Chiunque abbia partecipato allo scorso Festival di Cannes non avrà dimenticato l'effervescente discorso di ringraziamento di Houda Benyamina, la regista francese di origini marocchine che si è aggiudicata la Camera d'Or con il suo Divines. Il femminismo, le pari opportunità, la conoscenza. Sono queste le cause che ha sostenuto con la stessa passione con cui ha raccontato nel film la storia di Dounia (interpretata dalla sorella Oulaya Amamra), una teenager che vorrebbe riscattarsi da una condizione famigliare difficile e da un'ambiente, come quello dei ghetti parigini, dove sembra proibito sognare.
L'unica a credere in lei è l'amica di sempre Maimounia (Déborah Lukumuena) che con la sua dolcezza tenta di placare il suo carattere impetuoso. L'amore per un ragazzo con il sogno della danza sembra poter cambiare per sempre il suo destino ma Dounia viene messa ulteriormente alla prova e finisce per perdere l'unica cosa che per lei abbia mai contato davvero...
Disponibile dal 18 novembre su Netflix, Divines è apparentemente una versione de L'odio al femminile, singolare, molesto e struggente. Un film che ci rende partecipi della lotta contro un muro di cemento dei dimenticati tra i dimenticati, denunciando sia le responsabilità individuali che quelle collettive.
Quando ha ricevuto il premio a Cannes siamo rimasti tutti colpiti dalle sue parole. È stato puro istinto o era ben consapevole di dove si trovava?
Tutte e due le cose. Mi ha guidata l'istinto ma anche la necessità di dare voce a battaglie che porto avanti da una vita. Avevo sicuramente ragionato sulle parole da usare per ringraziare la mia equipe ma il seguito è stato dettato dall'importanza di quel momento.
La parola a Houda Benyamina
Che cos'è per lei il femminismo oggi?
In passato le donne hanno combattuto per ottenere dei diritti, oggi ci battiamo per il potere.
Quando è nata la collaborazione con Netflix?
Il team di Netflix mi ha dato fiducia dopo aver visto solo i primi 20 minuti del film. La reazione positiva al Festival di Cannes è stata senz'altro un incentivo e sono orgogliosa che il mio film venga reso disponibile in ben 130 paesi contemporaneamente. Una grande occasione per me come giovane cineasta ma anche per loro di diversificare i contenuti aggiungendo al loro catalogo un film d'autore ma dall'anima profondamente popolare come il mio. Ritengo che Netflix sia essenziale per la democratizzazione della cultura.
Guardando il suo film sembrano lampanti i riferimenti al cinema di Xavier Dolan, Laurent Cantet, Mathieu Kassovitz e Céline Sciamma. A chi si sente più vicina?
Seguo tutti loro ma ad avermi veramente influenzata sono stati Pier Paolo Pasolini, Martin Scorsese, Spike Lee, Ettore Scola, Luchino Visconti. Quello è il cinema che mi fa vibrare.
Il desiderio di affermazione
Divines è un film di denuncia ma anche molto intimo e personale. Che cos'è che una donna matura come lei sente di avere in comune con una teenager così irruente?
Sicuramente la sua rabbia, il bisogno di riconoscimento e il sentimento dell'amicizia. Ho avuto la fortuna di avere dei legami di amicizia molto forti nella vita che hanno determinato chi sono.
La rabbia nel suo film non appartiene solo all'età adolescenziale ma anche al contesto sociale in cui sono muovono le due protagoniste. Come si vive nelle banlieue di oggi?
Il problema di Dounia non è la rabbia ma il non sapere come filtrarla per tirarne fuori qualcosa di buono. Quel contesto e le politiche che vengono adottate dai nostri governi ci condizionano a tal punto da limitare i mezzi di espressione di persone del suo stesso rango sociale. Personalmente mi sento in balia di una costante lotta interiore tra ciò in cui credo, la creatività e i limiti che mi vengono imposti dall'esterno.
Dounia e la sua amica sono fin troppo mature per la loro età. Crede che siano realmente ciniche e disilluse dalla vita o è solo un modo per proteggersi?
Sono tutt'altro che disilluse. Non si sono arrese. Lottano per vivere con ferocia e ostinazione. Sono le loro condizioni famigliari, le tragedie di cui diventano vittime a trascinarle verso il baratro. Non mi interessava giudicare ma comprendere le loro scelte e come ogni essere umano determina il proprio cammino.
La verità della vita a ritmo di danza
Nel suo film il corpo ha un ruolo centrale. Non a caso Dounia si innamora di un ballerino. Come mai questa scelta?
La prima cosa che tutti gli esseri umani fanno è muoversi all'interno della pancia della propria madre. Quindi credo che la danza sia la prima forma di arte e in quanto tale la più sacra. Il movimento del corpo ci dice molto più delle parole, è più diretto, onesto e rivelatore.
Il suo modo di servirsi del romanticismo è piuttosto inusuale, specie trattandosi di adolescenti...
Detesto la vita quotidiana e la banalità che ci rende distanti da tutto e da tutti. Il romanticismo è ciò che ritengo più vicino alla sacralità perché rivela la vera essenza di ogni cosa, l'abilità di essere presenti in ogni momento della nostra vita. Il romanticismo include la grazia, la sensualità, la bellezza, la consapevolezza di se stessi e del mondo che ci circonda.