L'ultima volta che abbiamo visto Danny Rand, ci siamo trovati di fronte a un personaggio quasi completamente diverso. Era la decima puntata nella seconda stagione di Luke Cage e Danny era più saggio e più spontaneo, meno presuntuoso e infantile. Forse questo cambiamento era dovuto alle disavventure che aveva passato nella miniserie The Defenders insieme a Luke e agli altri eroi Marvel di Netflix, magari c'entrava qualcosa il fatto che non fosse stato Scott Buck a scrivere le sue battute, tuttavia ci eravamo augurati tutti quanti di ritrovare quel Danny nella nuova stagione di Iron Fist. In parte siamo stati accontentati, anche se il personaggio interpretato da Finn Jones resta comunque il meno apprezzato dei Difensori, complice anche la nomea che si è fatto nel 2016 con la prima miniserie in tredici episodi.
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La prima stagione di Iron Fist era un prodotto mediocre a più livelli che peccava principalmente nel canovaccio inutilmente prolisso e complicato e nella coreografia delle scene d'azione, le quali avrebbero dovuto essere il fiore all'occhiello di una serie incentrata su un esperto di arti marziali, ma che invece apparivano sempre fiacche, banali e maldestramente riprese. Dopo l'ottimo esordio, il Marvel Cinematic Universe di Netflix ha faticato a distinguersi, e ha arrancato tra alti come The Punisher e bassi come la seconda stagione di Jessica Jones, perciò ci siamo avvicinati a questa seconda stagione di Iron Fist con un certo timore.
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Il sorprendente sviluppo della storia
Le prime puntate hanno rivelato subito diversi cambiamenti positivi, pur mantenendo un'andatura claudicante che non prometteva proprio benissimo. È tuttavia normale che nelle prime ore di una serie si passi il tempo a imbastire i rapporti tra i personaggi, specialmente se si è deciso praticamente di resettarli come ha fatto il nuovo showrunner, Raven Metzner, partendo da un presupposto largamente ignorato nelle stagioni susseguite a The Defenders: la scomparsa di Daredevil. Danny (Finn Jones) sembrerebbe essere l'unico eroe di New York ad aver incassato il colpo e così ha deciso di sostituire il Diavolo di Hell's Kitchen nella lotta al crimine con l'aiuto della sua ragazza, Colleen Wing (Jessica Henwick). Quel che Danny e Colleen non sanno, tuttavia, è che Davos (Sacha Dhawan) e Joy Meachum (Jessica Stroup) stanno tramando alle loro spalle: il primo vuole riprendersi il potere dell'Iron Fist che ritiene Danny abbia usurpato, mentre la seconda vuole vendicarsi per la morte del padre che aveva appena ritrovato, nonostante fosse un criminale, un feroce assassino e finanche uno zombi. La sottotrama di Joy è quella che in effetti ha meno senso nell'economia dell'intero intreccio: abbiamo avuto l'impressione che gli sceneggiatori non sapessero esattamente che pesci prendere col personaggio, volgendola al male, mentre si sono trovati perfettamente a loro agio col fratello Ward (Tom Pelphrey) che, a dirla tutta, si ritaglia i dialoghi più memorabili di questa stagione.
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Ward è tornato al fianco di Danny e ha ricostruito un rapporto fraterno che è un piacere guardare, mentre mantiene i suoi problemi personali separati dall'arco narrativo principale, pur restandone profondamente influenzato. Al cast principale fin qui descritto si uniscono una serie di comprimari interessanti. Simone Missick torna a vestire i panni della detective Misty Knight: la sua presenza fa da collante con le altre serie un po' come ha fatto finora quella di Claire Temple (Rosario Dawson) ma non è un semplice cammeo, dato che il personaggio ha un ruolo decisamente importante negli ultimi episodi della stagione. La brava e bella Alice Eve, invece, interpreta un personaggio nuovo di zecca, sul quale preferiamo esprimerci poco per non rovinarvi troppe sorprese: è infatti Mary Walker, un villain Marvel che affonda le sue radici nelle storie di Daredevil e degli X-Men. Una mutante dotata di poteri psionici nei fumetti, Mary è stata rimaneggiata quasi completamente, pur mantenendo alcuni punti di contatto cardine col suo alter ego cartaceo.
Il cast funziona e anche Finn Jones ci è sembrato più a suo agio nei panni di questa versione di Danny Rand che ancora non ha trovato il suo posto nel mondo e ha smesso di cianciare ogni cinque minuti di K'un Lun e del chi, vomitando proverbi zen a profusione. Jessica Henwick gli ruba continuamente la scena, tuttavia, tant'è che a un certo punto appare chiaro che è lei la vera protagonista di questa stagione di Iron Fist, nonostante tutto ruoti intorno al conflitto tra Danny e Davos. Quest'ultimo si è rivelato certamente un nemico temibile e inquietante, ma la performance di Dhawan sfortunatamente manca di quella gravitas che ha reso indimenticabile una nemesi come il Wilson Fisk di Vincent D'Onofrio nelle due stagioni di Daredevil. Dhawan si applica ma non si impegna, potremmo dire, e ciò rende le sue motivazioni e il suo conflitto interiore poco interessanti.
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Un miglioramento a tutto tondo
Superati i primi due o tre episodi, la seconda stagione di Iron Fist prende una piega inaspettata e compie il giro di boa precisamente a metà con un colpo di scena spiazzante e una seconda tranche di puntate decisamente imprevedibili. In effetti, Netflix e Marvel sembrerebbero aver incassato le critiche sulla lunghezza eccessiva delle varie stagioni che, eccezion fatta per The Defenders, finora hanno contato sempre tredici episodi, finendo col diluire troppo la narrazione. La seconda stagione di Iron Fist consiste perciò di dieci episodi soltanto: anche se negli ultimi due o tre si avverte qualche tempo morto, il ritmo resta sempre sufficientemente serrato e la sceneggiatura mantiene il focus sull'arco narrativo principale senza deragliare troppo nelle varie sottotrame, alle quali riserva i giusti spazi.
Merito anche delle coreografie nettamente migliori rispetto alla precedente stagione, i combattimenti a suon di arti marziali abbondano e stupiscono, pur non essendo particolarmente acrobatici, violenti o spettacolari come quelli ammirati nelle due stagioni di Daredevil. Se non altro, questa seconda stagione di Iron Fist sembrerebbe voler abbracciare un lato decisamente più mistico, esplorando la storia del potere brandito dai difensori di K'un Lun attraverso alcuni flashback e una serie di scoperte che potrebbero cambiare lo status quo dell'intera serie quando e se tornerà per una terza stagione tra un paio di anni. I minuti che chiudono il decimo episodio, Un duello d'acciaio, promettono davvero una rivoluzione coraggiosa e di una certa importanza: se gli showrunner decideranno di seguire questa strada, potremmo vederne davvero delle belle.
Movieplayer.it
3.0/5