Recensione Mona Lisa Smile (2003)

Mona Lisa Smile non è propriamente un film brutto, piuttosto è anonimo, noioso ed eccessivamente convenzionale. Una pellicola priva di sbavature, ma anche priva di qualsiasi sussulto.

L' anticonformismo che si fa retorica

Mona Lisa Smile non è propriamente un film brutto, piuttosto è anonimo, noioso ed eccessivamente convenzionale. Una pellicola priva di sbavature, ma anche priva di qualsiasi sussulto. L'idea di base di certo non spicca per originalità: l'inserimento di un'insegnante dalle idee progressiste in un contesto conformista e bacchettone come l'America borghese degli anni '50, non può non riportare alla mente il celebre L'attimo fuggente, che sebbene vittima dello stesso manicheismo sottostante, si fregiava di una realizzazione più convincente e soprattutto di un'interpretazione di ben altro livello.

Non me ne vogliano i fanatici di Julia Roberts, ma l'amata attrice con gli occhi da cerbiatto, per quanto si sforzi di utilizzare il registro il più sobrio possibile, è francamente poco convincente (qualcuno parla di Oscar per lei e sarebbe demenziale) e la sua recitazione troppo sovente appiattisce un film già strutturalmente portato alla banalità e alla caricatura di personaggi e situazioni. Altro riferimento evidente nel modo di presentare l'istituzione scolastica americana è Profumo di donna, (nella retorica parte conclusiva) ed anche in questo caso, il paragone interpretativo con un Al Pacino, sopra le righe quanto si vuole, ma irresistibilmente trascinante è piuttosto nefasto.

Ma veniamo alla regia: vero e proprio anello debole del film ed inaspettata delusione. Se il nome dell'ottimo Mike Newell avrebbe dovuto rappresentare (almeno per il sottoscritto) un elemento di riequilibrio qualitativo per un film come detto carente sotto altri aspetti, è incredibile notare quanto l'autore di quel piccolo gioiello che fu Donnie Brasco si sia totalmente asservito ad una regia anonima, scolastica e a tratti perfino annoiata. Il film non prende mai, ma proprio mai, quota, non ha ritmo e tutto questo a dispetto degli impropri 65 milioni di dollari richiesti per la lavorazione (ennesima riprova come spesso le idee contino più dei bugdet). La camera segue pedissequamente le ripetitive situazioni, non prende mai un punto di vista forte e sembra non avere neanche quella necessaria urgenza di filmare con suggestione l'eroina del film (a questo proposito Newell forse avrebbe dovuto ispirarsi al serrato senso di pedinamento che caratterizza la regia di Soderbergh per Erin Brockovich, con la stessa Julia Roberts).

In definitiva un film poco consigliabile, se non ai fanatici della Roberts o della tipica storiella americana colma di retorica e di finta profondità. In ogni caso, nel marasma natalizio, non avrà poche difficoltà ad affermarsi, anche per un'esagerata mancanza di spunti comici, che avrebbero senz'altro alleggerito un film che difficilmente indurrà qualcuno a dimenticare di gettare un occhio sulle le lancette del proprio orologio.