La strada dei Samouni di Stefano Savona ha due grandi meriti che vanno a braccetto e gli consentono di colpire nel segno: il primo è la capacità di raccontare un evento drammatico senza eccessi e senza retorica; il secondo è di farlo con un senso d'identità artistica spiccato e apprezzabile. Il regista italiano aveva già testimoniato l'operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza del 2009 nel suo Piombo fuso, ma non si è accontentato di quel racconto in diretta della tragedia e ha scelto di tornare sull'argomento e indagarla ulteriormente. Savona non si è, però, limitato ad ascoltare le parole dei diretti interessati, si è invece affidato alle animazioni di Simone Massi per accompagnarle, per riempire quei buchi nella storia che le sole parole non sono in grado di colmare.
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Storia di una famiglia
Il regista italiano si concentra sulla famiglia Samouni, contadini che vivevano alla periferia di Gaza, che ne subivano ansie e isolamento e che hanno vissuto le drammatiche conseguenze dell'attacco del 2009. Un attacco in cui l'esercito israeliano ha perso il controllo della situazione. Un anno dopo quella tragedia, un anno dopo aver sepolto i propri morti, Amal e i suoi fratelli tornano nel proprio quartiere portandosi dietro le ferite interiori subite, con l'intenzione di superarle, di guardare avanti, di ricostruire case e crearsi un futuro. Di quel luogo, Amal ricorda soprattutto il grande sicomoro sul quale si arrampicava con i suoi fratelli, così come le piccole abitudini e gesti quotidiani, quelle memorie a cui attaccarsi per ripartire e superare il trauma di un evento che ha stravolte le loro vite.
Raccontare la tragedia
Documentarista apprezzato a livello internazionale, Stefano Savona è stato testimone diretto dell'operazione Piombo fuso del 2009, che aveva avuto modo di rappresentare nel suo lavoro omonimo, con riprese dirette girate nella Striscia di Gaza, arrivando oltre il limite imposto alla stampa dai militari. Testimonianza cruda, rara e preziosa, di cui La strada dei Samouni si candida a essere oggetto complementare: di ritorno nei medesimi luoghi, Savona ha raccolto racconti e dichiarazioni per mettere insieme la storia di una famiglia che si risolleva dopo le ferite subite. È un ritratto preciso e privo di retorica, che si muove tra i fatti e i ricordi, cercando di ricostruire una pagina drammatica di storia.
Non solo parole
L'indagine di Savona si è dovuta scontrare con la difficoltà di rappresentare quella cruda realtà senza averne le immagini, di sopperire all'incapacità delle semplici parole di rappresentare quella cruda pagina di storia. Da qui l'intuizione di avvalersi delle ricostruzioni animate di Simone Massi, uno dei più affermati animatori indipendenti italiani, che ha disegnato fotogramma per fotogramma quelle immagini mancanti: il punto di vista dei droni israeliani e spaccati di quei terribili momenti. Pur nella sua dichiarata finzione, il disegno animato di Massi cattura l'attenzione e le emozioni dello spettatore, riesce ad annullare la distanza tra i fatti narrati e lo spettatore, creando un accompagnamento perfetto per le parole e i ricordi dei protagonisti.
In perfetto equilibrio tra la spinta documentaristica e la palese ricostruzione del disegno animato, La strada dei Samouni è un film che colpisce e lascia il segno, che ha già conquistato il Premio Oeil d'or come miglior documentario all'ultimo Festival di Cannes e si avvia a raccogliere ulteriori riconoscimenti in giro per il mondo.
Movieplayer.it
4.0/5