Il primo film Lightless Productions, Watchful Eyes, ha ottenuto più di 10.000 euro attraverso la campagna Kickstarter, sulle orme di Babadook. La Lightless è una società di produzione italiana che si ispira a Blumhouse e A24 per concept e stile, pronta a far partire il set nei prossimi mesi. Per l'occasione abbiamo fatto una stimolante chiacchierata con Gianluca Lasaracina, che oltre ad essere il regista del film, insieme a Riccardo Silli e Gianmarco Picchi è tra i soci fondatori di Lightless Productions, neonata casa di produzione tutta italiana che guarda all'internazionale e al cinema di genere. La stessa Amorette Jones, la persona che ha lanciato The Blair Watch Project nel 1999 ha supportato il progetto fin dall'inizio e ha condiviso subito la sua gioia per il successo del crowdfunding. Ecco cosa ci ha raccontato nella nostra intervista.
Watchful Eyes, la trama
Nella sinossi ufficiale di Watchful Eyes Sebastian è un portiere d'albergo di mezza età che perde il lavoro. Disoccupato e depresso, coglie l'opportunità di risolvere tutti i suoi problemi economici grazie al migliore amico Amedeo che gli gira un'offerta di lavoro davvero allettante. L'uomo deve fare il custode di un'ala di un dormitorio universitario per una settimana e la retribuzione prevista è di cinquantamila euro. La struttura è isolata per ospitare e sorvegliare cinque studenti che sono gli unici testimoni oculari di un omicidio avvenuto poche settimane prima. Jayden è un cantante pop; Emma, un'appassionata di teorie del complotto; Oliver, un filmmaker talentuoso; Sofia, una disegnatrice esperta e Rebecca, fiera rappresentante della comunità LGBTQ+. Daniel è l'operatore che tiene tutto sotto controllo con una serie di telecamere piazzate all'interno del dormitorio per aiutare la Procura con le indagini. Ma ogni notte gli studenti scompaiono misteriosamente, uno per uno, come pedine di un gioco.
Puntare in alto
Avere Babadook, The Blair Witch Project, Blumhouse e A24 come modelli produttivi non è una cosa da niente, anzi è una vera e propria dichiarazione d'intenti che punta molto in alto: "Siamo convinti del progetto anche per i feedback che ci sono arrivati finora. Siamo impauriti anche noi, ovviamente, per restare in tema (ride), dopo aver deciso di mettere nero su bianco le informazioni sul film e su chi lo sostiene, un sacco di dati che di solito escono più tardi, durante o addirittura dopo il set. Dirlo ad alta voce è stata la scintilla che ha fatto scattare sia l'entusiasmo sia la paura. Chissà se lo nominavamo tre volte che succedeva" (ride).
Entrambe le case di produzione hanno unito blockbuster e cinema d'autore pur essendo nate come indipendenti. Forse è questa la strada produttiva nel mercato contemporaneo e in quello italiano in particolare, soprattutto per il cinema di genere? Ne è convinto Gianluca Lasaracina: "Questa è la nostra idea di linea editoriale, in fondo sono passati più di cent'anni dalla nascita della settima arte, è normale e fisiologico trovare nuove idee e non riciclarle anche solo in parte. Questo si nota soprattutto nella scelta dei nuovi contenuti che finiscono per essere remake, sequel dopo molti anni; storie vere e biografie e meno racconti di finzione". Continua poi: "Penso sia la formula giusta al momento mischiare autore e commerciale, non so per quanti anni durerà, probabilmente finché non torna un ciclo. Questo si vede dalle sale piene per C'è ancora un domani, ma anche per un blockbuster americano come Barbie. Possono co-esistere e sono due pellicole separate, forse può co-esistere anche un unico film con entrambe le variabili. Ci abbiamo provato già dieci anni fa col neo-neorealismo e c'era un doppio nel nome, forse un triplo risulterebbe eccessivo (ride). Forse serve piuttosto una nuova corrente, dovuta a un cambiamento sia a livello tecnologico sia di contesto storico. Come la moda e l'abbigliamento, un ciclo che ritorna".
Creare hype
Forse creare hype è un'altra strada produttiva da percorrere oggi. Gianluca Lasaracina e i suoi soci di Lightless hanno voluto farlo a cinque mesi dall'inizio delle riprese, ben prima del solito: un'arma a doppio taglio, perché poi bisogna mantenere quelle aspettative create. Si sono messi addosso la pressione da soli: "Abbiamo dovuto capire se questa scelta avrebbe portato più svantaggi o più vantaggi. Ovviamente lo svantaggio principale era alzare talmente tanto l'asticella che poi la resa non sarebbe stata all'altezza, il vantaggio era un lavoro di produzione associata e crowfunding. Vedendo le campagne in giro ci siamo resi conto che spesso il problema è chiedere un finanziamento con un'idea e basta, che in molti casi è normale. Noi siamo riusciti a creare un piccolo teaser trailer ad hoc. Volevamo dare credibilità agli investitori e ai sostenitori e prenderci il rischio di andare poi a rispettare quella credibilità. Abbiamo cercato di essere corretti nella comunicazione, dicendo da subito di che film si trattasse, un horror, e come verrà girato, con le riprese in soggettiva. Un linea editoriale che non facesse attendere Titanic ma un prodotto onesto a livello intellettuale". Un momento brainstorming con lavagna dei pro e dei contro, insomma.
Forse quella appena esposta è un'altra strada per promuovere adeguatamente il cinema di genere in Italia, di cui si continua a parlare ma che continua ad ottenere spesso casi isolati. Per farlo diventare un trend dobbiamo trattare le pellicole come blockbuster creando hype da molto prima attraverso i social, le campagne di crowfunding, qualche endorsement importante e così via. Come racconta Lasaracina: "La scena è stata girata appositamente per la campagna e per il teaser ma potrebbe rientrare anche nel film finito, dato che è in sceneggiatura. Ci siamo tenuti la doppia strada (ride), magari andrà leggermente modificata o ampliata. Anche qui per un discorso di credibilità e qualità. Spesso leggendo cifre piccole nel cinema come 10.000 euro che poi diventano 50-60.000, la gente può anche aspettarsi che venga girato con l'iPhone. Invece abbiamo voluto mettere un treppiedi con una telecamera di qualità, far vedere che c'era uno studio dietro".
Per quanto riguarda la comunicazione, Lasaracina e gli altri soci fondatori, Riccardo Silli e Gianmarco Picchi, sono cresciuti in quella realtà, sono partiti proprio dal marketing, è il loro background da quando avevano vent'anni: "Diciamo ancora oggi che siamo più esperti di comunicazione che di cinema ed è la verità, è dove ci riteniamo più bravi e quindi abbiamo spinto e spostato la nostra attenzione su quel fronte. Spesso viene fatta poca comunicazione perché dipende quasi sempre dalla distribuzione, noi non abbiamo questo ostacolo avendo fatto tutto in casa. Anche qui penso sia la strada giusta perché è qualcosa che troppo spesso manca nel progetto film, dalla sceneggiatura all'uscita in sala. È costoso a livello di tempo e di pensiero, oltre che economico ovviamente, ma avendo le competenze in casa, ci siamo detti 'perché non sfruttarle?'".
A cosa punta Lightless Productions?
Il logo Lightless sembra un po' quello Pixar in versione horror. "Tutto è partito da un brainstorming da marchettari (ride), iniziando dal nome, che arrivava al genere (quindi horror-thriller) e quindi il binomio luce/senza luce. Il discorso poi si è fatto un po' più ampio: pensare a delle storie che partono non avendo la possibilità di farsi notare ed essere viste. Dare spazio alla storia in generale perché parliamo pur sempre di cinema, per costruirci intorno tutto quello che c'è in un lavoro di produzione, non solo la trama che altrimenti non avrebbe visto luce, ma anche gli attori e il resto dei partecipanti al progetto. Anche per questo abbiamo scelto interpreti emergenti, abbiamo fatto scouting nei teatri e così via. Seguendo sempre la stessa filosofia. Non potevamo non utilizzare la lampadina e abbiamo dato sfogo alla nostra passione horror sulla parte grafica".
Mariasole Di Maio (Il Diario di Carmela) è l'unico membro del cast finora rivelato, nel ruolo della figlia del protagonista, e nella clip parla di una vita senza colori e del buio come prima paura che proviamo. Il film parlerà di tutte le sfumature di grigio nel mezzo? Ai posteri l'ardua sentenza, ma intanto nulla in questa produzione sembra una coincidenza: "Abbiamo due o tre nomi più conosciuti nel cast ma non c'è nessuna star perché non era questo il progetto che la richiedesse. È tutto studiato, mi state facendo fare spoiler di cose pensate mesi fa tra di noi tutti soddisfatti (ride). In realtà eravamo partiti con l'idea di un brand entertainment a livello di contenuto, un corto di finzione che rappresentasse il concetto Lightless, che non è detto che comunque non faremo in futuro, ma poi ci siamo buttati a capofitto sul lungometraggio, quindi abbiamo cercato di riportare quel concetto sul film, e anche su questa clip che vedete. A posteriori si potranno notare tutti gli intrecci disseminati. Una sorta di beta-film che rappresenta quasi tutti gli aspetti e che ci auguriamo diventi seriale, continuando la linea editoriale e non rimanendo un caso isolato!"
Tra sala e streaming
La diatriba tra sala e streaming non passa mai di moda ma chi deve ancora entrarci può avere un punto di vista esterno e "nuovo". Dice Gianluca Saracina: "Ci siamo fatti una timeline anche su quello, iniziando prima dai festival. Il set dovrebbe essere tra maggio e giugno, poi come tutti i progetti può slittare un po', c'è sempre un margine che bisogna considerare. In base a quello decideremo su quale festival puntare e faremo almeno un paio di mesi di anteprime festivaliere. Successivamente il film è pensato per l'uscita in sala, ancora non sappiamo con che tipo di accordo di distribuzione ma abbiamo già delle alternative tra cui scegliere, e infine andremo su una piattaforma streaming con cui abbiamo già chiuso un pre-accordo e che verrà ufficializzata alla fine delle riprese. Noi abbiamo sempre avuto in mente Natale 2024 come uscita, per poi arrivare allo streaming nel 2025, vedremo se riusciremo a farcela. Potremmo anche ambientarlo durante Natale, il set non è ancora aperto (ride), potremmo inserirci nel filone degli horror dedicati alle festività che sta andando molto. La sceneggiatura in fondo parte o comunque potrebbe partire proprio da lì".
Watchful Eyes, cosa aspettarsi dal film horror italiano
Watchful Eyes dalla sinossi sembra un Dieci piccoli indiani in versione horror: "Ce lo siamo detto molto spesso durante la sceneggiatura. È uscito fuori questo paragone che abbiamo cercato di utilizzare in parte. Raccontato come sinossi, che è ciò che si ha a disposizione al momento su internet, può funzionare. Se l'avessimo scritto in un altro modo, avrebbe fatto pensare ad altri riferimenti. Anche se poi in sceneggiatura siamo andati oltre". Sembra esserci anche la tematica della privacy e dei device che ci riprendono continuamente, che ci fanno stare sempre connessi. C'è addirittura un filmmaker tra i personaggi per parlare di meta-cinema: "È un film di genere ma tocca tematiche sociali. Anche il fatto che sia ambientato dentro un'università e che abbia nel cast per la maggior parte ragazzi giovani ci dice come inglobi proprio la Generazione Z. Io sono del '92."
L'orrore oggi
Il vero orrore oggi è più umano che soprannaturale, sembra dirci questo l'audiovisivo contemporaneo: "Penso che i film di genere che fanno più paura siano proprio quelli umani. A livello visivo il soprannaturale - come il sangue - può impressionare più o meno gli spettatori, ma poi a livello concettuale credo che ciò che rimanga loro più dentro è quello umano. Scappa - Get Out è proprio questo e ha vinto l'Oscar alla miglior sceneggiatura. Successi invece come Paranormal Activity e Insidious sono invece riconducibili secondo me al topos narrativo della casa. Il fattore casa è incredibilmente importante, soprattutto per un film come Paranormal fatto davvero con pochi soldi".
Dimmi che horror vedi e ti dirò chi sei. Dato che abbiamo parlato nella nostra intervista di sala vs streaming, quali sono gli ultimi film di genere visti da Gianluca Lasaracina per studiare la "concorrenza"? "The Nest - Il nido di Roberto De Feo mi è piaciuto parecchio, soprattutto per la costruzione del plot twist, anche perché il plot twist diviene il film in sé. Proprio come in A Classic Horror Story, tra l'altro. Anche qui una sola location, come il nostro film. Come titolo internazionale invece Five Nights at Freddy's della Blumhouse (dobbiamo pur fare i compiti, ride). Secondo me Jason Blum sta producendo molti contenuti negli ultimi anni ma non saprei dire se sono troppi, forse abbiamo quest'impressione da spettatori, me compreso, ma evidentemente un ritorno di investimento c'è. Si sono anche allargati ai giochi e ad altro, quindi la produzione indipendente nel 2000 a cui noi ci siamo ispirati è diventata big oramai! (ride). La pellicola in sé mi incuriosiva perché aveva un incipit simile al nostro, ovvero un ragazzo assunto come custode. Anche qui c'è una one location, pochi interpreti, anche se poi diventano due cose diverse".