Recensione La fabbrica di cioccolato (2005)

Un film dall'alto tasso comico, vulcanico allo stesso tempo nell'esibizione di una fantasia magica e contagiosa.

La fabbrica della fantasia

Non sbaglia proprio un colpo Tim Burton. Pochi mesi prima dell'uscita italiana dello strepitoso La sposa cadavere, un'ennesima dimostrazione della sua salute artistica ci viene da La fabbrica di cioccolato, celebre storia per bambini tratta dal classico di Roald Dahl, rivista e corretta attraverso la sconfinata lente immaginifica di uno degli autori più originali ed unici che il cinema contemporaneo può annoverare. Cinque bambini, tra cui uno più particolare e sensibile, la famiglia dei sogni di Burton, il fido alter ego Johnny Depp, un padre minaccioso come solo il mitico Christopher Lee può essere, le musiche del solido grande Danny Elfman e la fabbrica di cioccolata è messa in piedi.

La storia è nota, ma rammentiamola. Charlie, un bambino dal cuore d'oro, costretto ad una vita di povertà, ma di grande e dignitosa unione familiare, vive col desiderio di entrare nella misteriosa fabbrica di cioccolato dell'eccentrico e stravagante Willy Wonka. La fabbrica, chiusa da quindici anni, dopo che numerose spie rubarono i segreti del cioccolato Wonka, è in realtà perfettamente funzionante, nonostante non ci lavori nessun operaio.
Un annuncio straordinario di Willy Wonka permetterà di svelare tale mistero: aprirà la fabbrica ai cinque ragazzi fortunati che troveranno i biglietti d'oro nelle tavolette di cioccolata. Il sogno per Charlie può avere inizio.

Capace di filtrare qualsiasi tipo di storia nel suo inimitabile mondo gotico-fiabesco, fatto di continue invenzioni visive e straordinarie ellissi narrative, Burton trasforma realmente tutto ciò che tocca in oro, anche la cioccolata di questo suo ultimo film, per darci in pasto un altro piccolo, prezioso puzzle di sé stesso. Perché, per quanta strada possa aver fatto e padronanza assoluta aver raggiunto, il creatore di Edward mani di forbice e Big Fish sembra continuare (fortunatamente, vista la magia visiva che ne scaturisce) a fare i conti con i suoi nodi irrisolti e le sue ossessioni. E' in ragione di questo che non occorre chissà quale ardita interpretazione extraletteraria per trovare notevole continuità e coerenza in questo suo nuovo film. Bastano infatti minime variazioni alla storia originale, sintetizzabili essenzialmente in tutti i flashback riguardo il passato di Willy Wonka, nel quadro di un universo di riferimento burtoniano in tutto, per trovarsi di fronte alle sue usuali tematiche: rifiuto del mondo adulto e senso di devianza dalla normalità, in particolare.

Ne esce un film dall'alto tasso comico, vulcanico allo stesso tempo nell'esibizione di una fantasia magica e contagiosa. Gli splendidi titoli di testa, le continue citazioni ed autocitazioni, come gli esilaranti intermezzi musical Umpa-Lumpa (purtroppo doppiati) compongono la spina dorsale intrattenitiva, prima dell'irresistibile delirio in cui Burton ci spiega finalmente cosa diamine sia il monolite kubrickiano. Una tavoletta di cioccolato Willy Wonka, naturalmente! Mordetela anche voi e fatela sciogliere lentamente, durerà di più.