Recensione A-Team (2010)

A-Team è un buon esempio di popcorn movie senza fronzoli, tutto ritmo, esplosioni e ironia. Film che intrattiene e diverte andando dritto al punto, facendo la voce grossa, esibendo i muscoli e la tecnica e tenendo insieme il tutto con un montaggio luccicante, ma anche altrettanto funzionale.

L'onore dei rinnegati

Se ne parlava da oltre un decennio. Alla fine anche Hannibal Smith, Sberla, Murdock e Baracus sono tornati. Hanno rispettivamente i volti di Liam Neeson, Bradley Cooper, Sharlto Copley e del campione del mondo dei massimi leggeri (ossimoro da sempre affascinante) Quinton Jackson e vivono ancora di piani impossibili creati dal visionario colonnello Smith. Dopo ottanta incarichi andati perfettamente, ai quattro viene chiesto dalla Cia di compiere una missione suicida durante la guerra in Iraq, con un'azione ufficialmente non appoggiata dalle alte sfere militari, per recuperare la matrice per la creazione di dollari falsi, finita in mani arabe. Incastrati, i quattro devono difendersi dall'accusa di tradimento che gli costerà il carcere e il disonore. Evasi grazie ancora all'ambigua intermediazione della Cia verranno utilizzati per recuperare la matrice andata persa, ma la riabilitazione del loro nome non andrà esattamente come previsto.

Parallelamente ai remake, la pratica del rifacimento cinematografico delle serie televisive di maggior successo del passato racconta ancora una volta la capacità hollywoodiana di centrifugare un'immaginario magmatico e diversificato nel contenitore onnivoro del blockbuster. Che cambia pelle e mezzi, ma non sostanza. Molti storcono la bocca, portando argomenti disparati, ma questa è una delle facce dell'industria oggi e A-Team è un buon esempio di pop-corn movie senza fronzoli, tutto ritmo, esplosioni e ironia. Film che intrattiene e diverte andando dritto al punto, facendo la voce grossa, esibendo i muscoli e la tecnica e tenendo insieme il tutto (anche l'eccessivo minutaggio, ormai imperante) con un montaggio luccicante, ma anche altrettanto funzionale. L'esagerazione è sottovalutata esclama Hannibal in un momento centrale del film, con il tipico piglio guascone da action catastrofico. Manifesto di un cinema che va saputo prendere e contestualizzare adeguatamente. La sobrietà non va certo cercata da queste parti e nemmeno l'autorialità che qualcuno vorrebbe imporre al film per il timone di Joe Carnahan, "vittima" della sua fantastica opera prima Narc, che dovremmo tutti un po' dimenticarci.

L'obiettivo era da una parte stuzzicare il palato dei nostalgici di una serie scanzonata e divertitamente inverosimile, perfetta nel contesto della serialità televisiva degli anni '80, commerciale e autoconclusiva nella struttura narrrativa. Dall'altra creare un giocattolo ipercinetico vicino al gusto del pubblico più giovane, probabilmente ignaro della serie omonima. Ne esce un film che grazie a un ottimo casting trova personaggi molto aderenti ai prototipi originali e che assomiglia a un episodio allungato della serie, sostituendone l'innocenza cheap con lo sfarzo produttivo. Il tutto all'interno di un plot che racconta la formazione del team nell'incipit fumettoso e funge contemporaneamente da prequel sul piano narrativo e ipotetico sequel sul piano temporale, con i reduci del Vietnam diventati reduci della Guerra del Golfo costretti a fare il lavoro sporco nell'attuale guerra in Medio Oriente.