Quando guardiamo all'impatto culturale di Jurassic Park nella cinematografia, presa in considerazione come processo evolutivo ininterrotto ma anche come mezzo, è facile rendersi conto di quanti pochi casi simili siano esistiti prima e dopo la sua realizzazione. Dell'opera di Michael Crichton, i quali diritti vennero acquistati prima della sua pubblicazione nel 1990, il film di culto girato da Steven Spielberg riprende quasi del tutto fedelmente la storia concedendosi diverse licenze sul destino dei personaggi e sulle loro traiettorie evolutive all'interno del film, ma anche un ribaltamento anagrafico delle età dei due bambini (nel romanzo, il maggiore dei due fratelli è Timothy e non Alexis) e un finale diverso. Fra una modifica e una rilettura, pensate per la fase di adattamento dal cartaceo al grande schermo, il Jurassic Park di Spielberg è ancora oggi una delle opere cinematografiche più rivoluzionarie mai concepite e realizzate, nonché uno dei moniti più accorati e spettacolari sui pericoli che si annidano nell'incapacità umana di riuscire a dominare il progresso scientifico.
Jurassic Park e la rivoluzione del blockbuster
Nel 1975, attraverso quel lunghissimo e travagliato concepimento che risulta in Jaws, Steven Spielberg aveva ideato da zero il concetto di blockbuster estivo, in seguito emulato e reiterato nella formula già a partire dall'anno seguente. Compie la stessa operazione mediante Jurassic Park, che torna a credere nel grande investimento a distanza di anni da Star Wars ma lo fa su tutti i piani della realizzazione di un film, arrivando a concepire una precisa strategia di marketing mirata a far credere al pubblico che perdere l'evento cinematografico dell'estate del 1993 sarebbe stato, in sintesi, come perdere l'evento più rilevante dell'anno e di quel periodo specifico. L'urto di Jurassic Park sul sistema dei meccanismi promozionali dei film si avverte più che mai oggi ed è visibile nella ricezione di pubblico di ogni "film evento", categoria in cui è possibile inserire ogni prodotto Disney, o Marvel, destinato alla sala. La sensazione, tuttora, è che la visione di Jurassic Park prometta allo spettatore un giro in un parco a tema abbastanza speculare a quello compiuto dagli sfortunati protagonisti del film, ma che si risolve con il desiderio finale di volerne di più.
Il ritorno del monster movie
Se si prova a contestualizzare Jurassic Park è immediatamente visibile che appaia come un'anomalia nel panorama cinematografico dell'epoca. Persino nel suo inserirsi all'interno del filone dei monster movie, il film di Spielberg rappresenta un deciso punto di rottura con il passato e un momento di totale rinnovamento del genere. Nella decade precedente, dagli anni settanta agli anni ottanta, i mostri erano gradualmente divenute creature deputate prevalentemente all'horror, con qualche incursione nell'ambito fantascientifico, ma senza il risultato mutasse: da Gremlins a La cosa, da Predator al dittico Alien-Aliens (fondamentale, quest'ultimo, fra le maggiori influenze di Jurassic Park), l'essere mostruoso non è mai un'incontrollata e gigantesca furia divoratrice di città quanto, piuttosto, una minaccia a misura d'uomo in grado di riflettere le sue più ancestrali paure, siano esse collettive o individuali. Le eccezioni si contano su una mano e fra queste non potrebbe che comparire il King Kong del 1976, un azzardo che ottenne reazioni contrastanti e che si configurò solo come pallido spettro delle grandi glorie anni Trenta di casa RKO.
Proprio quando il classico monster movie sembrava chiuso in un cassetto della memoria, rimpiazzato da un cinema fantastico su minacce (di natura prevalentemente aliena, o demoniaca) che s'introducono silenziosamente nelle case degli uomini, ecco che_ Jurassic Park_ richiama i suoi protagonisti all'avventura: la squadra di esperti composta da Alan Grant, Ellie Sattler e Ian Malcolm deve intraprendere un viaggio alla maniera della troupe di Selznick che s'imbarca sull'Isola del Teschio, dove troverà il dio Kong, per scoprire che un piano tanto sconsiderato quanto allettante viene messo in piedi, lontano dalla civiltà (su quella Isla Nublar che, ormai lo sappiamo tutti, si trova a 120 miglia dalla Costa Rica), da InGen per riportare in vita i dinosauri. I dinosauri, non un mostro qualunque: la scelta è chiara sin dalle premesse ed è quella di porre l'uomo al corrente del suo peso reale nell'universo, che è più marginale di quanto non pensi. Spielberg, dunque, non sceglie di plasmare il suo ciclopico "orrore" a partire da una deformazione della natura bensì dall'apoteosi della stessa, senza modificarne nulla. Isla Nublar è un luogo fatto dall'uomo ma non per l'uomo, in cui il confronto fra due abitanti del mondo non può che risultare catastrofico solo per quello venuto dopo. E risulta catastrofico non soltanto per lui ma, più precisamente, a causa di lui: come se l'esistenza stessa dell'isola, proiezione delle ambizioni di onnipotenza e di un controllo impossibile, fosse un terribile errore di calcolo proprio perché concepito come habitat perfetto - il cui unico difetto è quello di essere una riserva, dunque limitato - di qualcun altro.
Jurassic Park: 10 cose che (forse) non sapete
Creatura contro creatore, natura contro uomo
Jurassic Park nasce da una riflessione sulle tecnologie di ingegneria genetica che popolavano la fantasia di autori come Michael Crichton, ex-medico e chirurgo già attento alle pericolose derive dell'industria farmaceutica (Coma) e al rapporto macchina-uomo (Westworld), esplorandone le connotazioni filosofiche e le implicazioni sul piano etico. I dinosauri di Crichton e di Spielberg sembrano la configurazione universale e compiuta, senza dubbio definitiva, di qualsiasi intimidazione fatta, o ancora da fare, dalla natura all'essere umano (oggi sarebbe quella del surriscaldamento). Tanto cinema, da Cloverfield al Godzilla di Emmerich (per poi finire a quello di Gareth Edwards, più recente), dai nuovi King Kong a The Mist, dalla trilogia reboot de Il pianeta delle scimmie a The Host, per finire ai vari Anaconda e Megalodon, tutto riparte da Jurassic Park e dal suo aver sapientemente innestato il prodotto mostruoso della natura al suo ambiente d'origine mediante una commistione brillante fra monster e disaster movie, ormai raramente scindibili. Jurassic Park ha, in sintesi, reso possibile che il blockbuster tornasse a meditare sul ruolo dell'uomo nel mondo, sulle sue effettive capacità di manipolazione dell'ambiente attorno a lui e di stare al passo con le sue scoperte scientifiche, che percepisce come traguardi da superare in una perpetua e allarmante lotta contro se stesso. Ed è il racconto eterno, archetipico, del gigante che calpesta la formica che vorrebbe domarlo, della creatura che si ribella al creatore e, soprattutto, della grande allucinazione collettiva di cui siamo vittime quando crediamo di poter controllare un mondo che può decidere di risucchiare i suoi abitanti nelle sue viscere quando e come preferisce.