La conversazione: Francis Ford Coppola e le vite degli altri

Al Festival di Cannes 1974 trionfava La conversazione, un magistrale thriller in cui Francis Ford Coppola riversava paranoie e inquietudini dell'America degli anni Settanta.

La conversazione: un'immagine di Gene Hackman

Sono stato coinvolto in un certo lavoro che credo verrà usato per far del male a due giovani. Mi era già successo, che alcuni ci rimettessero per il mio lavoro; temo che possa succedere di nuovo...

È nell'intimità inviolabile di un confessionale che Harry Caul, il personaggio a cui presta il volto Gene Hackman ne La conversazione, decide di abbandonare lo scrupoloso senso di segretezza che caratterizza la sua vita e il suo lavoro, esprimendo a chiare lettere i rimorsi che si porta dentro e i dubbi che lo stanno attanagliando. La figura di Harry, esperto di sistemi di sorveglianza, è segnata da questa dicotomia: una riservatezza che lui, in qualità di investigatore privato, ha eletto a modus vivendi, al punto da costruire attorno a sé una corazza impenetrabile, e la strisciante necessità di aprirsi agli altri ed instaurare un contatto umano. Quando Amy Fredericks, la ragazza interpretata da Teri Garr, lo invita a condividere con lei "qualcosa di personale", la risposta lapidaria di Harry è "Io non ho segreti"; in maniera analoga, quando il suo collega Stan Ross, affidato all'attore John Cazale, lo rimprovera di non mostrare mai alcuna traccia di curiosità ("È nella dannata natura umana!"), lui replica semplicemente: "Non so nulla della curiosità; non fa parte di quello che faccio".

La paranoia secondo Francis Ford Coppola

The Conversation Gene Hackman 1974
La conversazione: un'immagine di Gene Hackman

Sempre sobrio e composto, fin quasi ai limiti dell'impersonalità, l'Harry Caul di Gene Hackman è uno dei quieti antieroi del cinema della New Hollywood. L'attore californiano, consacrato tre anni prima dal ruolo del rude detective Jimmy Doyle ne Il braccio violento della legge di William Friedkin, ne La conversazione si cimenta al contrario con un protagonista agli antipodi: un uomo dimesso e sotto le righe, che svolge la sua professione con metodica accuratezza e i cui conflitti emotivi e morali sono costantemente interiorizzati dietro una maschera di anonimo grigiore. È dal momento in cui quella maschera comincia a far trapelare le prime crepe che nel film di Francis Ford Coppola si innesta un lento ma inesorabile crescendo di tensione, tale da renderlo uno dei thriller più anomali e, al contempo, più significativi del cinema americano degli anni Settanta: sia rispetto alle evoluzioni del filone neo-noir, sia per la capacità di catturare lo spirito di un paese in preda a un sentimento di disillusione e gravato da timori e paranoie.

La Conversazione
La conversazione: un'immagine di Gene Hackman

La conversazione, del resto, in patria debutta nelle sale il 7 aprile 1974: poco più di un anno dopo la disfatta statunitense in Vietnam e nel pieno dello scandalo Watergate, che da lì a quattro mesi avrebbe portato alle clamorose dimissioni del Presidente Richard Nixon. Nel frattempo, il 22 maggio la pellicola di Coppola approda in concorso al Festival di Cannes, due giorni prima di aggiudicarsi la Palma d'Oro. Per il quarantacinquenne Francis Ford Coppola, è un trionfo che si inserisce nel bel mezzo di un periodo straordinariamente fortunato: assurto due anni prima fra i nuovi, grandi autori della New Hollywood in virtù dell'epocale successo de Il Padrino, nel 1974 Coppola è impegnato nella lavorazione de Il Padrino, parte II, che da lì a breve segnerà una nuova punta di diamante della sua carriera. La conversazione viene girato fra i due capitoli della saga dei Corleone, con appena un milione e mezzo di dollari di budget e sull'onda dell'influenza di Blow-up, primaria fonte d'ispirazione per il regista.

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Ascoltare la realtà precipitando nell'incubo

Conversation
La conversazione: un primo piano di Gene Hackman

Se nel cult di Michelangelo Antonioni del 1966 il fallimento gnoseologico era declinato nell'ottica di una progressiva alienazione dalla realtà, oltre a fungere da veicolo di riflessione sulla natura ingannevole delle immagini, La conversazione è calato nella torbida atmosfera di sospetto dell'America nixoniana, fra l'angoscia di essere osservati di nascosto e la percezione di un'indistinta minaccia: suggestioni che, tre anni prima, erano già state rappresentate mirabilmente in un'altra pietra miliare della New Hollywood, il thriller di Alan J. Pakula Una squillo per l'ispettore Klute.

Nel film di Coppola, tuttavia, è il protagonista a rivestire la parte della spia annidata nell'ombra; La conversazione si apre infatti con il dialogo fra un uomo e una donna, registrato dai microfoni di Harry nella Union Square di San Francisco: Ann (Cindy Williams), la moglie dell'innominato direttore (Robert Duvall) che ha commissionato l'indagine, e il suo amante Mark (Frederic Forrest). In apparenza un banale caso di adulterio, ma in grado di inchiodarsi alla mente di Harry e di incrinare a poco a poco il suo equilibrio, fino a risvegliare in lui gli spettri di un tormentoso passato.

La Conversazione Gene Hackman
La conversazione: un primo piano di Gene Hackman

Dunque, mentre l'analisi della conversazione iniziale si traduce in una pratica ossessiva, nel frenetico tentativo di individuare la parola, il frammento, l'intonazione che possano fornire a Harry la chiave del mistero (ed è stupefacente l'apporto di Walter Murch e Art Rochester sull'apparato sonoro), il secco iperrealismo del film viene contaminato da un substrato sinistro, dalle sfumature quasi oniriche: il sintomo di una percezione alterata, di una coscienza che l'investigatore non può fare a meno di proiettare su una sensorialità - visiva e uditiva - forse non del tutto attendibile.

E così, l'intreccio thriller scivola verso una climax che si consuma in pochi, agghiaccianti secondi, con un delitto negato alla vista, se non per il fugace riflesso dietro un vetro. Uno sconvolgente "punto di rottura" in cui l'orrore prende di colpo il sopravvento, catapultando il racconto nei territori dell'incubo e facendo da preludio a un'inversione di ruoli che, per Harry, costituirà il più beffardo dei contrappassi: "Per il suo bene, non si immischi più. Noi saremo in ascolto...".