La dolce illusione della rivoluzione
Prezioso per la storia del cinema italiano è il recente restauro di Prima della rivoluzione, opera seconda di Bernardo Bertolucci dopo La commare secca del 1962: uno dei pochi esempi di nouvelle vague italiana insieme a I pugni in tasca di Marco Bellocchio, che si ricongiunge - metaforicamente - con i "sognatori" del '68 parigino, protagonisti della sua ultima pellicola The Dreamers - I sognatori, in un cerchio ideale in bilico fra cinefilia e riflessione filosofica sull'animo umano.
Un film complesso e intimo, Prima della rivoluzione, che si coniuga come l'educazione sentimentale, politica e ideologica di un giovane esponente della borghesia parmense (Francesco Barilli), nella quale convergono sia tracce autobiografiche della vita personale e registica di Bertolucci), sia suggestioni letterarie e cinematografiche (i personaggi di Fabrizio, Gina e Clelia sono ispirati a La certosa di Parma di Stendhal).
Fabrizio è l'immaturo primogenito di una famiglia della borghesia benestante di Parma; acceso sostenitore delle posizioni marxiste, il giovane è determinato a rompere i rapporti con la propria classe sociale: lascia la fidanzata Clelia, appartenente all'alta società, e trascorre gran parte del tempo con Cesare (interpretato dal critico cinematografico Morando Morandini), maestro elementare e guida spirituale di Fabrizio.
Il probabile suicidio dell'amico Agostino, dall'animo fragile e insicuro, apre però le prime falle nel muro di sicurezze del ragazzo, vittima di un disagio e di un disorientamento interiore che solo la giovane zia Gina (Adriana Asti), venuta da Milano per curarsi un esaurimento nervoso, sembra comprendere e condividere. L'amore incestuoso tra Fabrizio e Gina, donna avvenente ma anche inquieta e nevrotica, esplode intenso, sopravvivendo - nascosto agli occhi della famiglia e della gente - nella pur triste consapevolezza di una fine imminente.
Abbandonato ben presto dall'amante, tornata a Milano in preda a una nuova crisi personale, Fabrizio si rende conto dell'impossibilità di attuare fino in fondo la tanto agognata, perseguita, rivoluzione comunista: darà, infatti, un colpo di spugna ai suoi valori e ai suoi ideali, rassegnandosi a sposare la remissiva Clelia, simbolo della sua resa alla borghesia e della rinuncia all'attivismo politico.
"Chi non ha conosciuto la vita prima della rivoluzione, non può sapere cosa sia la dolcezza di vivere": è la frase che racchiude il senso e il cuore del film. Non un film di eventi, di azioni, ma di sensazioni, di angosce esistenziali, di inquietudini immerse nella placida e soffocante provincia parmense, espresse a livello visivo dalle brusche interruzioni e dagli stacchi improvvisi del montaggio: insieme ai frequenti primi piani della vibrante e intensa Adriana Asti, le immagini frammentate rendono ancora più evidente l'influenza dello stile espressivo della nouvelle vague e il lavoro d'introspezione psicologica voluto da Bertolucci, che aveva solamente 23 anni quando diresse il film.
Fotografato in un bianco e nero reso scintillante dall'opera di restauro, nel quale emerge - per contrasto - il colore di un'unica sequenza (quella della camera ottica della Rocca di Fontanellato), Prima della rivoluzione è un film straordinariamente moderno, non solo per la contaminazione attuata tra politica, cinema e vita (Fabrizio consiglia ad Agostino di non perdersi Fiume rosso di Howard Hawks; l'amico cinefilo del protagonista sentenzia: "Non si può vivere senza Roberto Rossellini"), ma anche per l'uso della colonna sonora.
Le canzoni di Gino Paoli, la musica di Ennio Morricone, il Macbeth di Verdi finale al Teatro Regio non assolvono una mera funzione di sottofondo, di tappeto sonoro, agli avvenimenti, ma partecipano - in maniera empatica - alle storie e ai sentimenti di Gina e Fabrizio, rappresentando un vero e proprio elemento narrativo all'interno della materia filmica.