L'Accademia del bene e del male, la recensione: lo young adult Netflix tra Harry Potter e C'era una volta

La recensione de L'Accademia del bene e del male: il nuovo film diretto da Paul Feig ci trasporta in un mondo incantato dove si addestrano eroi e principesse, villain e scagnozzi, per creare le fiabe alla base della nostra moralità.

L'Accademia del bene e del male, la recensione: lo young adult Netflix tra Harry Potter e C'era una volta

Netflix cercava da tempo un prodotto che potesse accostarsi almeno per qualche spunto d'immaginario a una saga tanto amata e immortalata nella cultura pop come Harry Potter, e alla fine sembra averlo trovato. Si intitola L'Accademia del bene e del male ed è la diretta trasposizione del primo e omonimo romanzo della trilogia letteraria scritta da Soman Chinani. Come tutte le opere a sfondo magico post-potteriane, anche questa dimostra una certa indole derivativa che non si limita alla sola creazione della Rowling ma guarda anche a C'era una volta. In un mondo incantato e nascosto all'occhio umano esiste infatti un'Accademia fondata da due fratelli per mantenere intatto l'equilibrio tra bene e male e forgiare i migliori eroi e le più belle principesse ma anche i più malvagi tra i cattivi i loro aiutanti. L'accesso è solitamente consentito ai soli abitanti del regno delle fiabe, ma accade a volte che donne e uomini del nostro mondo possano essere scelti per aver dimostrato particolare predisposizione all'eroismo o alla malvagità. Questi si chiamano Lettori e le protagoniste del nuovo film diretto da Paul Feig sono proprio due di loro, Sophie (Sophia Anne Caruso) ed Agatha (Sofia Wylie), la prima con un background un po' a' la Cenerentola e l'altra invece più vicina a Malefica. Quando Sophie viene scelta dalla scuola, trascinandosi involontariamente dietro l'amica, le due scopriranno che bene e male sono concetti molto più complessi e sfumati di quanto potessero pensare, e nella nostra recensione de L'Accademia del bene e del male analizzeremo anche questo aspetto.

Le storie che cambiano il mondo

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L'Accademia del Bene e del Male: una foto del film

Se vogliamo, Paul Feig è lo Steven Soderbergh del cinema disimpegnato che non necessita di un'autore ma di un mestierante con visione d'insieme. Lo accostiamo a debita distanza con il regista di Traffic perché, pur essendo partito dalla commedia, da lì Feig ha sviluppato un fascino atavico per i generi, mediandoli sempre e comunque col suo feticcio narrativo. E se sai fare commedia miscelandola ad altro, senza spiccare mai ma planando alla giusta altezza di risultato per soddisfare le esigenze di controllo di grandi produttori (spesso alla disperata ricerca di qualcuno che sintetizzi in cabina di regia il loro volere), allora il lavoro è assicurato. Soprattutto dopo il Ghostbusters del 2016, poi, Feig è diventato ancora di più quel tipo di filmmaker, che scompare cioè nel contesto, irrintracciabile. La cosa non cambia con L'Accademia del bene e del male, fantasy young adult sorretto da una massiccia e curata produzione (scenografie, costumi, effetti speciali sono davvero riusciti) che non ha però stile né personalità, già concettualmente more of the same delle opere sopra citate (e ci aggiungiamo Frozen, per motivi legati alla trama) e formalmente poco ispirato. Non per forza di cose un male, specie perché in alcune situazioni funziona: l'arrivo all'Accademia, le idee dietro alle lezioni, i tanti personaggi di contorno che appartengono a dinastie fiabesche di una certe rilevanza.

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The School for Good and Evil: Kerry Washington e Charlize Theron insieme al regista Paul Feig

Tutti dettagli che incuriosiscono e contribuiscono a creare un universo intrigante e ben delineato, se non fosse che alla base c'è totale mancanza di contenuto oltre al dialogo narrativo in superfice. Cos'è il bene? E il male? Ma siamo sicuri che non ci sia una via di mezzo? Fine. Non muove un passo oltre questa ben demarcata linea drammaturgica e ogni storyline e ogni passaggio, fondamentale o meno nell'economia del racconto, è strettamente correlato a questo. Appena nel sottotesto emerge la tematica delle storie che possono cambiare il mondo, cioè il valore della morale e di come e quanto si possa imparare anche solo da una fiaba formativa. Questo è però solo correlato ai Lettori, che sarebbero la controparte Babbana nelle opere di Chinani, perché i personaggi delle fiabe in realtà sembrano sopperire alla loro stessa storia, che è un po' identificata come il destino voluto dal Grande Narratore, in pratica Dio.

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Ever and Never

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L'Accademia del Bene e del Male: Kerry Washington con Charlize Theron in una scena del film

Parla d'equilibrio, L'Accademia del bene e del male, ed è curioso come nelle sue due ore e 20 di durata riesca a funzionare quasi precisamente per un'ora e dieci prima di perdersi dentro se stesso. Non lo neghiamo: l'incipit e tutta la presentazione dell'Accademia sono parti davvero accattivanti e ben confezionate, specie per quanto riguarda un'ottimo lavoro del team VFX e per alcuni duelli curati molto bene da Feig (ma in Ghostbusters aveva già dato prova di saperci fare). I problemi cominciano ad affastellarsi uno sull'altro nella parte centrale, quando si deve procedere oltre e il film scade nell'esasperazione ridicola, ovviamente puntando al romanticismo e a problematiche tipicamente adolescenziali. Non ha un nemico forte, non ha plot twist sorprendenti e non sfrutta nemmeno a dovere le big star scelte nel cast, a partire da una Charlize Theron dal look ramato che non convince nel ruolo, così come Michelle Yeoh o Laurence Fishburne, più divertite comparse che altro. Anche la Caruso sembra calcare troppo la mano su di un'espressività fisica e facciale che rasenta l'overacting, al contrario della più composta Wylie. Al netto di queste annotazioni negative in senso pratico, il film tenta di riflettere con spirito moderno sull'ascendente reciproco tra bene e male, su quanto non possa esistere un grande eroe senza un grande nemico, come la nemesi sia una figura di crescita e confronto fondamentale.

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L'Accademia del Bene e del Male: un frame del film

In realtà critica da vicino anche la cultura tutta contemporanea del perfezionismo egocentrico, dell'apparire per essere (le lezioni di sorriso dicono tutto), e tende una mano all'empatia contro un'altra forma di egoismo, quello sociale e umano. Unito anche a due scene d'azione interessanti e un'utilizzo intelligente della musica pop (Rock'n'Roll Queen nello scontro del figlio di Re Artù, un ri-arrangiamento di Toxic di Britney Spears, You Should See Me in the Crown di Billie Eilish), questo rappresenta la parte di bene che fa in effetti a equilibrare a dovere quella sbagliata. Né Ever né Never, dunque. Né lieto né triste. Un film colorato e di genere che trova la sua armocromia cinematografica nelle zone più grigie, tra bianco e nero, né bene e né male.

Conclusioni

Per concludere questa recensione de L'accademia del bene e del male, il film di Paul Feig è un buon passatempo per tutta la famiglia, con pubblico privilegiato tra gli adolescenti. Si tratta di uno young adult vecchio stampo che riformula a proprio vantaggio concettuale alcune idee già viste in Harry Potter, Frozen, C'era una volta e tante altre opere simili. È derivativo e l'impronta formale di Feig è inesistente, essendo un mestierante privo d'autorialità, eppure diverse scene d'azione e un certo impatto scenico riescono a colpire nel segno, così come un utilizzo sapiente della pop music e il comparto VFX. L'equilibrio c'è, ma in senso stretto: bilanciato al 50% e 50%, il titolo è appena sufficiente nella tua totalità qualitativa. Ma siamo sicuri che molti di voi lo ameranno più del dovuto.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • Le scene d'azione realizzate con criterio e dinamicità.
  • L'universo narrativo, affascinante e convincente nonostante la palese derivazione concettuale.
  • Quel barlume di sotto testo che parla direttamente alle generazioni odierne.

Cosa non va

  • Oltre al discorso bene e male c'è ben poco di concreto.
  • La recitazione in generale, poco convincente.
  • Scade spesso e volentieri nei cliché di genere, controbilanciando in negativo quanto di buono costruito.