La straordinaria vita di Lorenza Mazzetti, tra tragedia, vitalità e fiaba

Presentato nella sezione Venezia Classici alla Mostra di Venezia, il documentario "Perché sono un genio! Lorenza Mazzetti" di Steve Della Casa e Francesco Frisari è l'appassionato, commovente e drammatico racconto di una vita davvero al di fuori dell'ordinario. Il 27 gennaio, nel Giorno della Memoria, andrà in onda su Sky Arte. Ne abbiamo parlato con i realizzatori e con la stessa Lorenza Mazzetti.

Lorenza Mazzetti è una figura perlopiù sconosciuta al grande pubblico. Eppure la sua vita è così ricca, drammatica e piena di avventura da colpire profondamente, commuovere e lasciare senza fiato. Dopo la brutale uccisione da parte dei nazisti della famiglia Einstein (la zia di Lorenza aveva sposato il cugino di Albert Einstein, Robert), che l'aveva accolta a seguito della scomparsa della madre morta poco dopo la nascita di lei e della sorella gemella Paola, Lorenza finisce il liceo e tenta di lasciarsi la tragedia alle spalle trasferendosi a Londra.

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La vita londinese e il ritorno in Italia: cinema, letteratura e pittura

Nella capitale britannica, senza un soldo visto che il tutore incaricato di preservare il patrimonio di famiglia si era preso tutto, la ragazza fa la cameriera e poi si iscrive a un corso universitario di cinema, convincendo il direttore affermando di ritenersi un genio. Realizza il suo primo lungometraggio sottraendo l'attrezzatura all'università e non dovrà pagare le conseguenze di questa azione solo perché K (1953), ispirato alla Metamorfosi di Kafka, viene molto apprezzato. Poco dopo Lorenza firma con Lindsay Anderson, Tony Richardson e Karel Reisz il manifesto del Free Cinema, importante movimento d'avanguardia che si poneva in forte contrasto con la produzione filmica britannica degli anni Cinquanta.

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Con il suo secondo lungometraggio, Together (1956), la Mazzetti vince addirittura un premio al Festival di Cannes (la "Menzione per il film di ricerca"). Proprio quando sta iniziando ad affermarsi come cineasta, decide di tornare in Italia per stare vicino alla sorella gemella che ha da poco avuto una figlia. Il ritorno nel paese d'origine fa però riemergere il rimosso della tragedia vissuta da bambina e Lorenza cade così in una profonda crisi depressiva. Dopo un lungo periodo di cura per affrontare il drammatico passato scrive Il cielo cade, in cui rievoca la sua infanzia e il contesto storico del fascismo attraverso il punto di vista di una bambina, pubblicato nel 1962 da Garzanti grazie al forte interessamento di Cesare Zavattini e Attilio Bertolucci, il grande poeta italiano padre di Bernardo. Da qui in avanti Lorenza resterà in Italia e non farà più cinema, ma continuerà a scrivere e si dedicherà alla pittura e a molte altre attività, tra cui la fondazione del Puppet Theatre a Campo de' Fiori, un teatro di burattini per bambini.
Presentato nella sezione Venezia Classici alla Mostra di Venezia il documentario Perché sono un genio! Lorenza Mazzetti, che verrà portato nei prossimi giorni al Festival di Toronto e sarà trasmesso da Sky Arte il 27 gennaio nel Giorno della Memoria, è un vitale, commovente, poetico ed essenziale racconto di questa vita davvero al di fuori del comune. Ne abbiamo parlato con i realizzatori Steve Della Casa e Francesco Frisari e con la stessa Lorenza Mazzetti.

Genesi del documentario e approccio al racconto

Come nasce il progetto del documentario?

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Steve Della Casa: Lorenza è venuta al programma radiofonico Hollywood Party in più occasioni e ogni volta ne scoprivo un aspetto nuovo che non conoscevo. Una prima volta è venuta per Il cielo cade e abbiamo quindi scoperto che aveva scritto questo romanzo, da cui era stato tratto anche un film, a partire da quanto le era successo da bambina. Poi è venuta per Diario londinese, che è il racconto delle sue avventure a Londra negli anni Cinquanta e così è emerso tutto il discorso della sua relazione con il Free Cinema. In seguito a questi incontri con Francesco Frisari, che è stato il primo ad avere l'idea, abbiamo compreso che sarebbe stato bello raccontare la storia di questa figura straordinaria, della quale si scopriva ogni volta un qualcosa in più. Il fatto che grazie a Lorenza si siano resi subito disponibili anche Bernardo Bertolucci e Malcolm McDowell, ci ha spinto ancora di più a pensare che fare un lavoro del genere era la cosa giusta.

Attraverso un'efficace alternanza di racconti in prima persona di Lorenza Mazzetti, testimonianze di Bertolucci e McDowell, inserti animati e materiale d'archivio, il documentario riesce a restituire con forza le trascinanti vitalità e passione di una donna dalla vita tragica ma anche ricchissima.

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Francesco Frisari: Lorenza è davvero multimediale. Oggi si usa molto questo termine ma lei lo è stata fin dagli anni Sessanta. Ha attraversato una sorpredennte quantità di arti. Come accennava già Steve, in questo paio di anni passati con lei per la realizzazione del documentario abbiamo scoperto di continuo cose nuove sulla sua incredibile vita. C'è il cinema, c'è la scrittura, c'è la pittura. Mi colpì molto quando un giorno Lorenza mi disse: "Non sono una regista, ho fatto dei film. Non sono una scrittrice, ho scritto dei libri. Non sono una pittrice, ho fatto dei dipinti". In questa sua affermazione possiamo ritrovare non solo la sua natura multimediale, ma anche la sua essenza. Tutto quello che si vede nel film parte da lei: ci sono dentro i suoi film, che hanno avuto un ruolo importante, le animazioni prendono vita dai suoi quadri e c'è in qualche modo anche il suo libro, in quanto siamo stati colpiti dalla sua capacità di raccontarsi attraverso uno stile al contempo naïf e feroce, innocente e puntuale e preciso, che si ritrova sia quando si racconta nei suoi libri attraverso la forma scritta sia nel documentario attraverso quella orale. Mettendo insieme tutti i diversi materiali presenti nel nostro lavoro, abbiamo capito fin da subito che sarebbe dovuta essere necessariamente lei stessa a raccontarsi. Il tentativo è stato dunque quello di provare a raccontare questo sguardo particolare su una storia ancora più particolare, che ha elementi tragici ma anche aspetti fiabeschi.

Una vita straordinaria in cui tragedia e fiaba si intrecciano

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A questo punto, con il candore di una splendida ottantottenne, interviene Lorenza Mazzetti.

Lorenza Mazzetti: Credo in effetti che la mia vita sia proprio fiabesca. Secondo Vladimir Propp le fiabe cominciano necessariamente con un disastro, una tragedia. Poi dopo arriva un aiutante magico che mette l'eroe nelle condizioni di superare il trauma. E effettivamente io prima ho avuto un trauma, vale a dire il brutale assassinio a cui ho assistito della famiglia Einstein. La fiaba inizierà poi a Londra, quando il direttore della Slade School of Fine Art mi permise di iscrivermi all'università nonostante non avessi il denaro per la retta: una fiaba che mi sento di aver contribuito ad alimentare, con comportamento inspiegabile per me oggi, indirizzando in un certo modo la mia vita.

Lorenza Mazzetti, recentissimamente sappiamo che è andata su Google e ha riconosciuto l'identità dell'assassino della sua famiglia adottiva. Ci può dire qualcosa a riguardo?

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Lorenza Mazzetti: Lo scorso anno mi sono molto arrabbiata con Carlo Gentile, uno storico italiano che ha scritto un libro sui crimini nazisti. Senza aver contattato né me né mia sorella, ha rilasciato un'intervista a Il Fatto Quotidiano in cui ha affermato di sapere chi aveva sparato in quel tragico 3 agosto del 1944. In realtà si tratta di ipotesi e ricostruzioni infondate. Tutta questa storia mi ha spinto a cercare online le foto degli ufficiali delle SS dei plotoni presenti in quel periodo nella zona in cui vivevo, Rignano sull'Arno. Così a novembre scorso mi sono imbattuta nella foto d'epoca di quello che io e mia sorella abbiamo riconosciuto come l'assassino, che è ancora vivo. Pochi mesi fa, a giugno, grazie all'aiuto di una mia amica traduttrice sono andata a denunciare quest'uomo alla polizia tedesca.

Steve Della Casa, lei e Frisari avete preso in considerazione l'idea di inserire nel film questa nuova, sorprendente evoluzione della storia di Lorenza?

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Steve Della Casa: No, essendo una cosa successa molto di recente e ancora in pieno svolgimento, io e Francesco abbiamo deciso di aspettare che si concludesse. In ogni caso, per passare da un punto serio ad uno assolutamente faceto, come detto già in precedenza non finisco mai di sorprendermi del fatto che si scopra sempre qualcosa di nuovo su questa donna. Proprio qualche giorno fa sono andato a cena con Francesco Munzi e ho così scoperto che aveva lavorato come cassiere al Puppet Theatre di Lorenza. Avremmo potuto dire tanto altro su di lei, ma al fondo la nostra è la storia non cronologica di una donna straordinaria, che cerca di rappresentare quello che è lo sguardo di Lorenza sul mondo.