Io, noi e Gaber, Riccardo Milani: "C’è molto bisogno di Gaber oggi"

Il documentario Io, noi e Gaber, scritto e diretto da Riccardo Milani, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma e sarà disponibile nelle sale cinematografiche il 6, 7 e 8 novembre; Riccardo Milani, Dalia Gabescik e Paolo Del Bon ci hanno parlato della modernità del suo messaggio.

Io, noi e Gaber, Riccardo Milani: 'C’è molto bisogno di Gaber oggi'

A 23 anni, Giorgio Gaber conduceva in tv, in prima serata, uno spettacolo di grande successo, Canzoniere minimo. Erano gli anni Sessanta. Alla fine di quel decennio, sentì che la tv non faceva più per lui, e decise di andare a fare altro. È una delle tante cose interessanti che veniamo a conoscere guardando il documentario Io, noi e Gaber, scritto e diretto da Riccardo Milani, che è stato presentato domenica 22 ottobre in proiezione speciale alla diciottesima Festa del Cinema di Roma.

Giorgio Gaber 1969

Io, noi e Gaber sarà disponibile nelle sale cinematografiche il 6, 7 e 8 novembre, distribuito da Lucky Red. Assistendo a quel momento, a quella scelta, viene da pensare molto ai nostri tempi, a chi, oggi, farebbe una scelta simile. Giorgio Gaber utilizzava la tv come un mezzo e non come un fine: capito che il mezzo non era più adatto, fece altre scelte (dando vita un nuovo genere, il teatro-canzone). Oggi si dà per scontato che la tv sia un fine. E invece oggi ci vorrebbe ancora qualcuno come Giorgio Gaber, qualcuno con il suo coraggio, con la sua lucidità. Con la forza di dire le cose come stanno. Si è parlato soprattutto di questo nella conferenza stampa di lancio del film all'Auditorium Parco della Musica.

"Gaber aveva il coraggio di dire le cose anche quando erano scomode"

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Un'intensa immagine di Giorgio Gaber che vediamo nel film Io, noi e Gaber

Viene spontaneo chiedere a Riccardo Milani il perché di questo documentario su Giorgio Gaber. "È stato un uomo importante per la mia formazione" risponde il regista. "Sono nato nel 1958, ero un bambino quando cantava quelle canzoni leggere. Poi sono cresciuto e lui è diventato un altro, un uomo di teatro, che ci ha detto cose importanti. Sono stati anni importanti per il nostro Paese, che viveva sogni e realtà terribili. Sono stati anni fondamentali anche grazie al pensiero di Giorgio Gaber". "Ho sempre apprezzato il coraggio che ti fa dire le cose anche quando sono scomode" continua. "Rivivendo adesso il suo percorso, colpisce il coraggio di fare delle scelte: da conduttore televisivo arrivare a dire 'basta faccio altro', ad avere un seguito e a dire cose importanti. Ha parlato a un movimento e ha detto cose dure, scomode. La libertà di pensiero che ho imparato da lui è stata una cosa che ha caratterizzato tutta la mia vita". "È stata una grandissima emozione" interviene Dalia Gaberscik, la figlia di Giorgio Gaber. "Quello che mi colpisce è la qualità del racconto che ha realizzato Riccardo. E anche l'approccio, che non è scontato. Quando per il 20esimo anniversario della scomparsa di Giorgio Gaber abbiamo pensato che ci dovesse essere un documento visivo, non pensavamo che sarebbe andata così bene. Si è creato un gruppo di lavoro attorno a Riccardo Milani che è la migliore mano nella quale poteva finire mio papà. È un progetto che a vent'anni dalla morte di mio padre mi sorprende e mi commuove".

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"Verso Gaber c'è un senso di riconoscenza unico"

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Giorgio Gaber in un'immagine degli anni Sessanta

Guardando Io, noi e Gaber la riflessione che viene in mente più spesso è su quanto siano attuali le cose che diceva Gaber e quanto abbiano anticipato il futuro. "È la testimonianza di una grande arte" riflette Paolo Del Bon, Presidente della Fondazione Gaber. "Riteniamo che fosse un uomo molto consapevole. E una persona molto consapevole ha molta più facilità a dire cose molto scomode. Ha sempre fatto un grandissimo lavoro soprattutto su se stesso. Non è sorprendente che in 20 anni di Fondazione Gaber tanti artisti siano venuti a rendergli omaggio nelle manifestazioni che abbiamo fatto". "Sono tanti gli artisti nel film, sono tutti stati molto generosi" interviene Dalia Gaberscik. "Si sono tutti approcciati con quel modo autentico e generoso. C'è questo senso di riconoscenza che è un unicum in questo panorama". Ed è così perché Giorgio Gaber era un artista unico.

"Gaber aveva la capacità di guardare avanti"

Gaber in uno dei suoi spettacoli teatrali
Giorgio Gaber in una delle sue colorite espressioni durante uno spettacolo teatrale

Quello che traspare dal film è che le parole di Giorgio Gaber ascoltate oggi sono ancora causa di disagio, di imbarazzo, hanno la stessa forza di allora. Ci sono persone che si sentono in dovere di riflettere sulle cose che diceva. Guardate Pierluigi Bersani e come ragiona sul concetto che la loro generazione ha fallito. È come se quelle cose riguardassero il nostro futuro più che il nostro presente. "Il futuro è arrivato" ragiona Riccardo Milani. "Gaber aveva la capacità di guardare avanti. Io sono stato uno dei Polli d'allevamento, uno a cui ha detto Quando è moda è moda. Lo ha detto a una generazione e lo potrebbe dire anche adesso. C'è molto bisogno di Gaber oggi, di quel coraggio, di quella lucidità". Il film sottolinea spesso il rapporto tra lui e Pasolini. "C'è una disperata continuità, una continuità nei fatti" dice Milani. "Gaber diceva che bisognava andare a scavare nelle parole di Pasolini, nel suo modo di vedere il mondo. Questo fa sì che Gaber sia un grande intellettuale, con la capacità di essere colto e popolare. Avere la qualità di parlare a tutti è fondamentale".

"Tutta l'attenzione che mi arrivava addosso mi dava fastidio"

Giorgio Gaber durante uno dei suoi spettacoli
Giorgio Gaber recitava con tutto il corpo, come racconta il documentario Io, noi e Gaber

In Io, noi e Gaber è molto interessante, e dolce, sentire la figlia Dalia quando racconta il disagio di essere accompagnata a scuola da due genitori molto popolari, molto in vista, con quella madre (Ombretta Colli) bellissima ed elegantissima. Quando è che Dalia ha fatto pace e ha iniziato a vederli con altri occhi? "Avevo un nome strano, un cognome con la k, Gaberscik, venivo accompagnata a scuola da due persone estremamente popolari" racconta. "Tutta l'attenzione che mi arrivava addosso mi dava fastidio. Andando avanti ho fatto un po' pace con questa cosa, con quelli che erano i miei genitori. Faccio il lavoro che faccio, mi occupo di comunicazione, per stare vicino a loro. E ho capito che questa visibilità indotta che avevo mi metteva più in luce. E come accade ai figli d'arte: se la luce evidenzia dei tratti positivi è una cosa buona, se evidenzia i tratti negativi penseranno che sei più stupido dei tuoi genitori".

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"Bisogna sapere dire di no"

Una immagine di Giorgio Gaber
Un intenso primo piano di Giorgio Gaber

E torniamo al discorso da cui siamo partiti. Viene davvero da chiedersi se oggi chi ha successo in tv avrebbe ancora il coraggio di mollare tutto e di fare qualcosa di diverso. Nelle nuove generazioni potrebbe esserci un comportamento analogo. "Me lo auguro" risponde Riccardo Milani. "Mi auguro che tutti, giovani o meno, abbiano il coraggio di dire no quando c'è bisogno di dirlo, al di là dei meccanismi inestricabili che sembra ti costringano. In realtà non ti costringe nessuno. Bisogna sapere dire di no. Probabilmente una volta c'era più libertà di fare certe scelte. Mi auguro che ci siano persone che abbiano il coraggio di dire le cose come stanno". "Gaber ha fatto un discorso molto interessante" interviene Del Bon. "A 23 anni conduceva il programma tv Canzoniere minimo e faceva tv di altissimo livello. Nel 1964 esegue con cinque chitarre Addio Lugano bella. Nel 1967, con Caterina Caselli, porta in tv due sconosciuti, Battiato e Guccini. Ma la tv si stava evolvendo in una direzione che non gli piaceva più. Ha sentito che non poteva andare avanti. Grazie a Mina e Jacques Brel ha scoperto il teatro, e ha capito che era un posto dove poteva stare bene".

"Lessi negli occhi di Gaber il dolore per la contestazione"

Sanremo 1961, Giorgio Gaber
Giorgio Gaber si esibisce al Festival di Sanremo nel 1961

Giorgio Gaber è raccontato con un preziosissimo materiale di repertorio, e con le testimonianze di un gruppo foltissimo di amici e fan di Gaber. Da Gianni Morandi a Gino e Michele, da Ricky Gianco e Mogol, da Gino e Michele a Jovanotti, da Claudio Bisio a Fabio Fazio, a Vincenzo Mollica, la moglie Ombretta Colli e tanti altri. "Le persone che ho incontrato sono molto diverse fra loro, ma tutte hanno fatto i conti con Gaber" racconta Milani. "È questa la linea che ho seguito e che farei nello stesso modo. Ho avuto contributi umani, professionali, etici, da persone molto diverse. In mezzo a un materiale di repertorio che ci ha dato molto". E poi c'è quell'episodio, in un periodo che viene accennato nel film, gli anni della contestazione. "Io ho visto fisicamente Gaber una sola volta nella mia vita, a margine di un concerto al Trianon di Roma, in teatro dove avvenivano grandi contestazioni" ricorda Riccardo Milani. "Lo vidi apparire dietro una tenda per capire cosa accadeva fuori. E lessi in quest'uomo il dolore nel vedere la contestazione, perché all'epoca lo si contestava molto. Ogni volta che penso a qualcuno che ha uno scatto di coraggio, penso a quell'uomo che spostava quella tenda cercando di capire cosa succedeva".

"Vorrei ascoltare la voce di Gaber adesso"

Ed è in un teatro, il Teatro Lirico Giorgio Gaber, che si consuma un sogno, l'incontro fisico tra tutti i personaggi intervenuti nel film, seduti in platea insieme ad assistere a uno show di Gaber, come se lo stessero vedendo dal vivo. "È un mio desiderio" racconta Milani. "Vorrei ascoltare la voce di Gaber adesso. Quella voce mi manca molto perché era uno stimolo continuo a guardare dentro di me. Era anche la voglia di far incontrare persone di diverse generazioni. Dire grazie a Gaber per le cose che ha scritto, ha detto, ha fatto".