Recensione Dietro l'angolo (2004)

Non è tanto l'alternanza, a volte poco bilanciata, di elementi drammatici ed ironici a dare un senso di incompiutezza al lavoro, ma le diverse cadute di stile e l'insicurezza nel mettere in scena alcune situazioni che avrebbe richiesto una mano più ferma ed esperta.

La verità è dietro l'angolo

Non è raro che aglie esordienti accada che la loro idea dell'opera risulti essere meglio del prodotto finale. E non parliamo dell'idea che sta alla base del film, che in definitiva, in questo caso, è poco originale per concezione e sviluppo, ma dell'immagine mentale del film che l'autore doveva avere.
Ovvio che affermare una cosa del genere è forzato, ma questa impressione si basa sulle sensazioni provate durante la visione del film, e cioè l'impressione di doverlo, e volerlo, apprezzare più di quanto in realtà si stesse facendo, l'impressione che il film significasse molto per il regista e l'incapacità di partecipare adeguatamente.

Dietro l'angolo è uno spaccato della vita di quattro generazioni della famiglia Lair, dal bisnonno interpretato da Michael Caine, al piccolo nipote, passando per il personaggio cardine dell'intero film, quello portato sullo schermo da Christopher Walken, il cui improvviso ritorno in famiglia dopo anni di assenza sconvolge gli equilibri che si erano venuti a creare tra i suoi parenti.
La morte del più anziano dei quattro, e le indicazioni lasciate nel suo testamento, sono il pretesto per l'avvio di un viaggio alla ricerca nel passato della famiglia, che possa fungere da punto di partenza per rimettere insieme i rapporti personali distrutti dagli anni di lontananza, fino alla rivelazione finale a sorpresa.
Naturale, date le premesse e le esigenze di intreccio, che il film usi gli attori e la recitazione come fondamenta per costruirsi e svilupparsi, arrivando a funzionare, però, solo a tratti.

Con successo discontinuo, Jordan Roberts guida i suoi personaggi in giro per l'America, con uno sviluppo che vorrebbe avere un andamento da road movie, passando da un ristorante all'altro della famosa catena di fast food Kentucky Fried Chicken, cercando di miscelare elementi e atmosfere diverse, passando da scene di intenso disagio emotivo a momenti più ironici e leggeri, dando l'impressione di non essere sempre sicuro di che effetto voglia ottenere, o forse di come fare per ottenerlo.
Non è tanto l'alternanza, a volte poco bilanciata, di elementi drammatici ed ironici a dare un senso di incompiutezza al lavoro, ma le diverse cadute di stile e l'insicurezza nel mettere in scena alcune situazioni che avrebbe richiesto una mano più ferma ed esperta.
A salvarlo, il più delle volte, è l'usuale abilità di Walken, che con la sua interpretazione sicura riesce a dare spessore e carica anche agli altri membri del cast, non sempre altrettanto convincenti, anche a causa di una sceneggiatura che tratteggia i personaggi minori con poca profondità, sfociando più volte nel macchiettistico.

In ogni suo aspetto tecnico, Dietro l'angolo risulta del tutto funzionale alla trama, senza eccedere in virtuosismi estetici che avrebbero avuto solo lo svantaggio di distogliere l'attenzione dalla storia e dai personaggi, ma alcuni momenti hanno un sapore da film tv che lascia perplessi.
Perplessità che si acuisce e diventa fastidio nel vedere i riferimenti alla catena KFC, inizialmente introdotti con eleganza e poca invadenza, farsi sempre più espliciti con l'andata avanti della vicenda, al punto da dare l'impressione di aver assistito un enorme spot della durata di 85 minuti.
Nel complesso, nonostante i difetti che presenta, il film finisce con l'essere apprezzabile, con un appropriato accompagnamento musicale e un ritmo che evita la caduta nella noia dello spettatore, lasciando speranze per l'evoluzione di Roberts come autore.

Movieplayer.it

3.0/5