"Ricordi la prima volta che hai visto un dinosauro?"
Sorridiamo leggendo la frase che accompagna l'uscita di Jurassic World - Il regno distrutto. Sorridiamo perché ricordiamo bene quel momento e la sola idea ci scalda il cuore. Abbiamo ancora negli occhi i passi placidi e possenti del primo brachiosauro che abbiamo visto, il suo sollevarsi sulle zampe posteriori per arrivare alle foglie più alte, il ricadere pesante al suolo. Nello sguardo sognante e stupito del dottor Grant e della dottoressa Sattler si specchia la nostra identica espressione che esplode in lacrime di gioia all'inquadratura successiva, a quella magnifica panoramica della valle in cui altri esemplari della stessa specie e dei parasaurolophus "si muovono in branco".
Era il 1993 (il 17 settembre per noi italiani, l'11 giugno in USA) quando Jurassic Park arrivava nelle sale e apriva le porte del parco di dinosauri immaginato di Michael Crichton e costruito da Steven Spielberg. 25 anni in cui ci è stato mostrato così tanto, tra dinosauri, draghi, alieni e creature di ogni tipo, da inaridire la nostra capacità di stupirci e emozionarci. 25 anni in cui il mondo e il cinema sono cambiati al punto che ripetere quella stessa magia sarebbe impossibile.
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La rivoluzione digitale
Oltre al suo potenziale immaginifico e la capacità di accoglierci, letteralmente con l'emozionata battuta di John Hammond _"Benvenuti a Jurassic Park!", nel mondo della storia di Crichton, la scena citata in apertura è di importanza fondamentale, segna l'ingresso in pompa magna della CGI in produzioni ad alto budget e nell'immaginario collettivo. Un punto di non ritorno per gli effetti visivi dei film, una svolta epocale che in pochi all'epoca potevano immaginare.
All'apparizione di quel primo brachiosauro, nel film di Spielberg seguono altre importanti sequenze che non sarebbe stato possibile realizzare senza quella nuova tecnologia, come la fuga in massa dei Gallimimus e lo scontro finale tra i Raptor e il T-Rex. Immagini che oggi possiamo dare per scontate, ma che allo sguardo vergine di digitale del 1993 apparivano rivoluzionarie.
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Dinosauri veri
L'intuizione di Spielberg però non si ferma qui: il regista di E.T. L'Extraterrestre e Lo squalo capì che da sole non sarebbero bastate a ottenere la giusta dose di realismo e ordinò allo studio dell'esperto Stan Winston di realizzare anche dei modelli animatronic dei dinosauri. Il risultato è evidente e la complessa sequenza con il Tirannosauro che attacca le auto in cui i protagonisti sono rifugiati non sarebbe la stessa; così come il toccante momento tra il dottor Grant e il Triceratopo malato non avrebbe avuto lo stesso impatto. Senza contare che non avremmo avuto la famigerata foto di Spielberg cacciatore di Triceratopi che ha impazzato per il web qualche anno fa.
Il realismo dei dinosauri di Jurassic Park non si limita alla loro solidità scenica, alla presenza fisica nell'interazione con i protagonisti umani in alcuni momenti chiave del film, ma anche nel tentativo di tratteggiarli, almeno in parte e per quanto riguarda alcune specie ed alcuni segmenti del film, come animali reali e non semplici villain di un Monster Movie (ruolo riservato da Spielberg quasi esclusivamente ai raptor). Il T-Rex che assedia le auto non è un mostro fuori controllo, ma un animale incuriosito da qualcosa che non conosce, che arriva anche a esitare per un attimo quando morde la ruota del veicolo ribaltato. Un dettaglio non insignificante e una lezione che nei film successivi è stata disimparata, arrivando al giocare a carte scoperte di Bayona che in Jusassic World: Il regno distrutto ha imbastito un film dal taglio decisamente più horror.
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Una gita al parco
L'adattamento di Jurassic Park curato da Steven Spielberg mise i dinosauri al centro del film, ripulendo la complessa trama del romanzo di Michael Crichton focalizzandosi su alcuni momenti iconici, rinunciando ad alcuni eccessi di violenza e realizzando quel che è l'equivalente di un grande, ricco ed entusiasmante rollercoaster. L'equivalente cinematografico di una gita in un parco tematico. Poco importano semplificazioni e scorciatoie, mancanze dello script nello spiegare e completare alcuni dettagli che introduce: 25 anni fa il regista americano prese per mano i suoi spettatori e li condusse in un'esperienza unica e senza respiro.
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Un'avventura da conservare nel cuore e nella memoria, in tempi in cui i social erano ancora nel lontano futuro e non si poteva vivisezionare e ripercorrere ogni istante e ogni immagine una volta terminata la magia della sala. Un viaggio nella meraviglia che nel mondo iperconnesso e sovraesposto di oggi appare irripetibile.