Recensione Il sentiero (2009)

La regista Jasmila Zbanic ha ben chiari in mente i messaggi che vuole comunicare e dirige il film con sicurezza verso i propri obbiettivi, senza slanci, ma senza particolari difetti.

La scelta di Luna

Quanti di noi si definiscono Cattolici pur non praticando, non vivendo secondo i dettami della più diffusa religione in Italia? Quanti altri invece affrontano la religiosità con spirito diverso, dedicandosi anima e corpo al volere di Dio? E' così in ogni fede del mondo e questa differenza nel modo di vivere la propria spiritualità non rappresenta un problema finchè non arriva a metterci in contrasto con noi stessi, con quello che abbiamo costruito e vogliamo portare avanti. In definitiva dal distrarci da quello che è il nostro percorso di vita.
E' così per Luna ed Amar, la coppia protagonista di On the Path, nuovo lavoro di Jasmila Zbanic, già Orso d'oro qualche anno or sono con Grbavica - Il segreto di Esma ed ora di ritorno alla Berlinale con un film diverso dal precedente, ma ugualmente interessante.


I due giovani innamorati che ne sono protagonisti sono in sintonia sul modo di vivere il loro essere mussulmani, ma non solo in quello: i due sono come un'unica persona e seguono insieme la propria strada almeno finchè qualcosa non interviene dall'esterno.
Si tratta del fortuito incontro con un vecchio commilitone di Amar che offre all'uomo un lavoro come tecnico in un campoestivo mussulmano, un'esperienza che lo riavvicna alla fede e lo porta a viverla in modo più pieno e radicale, creando scompensi nella coppia. Il nuovo approccio di Amar al credo è visibile inizialmente da piccoli gesti, anche positivi come il non bere più alcolici, ma gradualmente invade tutti gli aspetti della loro vita, obbligando Luna a dover riesaminare il loro rapporto, soprattutto in vista di scelte di vita importanti come il voler avere un figlio insieme.

La regista Jasmila Zbanic ha ben chiari in mente i messaggi che vuole comunicare e dirige il film con sicurezza verso i propri obbiettivi, senza slanci, ma senza particolari difetti. Abbozza soltanto alcune trovate visive, come l'uso ossessivo della camera del telefono da parte di Luna, ma preferisce non portarle all'estremo per evitare di distogliere l'attenzione dalla storia e dai temi che vuole trattare.

Affronta l'argomento dell'Islam in Bosnia, di come i più radicali siano visti come terroristi e quindi del pregiudizio che li circonda, dipingendo con pochi tratti un ambiente ed una situazione, ma ci mostra anche come per molti di loro la religione sia un rifugio da drammi del proprio passato, come può essere, per l'Amar di Leon Lucev ed i suoi ex commilitoni e molti uomini bosniaci, la guerra che hanno vissuto in prima persona da soldati.
Ma soprattutto l'occhio femminile della regista dedica molta attenzione al personaggio di Luna, ben interpretato da Zrinka Cvitesic, ed alla sua possibilità di scegliere il proprio destino, di mussulmana, ma soprattutto di donna.

Movieplayer.it

3.0/5