"Non è un film ideologico, né di condanna. Nessuna denuncia, solo un racconto di crescita ed emancipazione". Nonostante le intenzioni dichiarate dal regista Marco Danieli sin dalla sua presentazione alle Giornate degli Autori a Venezia, La ragazza del mondo, storia di una giovane 'fuoriuscita' dai Testimoni di Geova, non è rimasto immune dal dilagare di polemiche soprattutto sul web, dove l'uscita del trailer è diventato oggetto di diatribe infinite tra membri della comunità e disassociati, senza risparmiare attacchi gratuiti al film prima ancora della sua uscita in sala.
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Dalle polemiche alla sala: l'epopea dei 'fuoriusciti'
"Polemiche preventive", le definisce il regista alla presentazione romana del suo esordio alla regia accompagnato dai due attori protagonisti Michele Riondino e Sara Serraiocco, dallo sceneggiatore Antonio Manca e dalla preziosa testimonianza di un ex testimone di Geova, Emidio Picariello, autore del libro 'Geova non vuole che mi sposi' e indispensabile punto di riferimento durante la scrittura del film.
"Le prime controversie si sono scatenate sin dalla sua presentazione a Venezia. - racconta Danieli - Nei vari blog e forum si sono consumate lunghe discussioni tra Testimoni ed ex Testimoni; sono polemiche preventive da parte di persone che hanno criticato il film senza averlo visto, basandosi esclusivamente sul trailer e dichiarando apertamente che non andranno a vederlo". Eppure è tutto reale, perché la storia di Giulia che abbandona la congregazione per vivere liberamente la sua storia d'amore con Libero, un ragazzo del mondo, si ispira alle vicende di un'amica del regista: "La ragazza a cui ci siamo ispirati non ha partecipato alla scrittura del film, ma quando lo ha visto è rimasta molto contenta che fosse così realistico e che non si trattasse di una demonizzazione tout court del mondo dei Testimoni di Geova. - ci spiega Danieli - L'unica cosa che mi ha detto è che il comitato giudiziario che l'ha esaminata è stato un po' peggio di quello descritto da noi ne 'La ragazza del mondo'".
E a confermarlo è lo stesso Pecoriello: "E' assolutamente ciò che succede ed è esattamente così imbarazzante. Conosco molte storie simili a quelle di Giulia". Il destino di un fuoriuscito è quello di interrompere o ridurre al minimo i rapporti con la propria famiglia di origine e gli amici: "Tecnicamente i Testimoni di Geova sono una setta e ne hanno tutte le caratteristiche sociologiche come l'esclusione del fuoriuscito o il matrimonio all'interno del gruppo. - precisa - Noi italiani siamo abituati al senso di colpa e i Testimoni di Geova ci hanno costruito il loro mondo. Ci sono due scuole di pensiero tra i fuoriusciti: quelli che dedicano il resto della propria vita a combatterli e quelli che, come me, fanno finta di non esserlo mai stati. Una delle paure più diffuse tra gli ex testimoni sui forum in cui si parlava del film dopo l'uscita del trailer era che passasse l'idea: esci dai Testimoni di Geova e diventi spacciatore. Insomma, o Geova o la droga, ma non è questo il messaggio del film".
Un mondo che, al contrario della Serraiocco ("Sapevo chi erano solo perché mi avevano citofonato una volta a casa ed è stato affascinante scoprirli; ogni sabato, per capire e vedere chi fossero, ho partecipato a diverse adunanze"), Riondino conosceva già: "Alcuni miei parenti sono Testimoni di Geova; da ragazzino ricordo di essere stato anche in qualche Sala del Regno. - rivela - Un mio cugino Testimone di Geova è appassionato di cinema e quando ho accettato di fare questo film, gliel'ho detto subito e lui si è dimostrato incuriosito e aperto. Dopo l'uscita del film a Venezia mi sono informato meglio, poi ho cominciato a leggere sul web la diatriba tra Testimoni e ex Testimoni, una guerra molto violenta che va aldilà dei commenti sul regista e sul film, e ho capito quanto spendano per denigrarsi a vicenda. Dicono che siamo il diavolo, il male, che la fine del mondo è vicina e che il nostro film è frutto dell'Armageddon; credo che il concetto di tolleranza, amore e pace, che dovrebbe essere il fondamento delle religioni, stia cedendo in questo caso il passo alla violenza verbale nei confronti di chi la pensa diversamente".
Il racconto di formazione, l'amore e l'emancipazione
Una storia su cui Manca e Danieli hanno lavorato per tre anni e mezzo, tra stesure, revisioni, modifiche e ripensamenti. A non mutare però è stato il nucleo centrale del racconto di formazione e affrancamento da tutte le forme di dipendenza, anche affettiva: "L'idea di base non è mai cambiata nel tempo: una prima uscita di Giulia per amore, il periodo di vita assieme a Libero e poi la terza via, la ricerca dell'identità di una giovane donna, che deve sporcarsi nel mondo e vivere un'esperienza di perdizione per trovare se stessa, ricorda Manca. Continuando: Questi tre momenti ci sono sempre stati, sono mutate invece le cose che c'erano nel mezzo, ma con la consapevolezza costante di voler raccontare una storia d'amore, che nelle ultime versioni è diventata più appassionata di come ce l'eravamo immaginata all'inizio. Quella di Giulia è soprattutto una storia di crescita ed emancipazione".
Poco importa se il mezzo per emanciparsi è l'amore, come spiega lo stesso regista: "All'inizio c'è una illusione d'amore molto forte legata all'impreparazione emotiva e all'ingenuità, poi subentra la presa di coscienza e la spinta a mettere in discussione il rapporto con Libero; a quel punto l'amore diventa un uno strumento di crescita e di emancipazione". Che servirà a entrambi per salvarsi dai propri rispettivi 'mondi', perché Giulia e Libero non sono Romeo e Giulietta: "Il loro non è quel tipo di amore - dice Riondino - , ma è pur sempre una storia romantica in cui Giulia può sperimentare ciò che prima non le era concesso: innamorarsi di se stessa attraverso l'amore verso qualcun altro. L'amore è un mezzo? Sì, spesso lo è".
Per Libero sarà la possibilità di vivere un'esperienza che "va aldilà delle case popolari con qualcuno che non appartiene al suo mondo. Ciò che mi fa voler bene a Libero, e forse l'aspetto più interessante dal punto di visto attoriale, è il totale abbandono delle proprie difese, del proprio essere granitico per mostrare alla fine tutta la sua fragilità".
Una love story salvifica che rivivrà negli occhi e nel cuore dello spettatore grazie alla straordinaria alchimia ricreata sul set dalla coppia di attori. "Con Michele ci siamo ascoltati e si è creata una magia, quell' empatia che su un set c'è o non c'è. Non lo conoscevo, non eravamo amici e le prove ci sono servite a conoscerci e avvicinarci".