Le seconde possibilità esistono perfino nel ghetto allucinato creato da Massimiliano D'Epiro ne La prima regola, opera seconda di un regista che in realtà bazzica da tempo il grande schermo e ha all'attivo la regia una nutrita serie di corti. Come rivela la nostra recensione de La prima regola, la pellicola in arrivo il 1° dicembre distribuita da Notorius Pictures si inserisce in un filone visitato spesso dalle cinematografie internazionali a partire proprio dal capostipite La scuola della violenza del 1967, passando per The Principal - Una classe violenta, La classe - Entre les murs e perfino L'odio di Mathieu Kassovitz. Massimiliano D'Epiro ha il talento necessario per fondere temi universali con questioni tutte italiche come la mancata integrazione dei migranti, l'assenza di risposte e l'opportunismo della politica e il boom della cosiddetta destra sociale, che cavalca i temi caldi e sfrutta il malcontento per scopi elettorali.
La prima regola si svolge in un non luogo, un periferia italiana malfamata non meglio precisata al cui interno si erge lo Zoo, un centro per immigrati irregolari e rifugiati in cerca d'asilo. Gabriele (Marius Bizau), giovane professore di origine straniera, viene catapultato nella classe dei "difficili" della scuola superiore locale, trovandosi a tener testa a sei ragazzi sospesi per questioni disciplinari. Gabriele decide di non seguire i consigli impartiti dal disincantato preside e dal custode che di ragazzi difficili ha una lunga esperienza e prova a lottare per catturare l'attenzione dei sei studenti. Ma si troverà a confrontarsi con le intemperanze di Nicholas, bullo della scuola che porta avanti una crociata contro gli immigrati dello Zoo.
Uno stile visivo debordante per raccontare personaggi enigmatici
A dispetto dei temi trattati e del suo essere radicato nella realtà spicciola del quotidiano, La prima regola contiene immagini di una potenza devastante. Massimiliano D'Epiro ama il cinema d'autore e urla la sua presenza dietro ogni sequenza a partire dall'ardito piano sequenza con cui prende per mano e trascina all'interno della scuola seguendo passo passo l'ingresso di uno spaesato Gabriele. A tratti vorticoso, a tratti suggestivo, lo stile registico di D'Epiro contempla l'esistenza di immagini di grande impatto simbolico, una per tutte la scena in cui Nicholas entra a scuola avvolto nel tricolore, novello "martire" nella lotta per gli italiani poveri in un film che è tutti contro tutti. Al di là della fotografia acida, dei colori allucinati, del claustrofobico ambiente scolastico delle musiche ipnotiche firmate da Davide Boosta Dileo dei Subsonica, esiste uno spazio per l'introspezione e per approfondire la conoscenza dei personaggi del film.
A tal proposito è necessario specificare che le sollecitazioni insite nella sceneggiatura e l'autorialità esasperata richiedono agli attori una recitazione a tratti sopra le righe. A fronte di una figura pacata e conciliatoria come Talib (Haroun Fall), l'unico immigrato di colore della classe dei difficili, che cerca in tutti i modi di tenersi lontano dallo Zoo da cui proviene, il violento Nicolas (Andrea Fuorto) e l'esagitato Vasile (Luca Chikovani) costringono il professore di Marius Biizau ad adeguare i toni dando vita a continui scontri. A farne le spese sono le figure femminili, più intriganti e misteriose, ma anche meno sviluppate a livello di scrittura come Maisa (Ileana D'Ambra), Arianna (Antonia Fotaras) e l'enigmatica Petra (Cecilia Montaruli). Più in generale, tutti i personaggi de La prima regola conservano la loro buona dose di mistero e risultano in parte abbozzati chiamando in causa lo spettatore affinché sia stimolato a leggerne i comportamenti, vista la forte attrazione del regista per la componente visiva e sonora.
10 film perfetti per il ritorno a scuola
Un film politico che punta il dito contro la politica
Massimiliano D'Epiro bandisce ogni informazione superflua, concentrando l'attenzione dello spettatore sul qui e ora. Gli eventi de La prima regola si svolgono sull'orlo di un'apocalisse e la tensione, presente fin dall'incipit, è un ingrediente costante del lungometraggio amplificato dalla colonna sonora e dalla fotografia drammatica di Matteo Calore. Nel film sono presenti anche alcune intense scene di ballo la cui estetica è mutuata dai videoclip. Danze sfrenate private, però, della gioiosità e della spensieratezza tipiche dell'adolescenza, intrise di una qualità drammatica che le accomuna più alla frenesia delle feste sorrentiniane dove però, alle note dii volgarità, si sostituiscono una violenza sorda, pronta a esplodere in qualsiasi istante, e un nichilismo estremo. I giovani studenti del film sono vittime di un sistema creato dalle generazioni precedenti, questo concetto non è certo nuovo. Ma La prima regola lo esplica smontando il potere salvifico della scuola, incapace di fornire risposte davanti alla violenza, ma soprattutto della politica, che cavalca l'onda del malessere giovanile per i suoi biechi interessi.
Si parla spesso di film "che non sembrano italiani", etichetta questa che può essere applicata anche a La prima regola. Ma Massimiliano D'Epiro prova ad andare oltre, rielaborando ingredienti di un sottogenere ormai classico e fondendoli a tratti della realtà italiana. Il risultato è un prodotto che non passa inosservato e si inserisce nell'attuale dibattito sui migranti preferendo, però, allo stile documentaristico spesso adottato per questo tipo di storie una narrazione a tinte forti e personaggi estremi. L'urlo della rabbia repressa degli emarginati, a qualsiasi colore e nazionalità appartengano, viene amplificato da uno stile visivo debordante che punta a sollecitare vecchi e nuovi interrogativi evitando facili risposte.
Conclusioni
La recensione de La prima regola mette in luce le qualità stilistiche di un film che unisce critica sociale e temi caldi come l'integrazione dei migranti a un cinema autoriale che attinge ai generi distinguendosi per impatto visivo e sonoro. L'opera prima di Massimiliano D'Epiro veicola il suo messaggio attraverso immagini forti, suoni e colori d'impatto, sollevando dubbi più che fornendo risposte.
Perché ci piace
- La scelta di raccontare i drammi italiani con uno stile visivo marcato e personale.
- Le immagini di grande impatto visivo e potenza simbolica unite a fotografia, coreografia delle scene corali e musiche che vanno a costituire un unicum.
- L'energia del cast capitanato da Mariius Bizau...
Cosa non va
- ...anche se molti dei personaggi, soprattutto quelli femminili, non vengono approfonditi adeguatamente.
- La scelta di aderire a certi temi è strumentale a un linguaggio stilistico che a tratti prende il sopravvento.