Janis: luci e ombre di un'icona della musica

Fuori concorso a Venezia 72, il documentario di Amy Berg sa mettere in evidenza il contrasto tra il pubblico ed il privato dell'artista.

Tutti conoscono Janis Joplin. Come non potrebbero? È uno di quei nomi che automaticamente vengono in mente quando si pensa alla musica, ad un certo tipo di musica che spazia dal blues al rock. Succede anche a chi la musica la conosce poco, perché si tratta di una di quelle cantanti che hanno travalicato i confini del loro mondo per diventare simboli, icone, ma anche modelli artistici per chi viene dopo.

Janis: un'immagine del documentario dedicato a Janis Joplin pubblicata sul sito del Festival di Toronto
Janis: un'immagine del documentario dedicato a Janis Joplin pubblicata sul sito del Festival di Toronto

Eppure di alcuni personaggi ci si fa un'idea artefatta: proprio perché iconici, finiscono per incarnare un'idea astratta e monodimensionale. Di Janis Joplin, per esempio, resta la voce, la carica, la grande energia che aveva, e sapeva comunicare, quando in scena. Difficile, invece, avere un'idea a trecentosessanta gradi, riuscire a completare quell'immagine con dettagli e sfumature che possano renderla profonda, sfaccettata, quasi tridimensionale.

Nascita di un'artista

Jasin Joplin in una scena del documentario di Amy Berg
Jasin Joplin in una scena del documentario di Amy Berg

Ci pensa la regista Amy Berg con il suo Janis ad aiutarci in questo compito, a fornirci qualche dettaglio in più sulla Joplin donna prima che artista, tratteggiando la sua figura sin dall'infanzia con veloci pennellate che ci danno fin da subito un'idea del privato della persona che sarebbe diventata la popolare cantante. Tra le tante ne ricordiamo una, l'accenno alla sua partecipazione a un coro, da cui venne mandata via perché non seguiva le indicazioni, e il commento di un familiare che ricorda: "nessuno poteva dare indicazioni a Janis!" Una battuta apparentemente casuale, eppure così potente nel dipingere un aspetto così fondamentale di quella che sarebbe stata la carriera e la purtroppo breve vita della cantante.

Parola di Janis

Questa attenzione alla Janis donna prima che artista si completa con una importante intuizione della Berg, che inserisce nel suo documentario una serie di lettere private della Joplin, molte delle quali inedite, per enfatizzare un'altra parte della sua personalità, quella più fragile e insicura, che nei messaggi ai suoi cari viene fuori con impagabile tenerezza. Lette da un'altra esponente della scena musicale statunitense, Cat Power, le lettere di Janis Joplin sono il vero valore aggiunto del documentario, il gioiello di una collana solida e ben costruita che permette all'autrice del documentario di rappresentare quel meraviglioso contrasto tra la forza pubblica e la fragilità privata della cantante.

Come da copione

una foto di Janis Joplin
una foto di Janis Joplin

Qualcuno potrebbe obbiettare che il lavoro della Berg in Janis non brilla per originalità. È vero, la regista non va in profondità, non indaga alla ricerca di scandali o dettagli torbidi, ma si limita a dipingere una figura il più possibile completa dell'essere umano Janis (di qui l'uso del solo nome proprio come titolo del film, in modo non dissimile da Amy - The Girl Behind the Name che segue la drammatica esistenza della Winehouse). Una scelta che non ci sentiamo di condannare, perché ci sembra la più adeguata a raccontare una figura la cui morte è lontana quarantacinque anni.

La musica (non) protagonista

In linea con questa scelta narrativa anche lo spazio dato alla parte professionale della vita di Janis Joplin. Sia chiaro, la musica è presente per tutta la durata del lungometraggio e funge da metronomo di un'esistenza ad essa dedicata, ma i provini, le esibizioni, le riprese in studio si limita a estratti non integrali, frammenti che integrano il privato senza mai metterlo in secondo piano. Quella di Janis è stata una vita dedicata alla musica, ma pur sempre una vita con le sue debolezze e le sue sensibilità senza le quali l'artista non sarebbe stata così grande. Ed è fantastico poterlo ricordare ed apprezzare.

Movieplayer.it

3.5/5