Ken Loach e Paul Laverty, una coppia inossidabile. Il Locarno Film Festival ha accolto a braccia a aperte il grande regista inglese e il suo fedele compagno di lavoro da trent'anni con un'ovazione di fronte a una Piazza Grande ricolma all'inverosimile per celebrare The Old Oak, il nuovo film militante della coppia in arrivo nei cinema in autunno con Lucky Red. A 87 anni, Loach ha fatto presente già da tempo l'intenzione di voler smettere. A Locarno ha ribadito che The Old Oak sarà il suo ultimo film di grandi dimensioni per poi cedere alla nostalgia e ammettere che magari potrebbe dedicarsi a qualcosa di più piccolo, magari documentari, riaccendendo così la speranza nei fan.
A fianco del regista è sempre presente Paul Laverty, perno del suo lavoro con le sue sceneggiature militanti. "Paul e io collaboriamo da 30 anni" esordisce Ken Loach. "Lui sta in Scozia e io in Inghilterra. Ogni giorno parliamo di calcio, politica, delle nostre famiglie. Quando creiamo un film ci accordiamo sui temi da trattare, poi Paul crea un paio di personaggi, li cala nella situazione e vediamo se funziona. Dopo che ha scritto una prima versione dello script ne parliamo a lungo e ci assicuriamo di trovare i soldi insieme alla produttrice. Solo dopo partiamo col progetto perché non c'è niente di peggio che coinvolgere le persone e poi dir loro che non se ne fa di niente. Inoltre vogliamo avere la possibilità di scegliere gli attori che vogliamo noi e non nomi famosi imposti dall'alto".
La speranza è politica
Per The Old Oak, Ken Loach è tornato nell'Inghilterra mineraria del nord, regione semi-spopolata dopo la chiusura delle miniere che, per via del crollo dei prezzi delle case, ha visto l'arrivo di tante famiglie di profughi siriani. "La speranza è politica. Se hai speranza credi nel cambiamento e nell'azione collettiva. Se non hai speranza e ti lasci prendere dalla disperazione, quello è il momento in cui le destre avanzeranno facendo leva sulla disperazione" spiega il regista, esplicitando il messaggio contenuto nel film. "Così funziona il mondo. Se dai la colpa allo straniero, sposti l'attenzione dalla vera origine dei problemi che sono i governi".
Come rivela la nostra recensione di The Old Oak, il film rievoca lo storico sciopero del minatori inglesi con una serie di scatti d'epoca e in un emozionante finale collettivo che coinvolge britannici e immigrati siriani. Oggi come ieri, un altro sciopero per i diritti dei lavoratori, stavolta attori e sceneggiatori, infiamma Hollywood. "Noi sosteniamo lo sciopero, non attraversiamo i picchetti" esclama Loach. "Gli studios di Hollywood hanno il potere perché hanno i soldi e faranno sempre i film che vogliono. E i film che faranno sono quelli che li faranno guadagnare. La lotta verte anche su questo, sulla libertà degli autori di scrivere ciò che vogliono e ciò che sentono. Con le piattaforme streaming il processo è peggiorato perché hanno standardizzato l'aspetto industriale del processo creativo".
Sullo sciopero interviene Paul Laverty: "A Locarno centinaia di persone si riuniscono davanti a un enorme schermo per godere del cinema invece di guardarlo da solo al PC o sul telefonino. Questo mondo va protetto perché questo meraviglioso rito collettivo è sotto attacco. Riguardo allo sciopero, il pensiero principale delle corporazioni è come fare soldi. Nessuno sa quali saranno le conseguenze dell'uso dell'intelligenza artificiale, è affascinante scoprirlo, ma questa ricerca è stata privatizzata per monetizzarla e trarne una fortuna. Oggi mi ha intervistato un reporter di Canal+ che faceva le domande, riprendeva e registrava il suono. Tre figure professionali in una mentre il proprietario dell'emittente guadagna miliardi. Lo sciopero combatte proprio queste realtà".
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L'arte deve essere sovversiva
Pur ribadendo a più riprese la necessità di proseguire la lotta e tener viva la speranza, Ken Loach ha confezionato come suo "ultimo" film una pellicola amara che riflette sul dolore, sulla perdita e sulla morte. "La nostra società oggi è frammentata" ammette sconsolato il regista. "Di fronte a temi urgenti come la lotta all'inquinamento e alle ingiustizie sociali siamo divisi, abbiamo perso il senso delle relazioni, del prendersi cura gli uni degli altri. La ferocia e rapacità ci ha portato a questa situazione. L'arte dovrebbe essere sovversiva, ma quando è finanziata dalle corporation o dalle banche non può essere libera".
Visto il coraggio mostrato non solo nelle sue opere, ma anche nelle sue dichiarazioni, non resta che chiedere a Ken Loach se c'è qualcuno che, dopo il suo ritiro, porterà avanti la sua eredità di cinema impegnato e politico. Il regista non è troppo ottimista: "Ho incontrato molti giovani di talento, ma trovare l'occasione giusta è difficile. Quando ero giovane questo mondo era più aperto e io ho avuto delle opportunità che oggi non ci sono più. La BBC è un braccio dello stato. Negli anni '60, con l'economia stabile, era tollerante, ma oggi è molto più chiusa e controllata, gli streamer non sono interessati al tipo di cinema che faccio io, gli investitori indipendenti hanno pochi soldi. Un esordiente che vuole fare cinema politico ha tutte le porte chiuse".