Io sono Vera, la recensione: tra spiritualità e fantascienza, tutti abbiamo bisogno di un atto di fede

La recensione di Io sono Vera, dramma fantascientifico-metafisico di Beniamino Catena con Marta Gastini, Anita Caprioli, Paolo Pierobon e Davide Iacopini.

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Io sono Vera: Marta Gastini in una scena del film

Dramma, spiritualità, il fascino del deserto cileno e vaghe atmosfere new age animano l'opera di Beniamino Catena, come anticipa la nostra recensione di Io sono Vera. Nel film, che arriva in sala dopo il passaggio al Torino film Festival nel 2020, risuonano echi di filosofie, culture e sensibilità diverse. Uno stimolo per il pubblico, chiamato alla sospensione dell'incredulità e a conservare una mente aperta durante la visione visto che i temi trattati potrebbero suscitare un certo scetticismo negli spettatori più disincantati.

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Io sono Vera: un momento del film

Io sono Vera si apre con una ragazzina di 10 anni di nome Vera Melis che, sulla Riviera ligure, scompare improvvisamente durante un'escursione con l'insegnante e amico di famiglia Claudio. Nello stesso istante, all'altro capo del mondo, nel deserto di Atacama, in Cile, un uomo in arresto cardiaco riapre gli occhi all'improvviso. Due anni dopo, Vera ricompare nel giardino dei genitori, ma adesso ha le fattezze di una giovane donna. Ci vorrà un atto di fede da parte della coppia per riaccoglierla in casa e convincersi che quella è davvero la loro bambina.

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Io sono Vera: Davide Iacopini in una scena del film

Si dice che il battito d'ali di una farfalla possa creare un terremoto all'altro capo del mondo. Lo script di Io sono Vera è costruito su questo assunto, esplicando i legami invisibili tra due luoghi agli antipodi, la Liguria e il Deserto di Atacama, in Cile, uno dei luoghi migliori per l'osservazione degli astri che ospita numerosi osservatori astronomici, e tra due gruppi di personaggi. Luoghi magici così come magica è Vera Melis, la bambina/donna al centro della storia interpretata da Marta Gastini e, nella versione infantile, da Caterina Bussa D'Amico Montalto.

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Io sono Vera: una foto del film

Con le sue atmosfere new age e i simboli sparsi qua e là lungo tutta la pellicola, Io sono Vera si confronta con temi come la vita dopo la morte, la fede, la spiritualità, ma anche i legami familiari. Due sono i nuclei le cui esistenze entrano misteriosamente in contatto grazie a quello che possiamo definire un vero e proprio "miracolo", la famiglia di Vera Melis e quella composta da Elias e dalla figlia Clara. Dopo aver dovuto affrontare il dolore causato da una perdita misteriosa e immotivata, la coppia formata da Anita Caprioli e Paolo Pierobon vive un nuovo trauma costringendosi a credere che la giovane donna emaciata che si presenta nuda nel loro giardino sia la loro bambina. Un atto di fede che Anna Melis (Caprioli), donna di scienza visto che di lavoro fa il medico, sembra più propensa a condividere rispetto al più fragile e lacerato marito. Al duo si aggiunge il personaggio di Claudio, ottimamente interpretato da Davide Iacopini, sorta di padre putativo per Vera che è, inoltre, colui su cui è ricaduta la colpa della scomparsa visto che gli era stata affidata la bambina. E sarà proprio Davide l'anello di congiunzione con l'altra famiglia disfunzionale, che vive agli antipodi, quella composta da Elias (uno stropicciato Marcelo Alonso) e dalla figlia Clara (Manuela Martelli).

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Connessioni misteriose tra la Liguria e il Cile

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Io sono Vera: Marta Gastini in una scena

Road movie esistenziale, Io sono Vera oscilla si candida a rappresentare la via italiana al dramma fantascientifico con venature esistenziali tradendo, inoltre, la propensione del regista Beniamino Catena verso uno sguardo documentaristico che si concretizza soprattutto nelle riprese del deserto cileno. La fascinazione totalizzante del cineasta per la dimensione spirituale dei luoghi, che accomuna Io sono Vera a un'altra opera recente, Valley of the Gods di Lech Majewski, rende il paesaggio desertico cileno, ma anche le rocce a picco sul mare liguri, uno dei protagonisti della vicenda.

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Io sono Vera: Manuela Martelli in una scena del film

Il fascino che trapela dalla dimensione misteriosa, la cura formale e le musiche d'atmosfera firmate dai Marlene Kuntz, uniti all'impegno del cast, rappresentano i punti di forza di Io sono Vera, film che "osa" concedendosi qualche libertà di troppo nella struttura. La scelta di esplicitare solo a film avanzato i legami tra i personaggi è un atto di coraggio che, però, penalizza la comprensione degli spettatori meno pazienti. Alla parte italiana della storia, più rapida e ritmata, corrisponde una dimensione più riflessiva e meditativa in quella cilena, in cui Catena si concede lunghe digressioni evocando perfino le pratiche sciamaniche sudamericane. Quanto alla ricomparsa di Vera adulta, rappresenta il fulcro del film, ma anche la scelta narrativa più difficile da mandar giù per i personaggi, il cast e lo stesso spettatore, a livello di credibilità. L'entusiasmo contagioso di Beniamino Catena permea il suo lavoro spingendolo a osare fino a incappare in qualche ingenuità di troppo, ma questo non gli impedisce di lanciare il suo messaggio al pubblico: "Non smettete mai di credere".

Conclusioni

Road movie esistenziale, la nostra recensione di Io sono vera oscilla lo candida a proporsi come via italiana al dramma fantascientifico con venature esistenziali, non senza una spiccata propensione del regista Beniamino Catena verso uno sguardo documentaristico nei confronti di luoghi e paesaggi. Azzardato, ma suggestivo.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Il regista affronta con coraggio temi delicati come la fede, il sincretismo, la spiritualità.
  • I paesaggi liguri e cileni sono fotografati con grande maestria.
  • Le interpretazioni sentite del cast.

Cosa non va

  • L'adesione fiduciosa a questa visione spiritualista porta con sé qualche ingenuità.
  • La struttura del film, spesso lenta e oscura, mette alla prova lo spettatore più impaziente.