Opera seconda per Ambra Principato che, attraverso il romanzo di formazione, continua a raccontare - o per meglio dire, indagare - la complessità dell'animo umano. Un film sul tempo, sul destino, sul confronto. Almeno secondo la regista stessa che, dirigendo Invisibili, prosegue idealmente la scia lasciata dal suo primo film, Hai mai avuto paura?, cambiando ben pochi elementi, per avanzarli verso un'altra epoca, un altro linguaggio e un'altra prospettiva.

Invisibili potrebbe essere definito uno young adult, in cui la riconoscibilità di certi elementi letterari - il tormento, soprattutto - sembra però essere più un confine che una traccia; un confine che non lascia passare l'imprevedibilità e quindi la sorpresa, di conseguenza l'estrema formalità registica - chiave stilistica che tuttavia rispettiamo - non aiuta, non scalda, non incide, standardizzando un genere secondo un metro che pare non accettare nessun tipo di compromesso, al netto delle necessità virtù di una produzione orgogliosamente artigianale.
Invisibili, uno young adult ambientato negli anni Ottanta

La storia è quella di Tommaso Berger, arrivato a Valbruna lasciando Milano e lasciando la madre, ricoverata in una clinica psichiatrica. Tommaso (Justin Korovkin) è il classico (solito?) tipo taciturno, schivo, inquieto. Uno che non ha nessuna voglia di apparire, né di parlare. Siamo sul finire degli anni Ottanta, fuori fa freddo, il cielo è livido, e le facce sono incupite. Sì, un corollario ben rodato, e spianato dalla fotografia di Davide Sondelli.

Il ragazzo, cappuccio in testa, appena arrivato nella nuova scuola incontra Sara (Zoe Nochi, probabilmente la cosa migliore di Invisibili), alle prese con un due bulletti che non le lasciano tregua. Ma Tommy incontra anche Elise Moser (Sara Ciocca), strana ragazza all'opposto: se Tommaso vuol passare inosservato, Elise è stanca di non essere vista da nessuno. Tra i due nasce un'amicizia, accompagnandosi a vicenda in un percorso di ritrovare consapevolezze.
Un cast "già visto" e una rigidità incolore
Se parlavamo di schemi e di confini ferrei, l'esempio arriva anche dal cast. Non discutiamo l'applicazione e il talento (che non mancano), anche se c'è un fuorviante e ripetitivo overacting, ma la scelta di scritturare Justin Korovkin e Sara Ciocca non aiuta. Il motivo è semplice: entrambi hanno già interpretato ruoli molto simili, e pure di recente. Sara Ciocca nell'ottimo Mimì - Il principe delle tenebre aveva un look avvicinabile a quello che sfoggia nel film della Principato, con i due personaggi che risultano anche abbastanza sovrapponibili. Citiamo pure il ruolo in Nina dei Lupi, che ha attinenze con la Elise Moser di Invisibili.
C'è poi Justin Korovkin, che pare destinato ad interpretare ragazzi "complessati" fin dall'esordio, Il nido, del 2019. Questo è un vecchio paletto del cinema italiano: se sei bravo in un determinato ruolo, sarai destinato a ripeterlo. Entrambi parti integranti di un percorso che ricuce il tempo, portandoli ad un'epifania finale che prova a compensare diversi accavallamenti non troppo centrati.

Un esempio e uno standard, quello del casting, che spiega il tono di un film che riprende innumerevoli archetipi, dal pianoforte alla musica classica fino agli inquietanti disegni (chiave del film), che abbiamo visto in decine di opere a loro volta derivative. Il punto, tuttavia, non è l'originalità di Invisibili (cosa è originale, oggi?), bensì l'approccio all'incubo e al tormento optato dalla regista: c'è una rigidità a tratti straniante e convenzionale, non c'è una variazione sul tema, non c'è quella sporcatura capace di trasmettere una certa naturalezza, e quindi un certo colore e uno sperato sussulto. Un colore propedeutico e magari invisibile, nascosto dietro una grigia cortina che, nel film, gioca un ruolo cruciale, affossando "il peso e la complessità della bellezza". Nota a margine, la colonna sonora dei Mokadelic: sempre e comunque una garanzia.
Conclusioni
Opera seconda di Ambra Principato, Invisibili è uno young adult con elementi letterari riconoscibili, ma la sua formalità registica, estremamente formale, limita l'imprevedibilità e la sorpresa. Questa impostazione rigida non riesce a scaldare o incidere, standardizzando il genere. Le scelte di casting non aiutano, essendoci una ripetitività degli interpreti già visti in ruoli simili. Nota positiva, le musiche dei Mokadelic.
Perché ci piace
- Le musiche dei Mokadelic.
- Zoe Nochi, giovane ma promettente.
Cosa non va
- L'estrema rigidità narrativa.
- Una regia formale, troppo.
- Alcuni elementi eccessivamente derivativi.
- Gli interpreti protagonisti hanno già interpretato ruoli simili.