Un terzo film, un nuovo passo di un cammino che sta portando Donato Carrisi dall'essere un affermato e riconosciuto scrittore italiano a un altrettanto celebrato regista. Dopo La ragazza della nebbia e L'uomo del labirinto, infatti, l'autore ha lavorato all'adattamento dell'ultimo in ordine cronologico dei suoi romanzi, Io sono l'abisso (pubblicato a inizio dello scorso anno), provando a fare un ulteriore passo in avanti nella propria consapevolezza autoriale. Il perché è semplice, poiché da una parte si tratta di un'opera sui generis, un thriller anomalo in cui il dramma e l'attenzione ai personaggi va a bilanciare la componente di tensione, dall'altra perché si è scelta una via più unica che rara per presentare il film, sia al pubblico che a noi della stampa: nessuna informazione sul cast, sugli interpreti dei tre protagonisti, nessuna intervista con loro e la richiesta, che ci sentiamo di condividere e assecondare, di non rivelarvi chi siano i nomi coinvolti in questo progetto. E vi invitiamo a recarvi in sala senza indagare oltre, fidandovi delle nostre parole: è una scelta giusta che aggiunge un ulteriore livello di lettura e immedesimazione alla storia.
La spazzatura non mente
Le persone dicono bugie, ingannano. La spazzatura no, la spazzatura non mente
Lo sa bene l'uomo che pulisce, uno dei tre protagonisti di Io sono l'abisso. Lo sa bene e ne approfitta, studiando quello che le persone gettano via per individuare le sue potenziali vittime, per cacciare. Perché è quello che fanno i serial killer, cacciano. E l'uomo che pulisce va a caccia di donne sole, disilluse, soprattutto bionde. Un uomo malvagio, un predatore, che però commette un errore: compie una buona azione, salva una ragazza che stava annegando nel lago, la ragazzina col ciuffo viola, la porta in salvo, la rianima. E poi scappa. Fugge via perché non è quello che lui è abituato a fare, perché è di quelli che scrutano dall'ombra, di nascosto, per poi colpire non visto. Lo intuisce il terzo personaggio della storia, la cacciatrice di mosche, una donna ferita, dal passato tragico, che ha scelto di dedicare la propria vita ad aiutare donne in difficoltà, che subiscono violenze e non sanno come venirne fuori, ma che viene considerata dalla gente del posto come una pazza. Si tratta di tre anime ferite, in modo diverso. Tre storie che si sfiorano, in procinto di incontrarsi.
Il male è un cerchio
Non sono buoni i personaggi di Io sono l'abisso, ma neanche cattivi. Non in senso assoluto, almeno. Si muovono in una zona grigia e malata, realistica nel suo essere così dolorosa e lacerata. Sono persone che hanno subito e che hanno reagito, in un modo o nell'altro, ai soprusi della vita. In tal senso Il male è un cerchio, un qualcosa che si ripropone inesorabile nella sua ciclicità, perché dal male nasce altro male in un susseguirsi di caosa/effetto difficile da spezzare. Eppure c'è quella sorpresa, quell'evento inatteso, dietro l'angolo: un serial killer che compie un atto di bene. Quell'atto che può arrivare a far vacillare l'inevitabilità del male, a spezzare quel cerchio a cui abbiamo accennato, anche solo per un attimo o per qualcuno. E funziona la riflessione di Carrisi in un film che dimostra una maggior consapevolezza dei propri mezzi e della propria cifra stilistica in un contesto diverso da quello in cui si era imposto inizialmente, quello cartaceo che l'ha reso uno degli scrittori di thriller più noti e apprezzati d'Italia.
Donato Carrisi e La ragazza nella nebbia: "Tutti possiamo diventare dei mostri"
L'acqua che nasconde i segreti
Tutto perfetto? No, c'è qualcosa che funziona meno, qualche forzatura nei dialoghi e nel parlato che nella traduzione su schermo hanno una resa inferiore rispetto a quella cartacea, ma resta la sensazione di un Donato Carrisi regista che ha terminato la fase di elaborazione di una sua personale impronta nella costruzione della messa in scena e del racconto cinematografico. Una costruzione che in Io sono l'abisso ha la forma liquida dell'acqua, vero filo conduttore del racconto e della sua rappresentazione: la piscina, il lago e poi la pioggia sono tre momenti chiave del suo film, tre diverse incarnazioni di questo elemento naturale che al quale il regista si affida, tematicamente e visivamente, per rendere coerente e compiuto il proprio lavoro. All'acqua sono legati tre aspetti e momenti chiave del film, che si muove con passo doloroso e sofferto attorno e al di sotto delle vite di questi tre protagonisti, tra segreti e ferite ma anche tra thriller e dramma, in un ibrido di generi che riesce a esplorare i personaggi senza rinunciare a una sottile e duratura tensione.
Conclusioni
Non c’è bene e non c’è male nel terzo film di Donato Carrisi che vi abbiamo raccontato nella recensione di Io sono l’abisso. Ma nemmeno un genere preciso e ben definito, in un ibrido tra dramma e thriller che riesce a raccontare il dolore dei tre protagonisti senza rinunciare a trasmettere tensione allo spettatore. C’è qualche forzatura in dialoghi che soffrono nella traduzione dalla carta allo schermo, ma la prova dei tre interpreti riesce a comunicare la sofferenza dei rispettivi personaggi, facendo empatizzare lo spettatore con loro. Anche con il serial killer, il mostro, ed è la scommessa vinta dell’autore.
Perché ci piace
- La maggior consapevolezza raggiunta da Donato Carrisi nel passaggio da scrittore a regista.
- La riflessione sul male e la sua inevitabile ciclicità.
- L’acqua come filo conduttore tematico, narrativo e visivo.
- La scelta, che apprezziamo, di mantenere il riserbo sugli interpreti del film, che affascina e incuriosisce…
Cosa non va
- … ma può anche spiazzare lo spettatore.
- Ci è sembrato di cogliere delle forzature nel passaggio di alcuni dialoghi dalla carta allo schermo.