All'improvviso rabbrividii violentemente. Ricordai le parole di Nathan, la sera prima: 'Non lo capisci, Sophie? Stiamo morendo'.
È la voce fuori campo di Stingo, il giovane aspirante romanziere appena arrivato a New York, a offrirci il suo punto di vista sulla coppia al cuore de La scelta di Sophie. L'occasionale utilizzo del voice over è uno dei riverberi letterari che, dalle pagine di William Styron, vanno a connotare l'adattamento realizzato da Alan J. Pakula: introdotto non a caso dalle parole di Stingo, anche il film risulta costruito come il diario dell'estate del 1947, trascorsa dal ragazzo nella Grande Mela, e come la cronaca del suo incontro con Nathan Landau e Zofia Zawistowski, detta Sophie. Stingo, che si sta affacciando alla vita 'adulta' in cerca di ispirazione per le proprie velleità di scrittore, fungerà dunque da testimone della vicenda di Nathan e Sophie e da destinatario delle confessioni di quest'ultima su quell'oscuro passato a cui si allude fin dal titolo dell'opera.
La scelta di Sophie debutta nei cinema americani il 10 dicembre 1982, appena tre anni dopo la pubblicazione dell'omonimo romanzo di William Styron, divenuto un caso editoriale e premiato con il National Book Award. È il regista, sceneggiatore e produttore Alan J. Pakula, già autore di alcune pietre miliari della New Hollywood (Una squillo per l'ispettore Klute, Tutti gli uomini del Presidente), a condensare le quasi seicento pagine del libro di Styron nell'arco di due ore e mezza di durata, senza distaccare pressoché mai lo sguardo dal terzetto dei protagonisti e dall'evoluzione del loro rapporto. A prestare il volto a Stingo e Nathan sono due attori provenienti dal teatro: Peter MacNicol, avviato a una brillante carriera da caratterista (inclusa la parte dell'avvocato John Cage nella serie TV Ally McBeal), e Kevin Kline, qui alla prima apparizione sullo schermo e in procinto di affermarsi fra i grandi talenti della sua generazione.
La miglior interpretazione di Meryl Streep
Ma a catalizzare l'attenzione nel film di Pakula non può che essere Sophie, immigrata polacca sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz: un personaggio per il quale, in prima istanza, il regista avrebbe voluto scritturare Liv Ullmann, ma che si attesterà fra i ruoli-simbolo di Meryl Streep. Nel 1982, la trentatreenne Meryl si è già ricavata un posto di primissimo piano a Hollywood: in soli cinque anni di attività al cinema ha saputo rubare la scena in due pellicole epocali come Il cacciatore di Michael Cimino e Kramer contro Kramer di Robert Benton, che le è valso l'Oscar come miglior attrice supporter, mentre nel 1981 si è calata in un magnetico doppio ruolo nel melodramma La donna del tenente francese di Karel Reisz, sfiorando una seconda statuetta. A un anno di distanza, la sua struggente prova ne La scelta di Sophie ne sancisce la definitiva consacrazione fra gli interpreti più dotati e versatili che si siano mai affacciati davanti alla macchina da presa.
Ma la performance di Meryl Streep, ricompensata a furor di popolo con l'Oscar e il Golden Globe come miglior attrice, e la fama del libro di William Styron spiegano solo in parte il successo di un film inesorabilmente cupo e claustrofobico, in cui la fotografia dello spagnolo Néstor Almendros (inseparabile collaboratore di Eric Rohmer e François Truffaut) sembra ingabbiare Stingo, Nathan e Sophie nella penombra degli ambienti domestici, riservando alle calde tinte estive i pochissimi minuti delle sequenze in esterni. A richiamare nelle sale statunitensi ben dieci milioni di spettatori, rendendo La scelta di Sophie uno dei titoli più amati dell'anno (dal pubblico, più ancora che dai critici), è la natura stessa di un racconto in grado di intercettare l'interesse crescente per uno dei capitoli più tragici della storia contemporanea: la Shoah, manifestazione di un orrore indicibile che il cinema e la TV stavano tentando di esprimere, ponendosi di fronte all'irrisolta questione della sua 'oscenità' (nel senso etimologico dell'impossibilità di una rappresentazione diretta).
Meryl Streep: perché è l'attrice più amata della nostra epoca
Raccontare l'indicibile: l'Olocausto sullo schermo
Nel corso degli anni Settanta, il cinema americano aveva puntato i riflettori sull'ascesa del nazismo e le persecuzioni antisemite in opere acclamate quali Cabaret di Bob Fosse e Julia di Fred Zinnemann (fra l'altro, film d'esordio di Meryl Streep). Ancora maggiore è l'impatto di massa esercitato da Olocausto, miniserie scritta da Gerald Green e diretta da Marvin J. Chomsky, che nell'aprile 1978 registra centoventi milioni di spettatori negli USA e da lì a breve segnerà cifre record in tutto il mondo; al di là delle controversie sulle modalità della rievocazione della Shoah, Olocausto (che vede nel cast ancora Meryl Streep) adempie una funzione 'didattica' rivolta soprattutto alle nuove generazioni, puntando a strappare al genocidio degli ebrei l'etichetta di argomento-tabù. È in questo clima culturale che, un anno dopo Olocausto, sulla TV americana vanno in onda una nuova versione de Il diario di Anna Frank e Ballata per un condannato, con Vanessa Redgrave nella parte della pianista Fania Fénelon durante la sua prigionia ad Auschwitz.
Nel 1982 è la volta de La scelta di Sophie, in cui l'educazione sentimentale di Stingo si intreccia a un Kammerspiel consumato fra le pareti a tinte rosa di una pensione di Brooklyn, teatro della passione e dei violenti conflitti fra Nathan Landau e Sophie Zawistowski. Se Nathan è un individuo istrionico e volitivo, affetto da un disturbo paranoide che ne accentua le pulsioni distruttive, Sophie è la donna del mistero capace di suscitare in Stingo attrazione e turbamento in egual misura. Con le sue sembianze 'angelicate', in contrasto con l'inquietudine che le trapela dagli occhi, Sophie non tarda ad incantare il giovane e, da novella Sherazade, farà prendere forma al proprio passato in un lungo flashback. La mostruosità dei lager viene mantenuta fuori campo, ad evitare qualunque "pornografia del dolore", e tuttavia è suggerita da terribili indizi, come la sagoma di un impiccato sullo sfondo di un'inquadratura, mentre la 'scelta' imposta alla donna resta l'unica, straziante incursione nell'abisso. Un abisso da cui Sophie non riuscirà più a sottrarsi, ossessionata dal senso di colpa e in preda a un cupio dissolvi che non lascia scampo.
Cabaret: Germania anno zero nel capolavoro con Liza Minnelli