La materia di cui sono fatti i sogni, d'amore
Non è un adattamento convenzionale della tragedia borghese di William Shakespeare, quello targato Baz Luhrmann, al suo esordio sul mercato hollywoodiano, sostenuto - come del resto in tutti i suoi tre film - da un cast tecnico e artistico affiatato: il co-sceneggiatore, e amico d'infanzia del regista australiano, Craig Pearce, la compagna Catherine Martin, scenografa e costumista, la montatrice Jill Bilcock, al quale si aggiunge il direttore della fotografia Donald McAlpine, che lo seguirà anche in Moulin Rouge.
La trasposizione cinematografica di Luhrmann non stravolge la trama, conosciuta ormai in tutto il mondo: l'amore forte e improvviso che nasce tra il rampollo della casata dei Montecchi, il giovane Romeo (interpretato dall'allora ventiduenne Leonardo DiCaprio, premiato al Festival di Berlino come migliore attore), e l'unica figlia dei Capuleti, Giulietta (Claire Danes, diventata famosa grazie a questo ruolo), sbocciato al ballo in maschera organizzato dai Capuleti, si scontra con l'odio reciproco che intercorre tra le rispettive famiglie. Sposatisi in segreto, i due innamorati non hanno la possibilità di vivere appieno la loro gioia: mentre Romeo è bandito dalla città dopo aver ucciso Tebaldo (John Leguizamo) - cugino di Giulietta - per vendicare l'amico Mercuzio (Dash Mihok), caduto in un ennesimo scontro tra le due fazioni, Giulietta vuole evitare il matrimonio con Paride (Paul Rudd), il partito scelto dai genitori, ricorrendo ad un filtro di frate Lorenzo (Pete Postlethwaite), che le permette di fingersi morta agli sguardi del mondo, almeno fino al ritorno di Romeo. In esilio fuori dalla città, Romeo non è però adeguatamente informato del piano dell'amico frate e, credendo Giulietta persa per sempre, si suicida con del veleno mortale. L'unico reale cambiamento imposto dal regista al testo teatrale è rappresentato dal tragico risveglio di Giulietta dal sonno ingannatore: la giovane riesce a cogliere gli ultimi istanti di vita dell'amato che, bevuto il veleno, spirerà tra le sue braccia pochi istanti dopo, costringendola in questo modo a seguirlo nel suo drammatico destino.
Secondo capitolo della trilogia del "sipario rosso"- un cinema teatralizzato dal carattere palesemente artificiale - Romeo + Giulietta condivide con Ballroom - Gara di ballo (1992) e Moulin Rouge (2001) lo stile adrenalinico e tendente all'eccesso del suo autore Baz Luhrmann, una modalità espressiva che coinvolge e contamina tutte le componenti della macchina filmica, dalla messa in scena alla fotografia, dalle scenografie ai costumi, dal trucco al montaggio.
Ripercorrendo le orme del Bardo, un vero maestro nell'intrattenere il proprio pubblico, il regista australiano allestisce una cornice - in questo caso la televisione, che si sostituisce al coro - nella quale ricreare l'universo di Romeo e Giulietta: il mondo elisabettiano viene trasportato in un contesto contemporaneo, rispetto al quale emerge - in maniera piuttosto evidente - il contrasto con il tradizionale linguaggio shakespeariano parlato dai personaggi. Verona si tramuta, sotto gli occhi dello spettatore, in Verona Beach, una metropoli dal sapore sudamericano, carica di religiosità - un Cristo benevolo allarga le sue braccia a protezione della città - ma anche segnata dai conflitti etnici ed economici. Nella personale versione luhrmaniana, infatti, i Montecchi appartengono all'aristocrazia bianca, mentre i Capuleti sono di origine ispanico-latina (l'ispirazione proviene dal musical West Side Story): i loro grattacieli, simbolicamente uguali e posti l'uno a fianco all'altro (come a richiamare le scomparse Torri Gemelle), troneggiano su Verona Beach, pervasa dalle violente lotte intestine, condotte su fronti opposti da Benvolio - nipote del capo famiglia dei Montecchi - e Tebaldo, soprannominato "il Principe dei gatti".
Bastano questi pochi dettagli per far comprendere la portata del lavoro svolto da Luhrmann e dalla sua crew, impegnati a tradurre sullo schermo la più celebre tragedia shakespeariana mediante icone, simboli, immagini e forme del XX secolo, che rendono immediatamente percepibili le passioni e le forze estreme veicolate dal drammaturgo inglese. Il film, che si struttura come una versione condensata del testo originale, si distingue proprio per le potenti invenzioni visive, orchestrate ai fini di attualizzare l'archetipico amore impossibile tra i due adolescenti.
L'incontro tra i giovani innamorati alla festa dei Capuleti coincide con il momento più riuscito del film: è infatti un acquario a farli conoscere, un acquario che raccoglie e rimanda i loro sguardi giocosi, infantili, ingenui, subito attratti reciprocamente. La scena, priva della dimensione verbale ma sottolineata dalla canzone Kissing You di Des'Ree, annuncia anche la forza allegorica assunta dall'acqua nel film: essa si presenta innanzi tutto come generatrice d'amore (l'acquario appunto, ma anche l'acqua nella quale si immerge Romeo per dissolvere l'effetto della droga chimica donatagli da Mercuzio), poi come elemento separatore fra i due amanti (la piscina di casa Capuleti che sostituisce il mitico balcone della versione originale), infine come presagio di sventura (quando Romeo, per fuggire dalla camera di Giulietta, deve tuffarsi nella piscina sparendo dalla vista della giovane).
Si ama o si odia l'estetica sovraccarica e volutamente kitsch di Baz Luhrmann, che non manca di caratterizzare ogni aspetto di Romeo + Giulietta. Ad esempio, mentre i Montecchi sono individuati da camicie floreali (il prototipo è costituito dalle camicie hawaiane di Da qui all'eternità di Fred Zinnemann), e da creste alla punk, il clan dei Capuleti è contraddistinto da uno stile di combattimento altamente rituale ed elaborato, simile alla danza del flamenco, anche per i toni decisamente viranti sul rosso e il nero: d'altro canto Tebaldo, fin dalla scena iniziale del distributore di benzina, si configura come un guerriero dandy, ricco di ornamenti religiosi sulla pistola e sul giubbotto anti-proiettile. E proprio la sequenza del duello fra le due gang al distributore di benzina (che nel dramma avviene nella piazza del mercato) rappresenta la summa del cinema di Baz Luhrmann, giudicato spesso dai critici manierista e superficiale: l'episodio, realizzato con frequenti frame-stop sui nomi dei personaggi, slow-motion e rimarcati primi piani di denti finti, armi, stivali appartenenti ai combattenti - in pieno ricalco dei western e dei gangster movie - sembrerebbe dar ragione ai detrattori. Ma la ridondanza espressiva dimostrata in questa scena, viene bilanciata dall'incredibile visionarietà del regista che, in virtù di un enorme background cinematografico, teatrale (Baz Luhrmann ha una grossa esperienza nel teatro dell'opera a Sidney e ora anche a Broadway), musicale e letterario, fonde e miscela suggestioni totalmente differenti ed eterogenee (Mercuzio è nel film una Drag-Queen, la casa dei Capuleti rievoca quella di Scarface di Brian De Palma). Romeo + Giulietta è soprattutto un'opera pop - non a caso la sua colonna sonora ha venduto milioni di copie nel mondo -, barocca, ma anche profondamente romantica e originale, in grado di trasmettere alle nuove generazioni il senso e l'anima della più grande storia d'amore di tutti i tempi.