Il paradiso probabilmente, la recensione: tutto il mondo è Palestina

La recensione de Il paradiso probabilmente: la nuova commedia umana di Elia Suleiman, come sempre ricca di metafore e suggestioni, che è anche grande cinema.

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It Must Be Heaven: una sequenza del film

Il regista palestinese Elia Suleiman ritorna al cinema, e a Cannes, dopo una pausa lunga dieci anni, e ci regala ancora una volta un film che è una poetica e agrodolce riflessione sul suo paese. Come vedremo in questa recensione de Il paradiso probabilmente le caratteristiche tipiche del suo cinema rimangono praticamente immutate, nonostante l'ambientazione si sposti parzialmente anche in grandi capitali internazionali quali Parigi o New York.

Una trama tra poesia e politica

Il paradiso probabilmente inizia e finisce a Nazareth, da dove il regista proviene, ma in fondo continua a parlare del conflitto israelo-palestinese per tutto il film, anche quando è lontano migliaia di chilometri dalla sua casa: l'idea di fondo della trama d'altronde è proprio quella di mostrare come il protagonista/regista non possa fare a meno che ritrovare un po' di Palestina ovunque vada. Un'idea semplice ma geniale, dall'alto valore simbolico, che riesce spesso a stupire anche per la rigorosa messa in scena.

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It Must Be Heaven: una scena del film

Come già per le precedenti opere, il nuovo film di Elia Suleiman di compone di una serie di vignette, quasi tutte mute, che vanno interpretate dallo spettatore: alcune sono più dirette - come il vicino che invade il giardino del regista per innaffiare, potare e poi fare i propri i frutti degli alberi, un evidente richiamo ad Israele - altre meno, ma di certo niente è inserito per caso.

Parigi, New York, Nazareth: il paradiso (terrestre) non esiste

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It Must Be Heaven: un momento del film

Elia Suleiman è spettatore silenzioso ma attento, in tutto il film pronuncia solo quattro parole e servono solo a ribadire la propria provenienza (e la reazione del tassista newyorchese alla scoperta di avere un vero palestinese nella propria auto vale il prezzo del biglietto). La sua comicità, spesso paragonata a quella del francese Jacques Tati, è l'essenza del film, ma in realtà è anche regista assai sofisticato e niente affatto banale.

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It Must Be Heaven: un'immagine del film

Come dimostrano i bellissimi tableaux vivants che è riuscito a realizzare, per esempio, nella trasferta a Parigi: approfittando della festa nazionale del 14 luglio, Suleiman trova una città completamente deserta e, proprio per questo, surreale. Una città le cui strade vuote sono attraversate da minacciosi carri armati o da poliziotti motorizzati e perfettamente coordinati, o in cui un uccellino bisognoso di aiuto viene accolto in casa e coccolato, per poi essere allontano in malo modo quando diventa troppo invadente. Divertentissima, ma anche molto significativa, la scena ambientata ai Giardini del Lussemburgo dove i parigini, incuranti del prossimo, pensano solo ad accaparrarsi una delle sedute del parco.

Con il passaggio a New York le metafore di Suleiman si fanno meno sottili, e la critica alla fin troppo libera circolazione delle armi è tanto divertente quanto feroce. Ma d'altronde nemmeno i produttori cinematografici tanto americani quanto francesi ne escono troppo bene: la critica che viene fatta nel film a Suleiman da uno di questi, ovvero di scrivere e realizzare film troppo universali e troppo poco inseriti nel conflitto israelo-palestinese è surreale, ma probabilmente terribilmente vera. Con questo film il regista dimostra chiaramente che invece la Palestina è ovunque e in fondo, nonostante tutto, non è poi tanto male.

Conclusioni

Nel concludere questa nostra recensione di It Must Be Heaven non possiamo che ammettere che avevamo sentito la mancanza del cinema di Elia Suleiman, della sua comicità, della sua poesia e della sua visione del suo paese e del mondo. Un film che, proprio come il viaggiare, apre la mente e fa riflettere.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • Alcune scene sono splendide da un punto di vista visivo, ma anche ricche di significato e poesia.
  • La comicità leggera ma graffiante di Suleiman è rimasta intatta in questi dieci anni di pausa: alcuni momenti sono esilaranti e geniali.
  • La messa in scena è a tratti sorprendente, soprattutto per un film così autoriale e "piccolo".

Cosa non va

  • Come per i film precedenti, è un tipo di cinema sofisticato ed evidentemente non per tutti i palati.