Una governante britannica, un sogno e un abito firmato Christian Dior. Anthony Fabian dirige La Signora Harris va a Parigi, prendendo in prestito l'omonimo romanzo di Paul Gallico, uno dei più prolifici scrittori americani del Novecento. Il film, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022, ci porta nella Londra Anni Cinquanta e racconta di Ada Harris, una donna delle pulizie che dopo la morte di suo marito conduce una vita semplice. Mentre è di turno in un lussuoso appartamento, viene rapita da un abito di Dior e, dopo aver risparmiato per mesi, decide di acquistarne uno. Dove? Volando direttamente a Parigi. "C'è stato un lavoro di adattamento, per il romanzo di Paul Gallico. Ci sono quattro romanzi della serie e amavo questo autore fin da piccolo", ci dice il regista nell'incontro stampa in occasione della Festa di Roma: "Mrs. Harris però non lo conoscevo. È stato il mio manager di Los Angeles che mi ha fatto scoprire questo personaggio. Un personaggio forte, vulnerabile, autentico. Parlo bene francese, conosco la Francia e per raccontare questa storia bisogna conoscere a fondo la cultura francese".
Nel film, che si rispecchia nella vicenda di Ada Harris, salta all'occhio un confronto tra culture diverse, eppure pare che il centro sia sempre una questione di classi sociali. "In Inghilterra siamo ossessionati dalle classi", prosegue Anthony Fabian, "Mi ha sempre affascinato rendere visibili gli invisibili. Skin, del 2008, parlava di una ragazza nera con due genitori bianchi. Mrs. Harris è una donna invisibile. Per questo il vestito che vedrete nel film dà a lei una certa sicurezza, tanto che cambierà il pensiero dei personaggi che incontra durante la storia. Per questo era importante poi il confronto tra Isabelle Huppert e Leslie Manville, un confronto che ruota attorno al vestito".
Un film per sognare. Griffato Dior
La Signora Harris va a Parigi è poi un film che gira sul concetto di sogno. Un sogno che può aiutare a trovare la propria strada, nonché elemento fondamentale per immaginare un futuro miglore. "Abbiamo bisogno di sogni e sfide, ed è importante ricordare che quello che accade adesso non è per sempre. Il futuro, se lo si immagina positivo, riesce a diventare un futuro migliore. È uno dei messaggi del film". Sogni che, spesso, fanno rima con la moda. Così la maison Dior diventa assoluta protagonista. E il regista spiega il lavoro fatto attorno al marchio: "Era importante far sapere a Dior che avrei fatto questo film. Il libro fa parte della storia di Dior, da tanto tempo, fin dal 1958. Per fare una favola basata su un soggetto reale, una casa di moda, mi sembrava importante rappresentare tutto in maniera precisa e autentica. Poi, con il cast che ha avuto, si è capito che il film avrebbe avuto un livello eccellente, tanto da essere supportato da Dior. E abbiamo ricreato l'edificio di Dior come fossimo nel 1958".
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Il talento di Lesley Manville
Da questo punto, anche i vestiti giocano un ruolo fondamentale, "Ci hanno prestato i vestiti, alcuni invece li abbiamo ricreati basandoci sugli originali". Una cosa molto interessante di questa storia risiede poi nel fatto che una donna non deve prescindere da un uomo, "Il finale del secondo atto non era nella sceneggiatura com'è poi nel montaggio finale. Non sentivo mio quel momento, e ho rimontato il passaggio. Perché? Perché doveva essere un momento concentrato solo sulla protagonista". L'ultima battuta è dedicata al talento di Lesley Manville: "Ammiravo Leslie da molto tempo. L'avevo in testa, sapevo ci volesse lei per questo ruolo. Questo è divenuto possibile dopo il film di Paul Thomas Anderson, Il filo nascosto, che le ha fatto ottenere una candidatura all'Oscar. Volevo dare il ruolo a lei, è una delle attrici più brave e impegnate del momento".
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