funziona per l'abilità degli interpreti per costruire le dinamiche tra loro (con menzione speciale per il rapporto costruito tra Martari e Thomas Trabacchi, che regala un favoloso Rossini); funziona per la scrittura sofferta che sorregge la storia e l'adatta con intelligenza dai romanzi di Massimo Carlotto. Funziona soprattutto per il look e le atmosfere messe in piedi da Daniele Vicari (e il co-regista Emanuele Scaringi) nel trascinarci in giro per i territori del nord est, tra location suggestive e splendidamente fotografate, toni da noir e sonorità blues.

Daniele Vicari, tra presente, passato e futuro

Conclusioni

Nel sintetizzare la recensione de L’Alligatore, non possiamo che ritenerci soddisfatti per la fiction messa in piedi da Daniele Vicari partendo dai romanzi di Massimo Carlotto: l’Alligatore trasposto con sofferta intensità da Matteo Martari è un personaggio affascinante che si accompagna da una banda alla sua altezza e si muove tra i territori del nord est italiano tra atmosfere suggestive da noir e la forte componente blues delle musiche.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • L’Alligatore di Matteo Martari e i suoi compagni d’avventura, una banda fuori dal comune che convince.
  • Le atmosfere che accompagnano l’azione, da livido noir.
  • La componente musicale, presente e importante, che dona spessore emotivo al racconto.

Cosa non va

  • Potrebbe spiazzare il pubblico della seconda rete Rai.