La stanza, la recensione: Thriller-horror di una famiglia alla deriva

La recensione de La stanza, il terzo film di Stefano Lodovichi: un thriller psicologico che esplora le tempeste del microcosmo familiare.

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La stanza: una scena del film di Stefano Lodovichi

Doveva essere un documentario sul fenomeno degli hikkikomori, ragazzi che si isolano nelle proprie case escludendosi dal mondo, ma è diventato un thriller psicologico a tinte horror. Il terzo film di Stefano Lodovichi, in streaming su Amazon Prime Video dal 4 gennaio, parte da quella suggestione per poi espandersi - come leggerete nella recensione de La stanza - nel territorio del cinema di genere, che il regista esplora e reinterpreta nel tentativo di raccontare l'ambiente perennemente in tempesta del microcosmo familiare. Chiudendo i tre protagonisti tra le pareti grigie e scricchiolanti di una casa isolata, Lodovichi torna a tematiche a lui care come il rapporto genitori e figli, già in parte snocciolato nei precedenti Aquadro e In fondo al bosco; qui compie il passo successivo, sposa il genere e lo fa con le idee ben chiare, pescando a piene mani dalla tradizione che tira in ballo i grandi classici da Shining a Psyco, ma anche le atmosfere di Shyamalan. Non tutto è perfetto, soprattutto quando la scrittura vacilla rendendo poco credibili alcuni passaggi.

Il thriller psicologico e la casa come simulacro dei rapporti familiari

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La stanza: una sequenza del film

La stanza assume sin da subito contorni sinistri e la prima inquadratura ne definisce i toni: Stella (Camilla Filippi) è in bilico sul cornicione di casa, indossa il suo abito da sposa, fuori infuria la tempesta e lei ha appena deciso di farla finita lanciandosi dalla finestra. Solo il suono improvviso e prolungato del campanello la distoglie dallo stato di trance in cui è piombata: Stella corre ad aprire la porta, ad attenderla c'è uno straniero che dice di chiamarsi Giulio (Guido Caprino). L'uomo sostiene di aver prenotato la camera degli ospiti per quella notte (sebbene il sito delle prenotazioni non sia più attivo da un pezzo) e di conoscere Sandro (Edoardo Pesce), ex marito di Stella che se ne è andato senza fare più ritorno. Proprio la speranza di rivederlo la convincerà a lasciarlo entrare; è l'inizio di una discesa nei segreti più remoti di quella famiglia disintegrata sotto i colpi dei "non detti" e di cui la casa diventa il simulacro per eccellenza.

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La stanza: un frame del film

Stefano Lodovichi firma insieme a Francesco Agostini e Filippo Gili una storia che prende in prestito le regole del thriller psicologico e strizza l'occhio alle suggestioni acquatiche di \ (Lady in the Water); la scelta di restringere il campo d'azione allo spazio claustrofobico della casa, risponde all'intenzione ben precisa di fare ricorso a simbologie più o meno esplicite. La casa in stile liberty con le sue pareti logore, i cigolii, le stanze segrete, in balia del vento e della pioggia battente, è una bolla, una nave in tempesta che assurge a metafora di un universo familiare imploso: le sue dinamiche controverse verranno abilmente rispolverate dal misterioso sconosciuto che costringerà Stella e Sandro a farci i conti.

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La fisicità delle performance: un cast di attori al servizio della storia

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La stanza: una sequenza

Un micro mondo frammentato, come lo è anche il tempo di questa favola nera, spezzettato tra presente, passato e futuro e compresso nell'unità di luogo della casa che inquieta, opprime e assume una voce tutta sua. Il resto lo fanno le interpretazioni del cast di attori a partire da Camilla Filippi, quasi una "sposa cadavere", madre ossessionata dai sensi di colpa e donna divisa tra l'amore per il figlio e quello per il proprio uomo, che l'ha abbandonata. Colpisce la fisicità delle performance: ad agitarsi sullo schermo sono dei corpi che si scontrano, ballano (la sequenza di Guido Caprino che balla sulle note di "Stella stai" è indimenticabile), soffrono, tremano e si feriscono.

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La stanza: una scena

Menzione speciale per Caprino, ormai conferma di un talento che si è imposto negli anni: capace di apparire nello stesso tempo luciferino, folle e indifeso. Peccato che non sempre la sceneggiatura dimostri la solidità di cui un racconto avrebbe bisogno per essere credibile dall'inizio alla fine; il merito è indubbiamente quello di aver saputo dar corpo a una storia di atmosfere e tensione crescente.

Conclusioni

Concludiamo la recensione de La stanza con la consapevolezza di trovarci davanti a un autore che avrà ancora molto da raccontarci. Il suo terzo film è una prova riuscita, anche se per metà: giocano a suo sfavore alcune debolezze della scrittura che non sempre rendono la storia credibile. Ci ha convinto però l'abilità con cui il regista Stefano Lodovichi gioca con le regole del genere, firmando una storia capace di coinvolgere lo spettatore per tensione e suspense.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.8/5

Perché ci piace

  • L'idea del thriller psicologico che indaga le crepe del microcosmo familiare, eleggendo la casa a simulacro di quell'universo.
  • La tensione drammatica e la suspense crescente, che inchiodano gli spettatori dall'inizio alla fine.
  • Le regole classiche del thriller diventano il pretesto per affrontare tematiche complesse: il rapporto genitori e figli, la consapevolezza dell'età adulta, lo smettere di essere figli.

Cosa non va

  • Non sempre la sceneggiatura si dimostra solida; spesso il racconto non risulta credibile. E a farne le spese sono a tratti anche le interpretazioni.