Recensione La seconda guerra civile americana (1997)

Il film più provocatorio di Joe Dante. Una satira feroce che non risparmia nessuno: politici, giornalisti, organizzazioni umanitarie, militari, minoranze etniche, lobbisti.

La fine del Sogno Americano

Il film più provocatorio di Joe Dante. Una satira feroce che non risparmia nessuno: politici, giornalisti, organizzazioni umanitarie, militari, minoranze etniche, lobbisti. Tutti contro tutti, nel tentativo di conservare le proprie posizioni di prestigio e di potere.
C'è voluto un fortunato ed acclamato passaggio al Festival del Cinema di Venezia nel 1997, per permettere a questo piccolo capolavoro di essere distribuito in Italia.
Questo bel film di Joe Dante, infatti, è stato prodotto dalla rete televisiva americana HBO (e questo dice molto sulla qualità dei prodotti televisivi americani rispetto alla grande maggioranza dei prodotti europei e specialmente italiani, che si contraddistinguono sempre per un'assoluta mancanza di contenuti, un livello di recitazione dilettantesco, e una regia scialba) e solo grazie al grande entusiasmo suscitato al Festival di Venezia ha potuto trovare una distribuzione internazionale.

Malgrado il film si presenti come una satira, una parodia contro il potere dei media e l'asservimento della politica ai mezzi di informazione, il messaggio che si vuole lanciare è serio e drammatico (o forse, sarebbe più corretto dire, considerati gli ultimi eventi della politica internazionale, drammaticamente attuale).
La vicenda prende le mosse dalla folle decisione del governatore dell'Idaho di chiudere le frontiere a tutti gli immigrati. La situazione si complica quando, a causa di un malinteso semantico, il governatore viene frainteso e tutti credono che questi voglia la secessione del suo Stato (mentre in realtà lui aveva parlato di successione). Questa dichiarazione scatena le pretese di autonomia di tutti gli altri Stati (davvero poco uniti) d'America, dimostrando come la convivenza pacifica di diverse culture in un unico Paese sia ben lontana dalla sua realizzazione.

Di fronte a questo susseguirsi di eventi il presidente degli Stati Uniti chiede l'aiuto di un cinico addetto alle pubbliche relazioni e lancia un ultimatum al governatore di 67,5 ore (non può concedere le 72 ore classiche per non far coincidere la scadenza dell'ultimatum con la messa in onda dell'ultima puntata di una seguitissima soap opera). L'emittente televisiva NewsNet (immaginata da Dante come una sarcastica parodia della potente CNN) schiera cameramen e reporter per seguire in diretta la cronaca della guerra. In tutti gli Stati Uniti è il caos: nel Rhode Island i rappresentanti della comunità cinese vietano l'ingresso nello Stato di altri cinesi, a Los Angeles una banda di neri spara al sindaco di origini ispaniche, un attentato manda in pezzi la Statua della Libertà, tutte le minoranze etniche si organizzano per ribellarsi . Al fronte, i militari si insultano e non vedono l'ora di iniziare la guerra per regolare antichi conti personali rimasti in sospeso; i rappresentanti delle organizzazioni umanitarie sono più interessati ad apparire in Tv che alla salvezza dei profughi; i giornalisti falsificano le notizie e spingono per l'inizio della guerra, pur di fare audience; il Presidente degli Stati Uniti è un perfetto idiota, un fantoccio in mano ai suoi consiglieri, alle lobbi di potere e ai sondaggi d'opinione, e gestisce la crisi a colpi di serissime dichiarazioni televisive scritte dagli autisti della Casa Bianca; al Senato i rappresentanti delle diverse etnie si preoccupano di non perdere i loro elettori e si rifiutano di trovare una soluzione.
E' la fine del Sogno Americano: gli americani non riconoscono più la loro identità nazionale, divisi da odio e razzismo si sparano gli uni contro gli altri. Per colmo d'ironia il governatore dell'Idaho, totalmente disinteressato al disastro che ha combinato, scopre di aspettare un bambino da un'inviata messicana della News Net.

La seconda guerra civile americana inizia come una commedia caustica ma si trasforma ben presto in un film drammatico che offre molti spunti di riflessione.
Il film fotografa lucidamente una situazione ormai radicata negli Stati Uniti dove, ai politici non è richiesto di avere un programma ma, solo una faccia telegenica che sparga fumo negli occhi dell'opinione pubblica; sia le minoranze etniche che gli americani doc, spinti da interessi egoistici, si rivelano razzisti allo stesso modo; i giornalisti si disinteressano del dovere primario di dare notizie vere ed obiettive e inseguono la gloria, prettamente televisiva, della diretta; l'opinione pubblica è costantemente ingannata da una informazione falsa e tendenziosa; la Casa Bianca e i vari Stati sono governati da uomini insulsi, ignoranti, corrotti, e amorali.
Meglio di tanti dibattiti, e di mille documentari, Joe Dante racconta una Nazione piena di contraddizioni insanabili che rischiano di portarla ad una (futuribile) evoluzione tragica . Una magnifica lezione di (fanta)politica che sottolinea la necessità di ritornare a quegli ideali di democrazia e tolleranza che gli Stati Uniti hanno (s)venduto in nome di una (pericolosa) supremazia a livello internazionale.