Inferno: Ron Howard si scopre visionario e confeziona un action mozzafiato

Se si accetta di sospendere l'incredulità, il film di Ron Howard risulta una pellicola godibile e spettacolare che permette al grande pubblico di godere dell'ennesima buona performance di Tom Hanks (ri)scoprendo le bellezze di Firenze.

Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones in un momento del film
Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones in un momento del film

Dopo l'altalenante Il Codice Da Vinci e il deludente Angeli e Demoni ci eravamo rassegnati a non aspettarci troppo dagli adattamenti letterari di Ron Howard. Il regista, forte di una carriera invidiabile davanti e dietro la macchina da presa, quando ha scelto di dirigere si è messo al servizio del mezzo distinguendosi più come buon mestierante che come autore tout court. Eclettico e duttile, l'ex Richie Cunningham di Happy Days ha accettato di dirigere pellicole molto diverse tra loro, ma unite da un comune denominatore: lo spettacolo. Sia nelle opere più ambiziose, come il biopic politico Frost/Nixon - Il duello/Nixon o lo struggente A Beautiful Mind, che in quelle più commerciali, Ron Howard ha sempre prestato attenzione al gusto del grande pubblico anteponendo l'emozione al rigore logico. Di conseguenza la critica lo ha bollato come autore puramente commerciale.

Inferno, terzo capitolo della saga di Robert Langdon, commerciale lo è senza dubbio alcuno. Dal budget imponente allo stratosferico battage pubblicitario che ha accompagnato l'uscita in sala, il denaro non è certo ciò di cui la produzione difetta. D'altronde Dan Brown è rapidamente diventato uno degli autori più letti in ogni parte del mondo e gli adattamenti delle sue opere non possono certo essere da meno. Ciò che però distingue il thriller di Ron Howard dai due precedenti capitoli è una componente di visionarietà a cui corrisponde un notevole sforzo sul piano stilistico per rendere con la massima efficacia l'idea alla base del progetto.

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Firenze: là dove tutto inizia e si conclude

Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones indagano in una foto del film
Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones indagano in una foto del film

Dopo un incipit mozzafiato, Inferno detta le regole della visione esplicitando fin da subito gli ingredienti che offrirà allo spettatore. Immagini distorte, dettagli disturbanti, esplosioni improvvise di violenza, ritmo forsennato, piani ravvicinati a simulare il punto di vista del protagonista, il professor Robert Langdon, meno affidabile del solito visto che stavolta lo ritroviamo privo di memoria e costretto in un letto d'ospedale di Firenze dopo un violento trauma cranico. E se fosse proprio Firenze l'ingrediente che mancava a Ron Howard per rivitalizzare le avventure letterarie di Landgon? Dopo l'algida Parigi de Il codice da Vinci, dopo le claustrofobiche segrete del Vaticano di Angeli e Demoni, Ron Howard attinge a un sostrato fertile e vivace facendo rivivere sul grande schermo gli orrori grotteschi dell'inferno di Dante, i brutali combattimenti degli affreschi del Vasari, la cervellotica intellettualità della corte dei Medici con espedienti visivi semplici, ma efficaci.

Inferno: Omar Sy in una foto del film
Inferno: Omar Sy in una foto del film

Agli occhi del regista americano Firenze non è più la classica location esotica e suggestiva, ma diviene personaggio tra i personaggi con i suoi palazzi antichi, le viuzze di pietra, i passaggi segreti, il Battistero di San Giovanni, Palazzo Vecchio, al grotta del Bontalenti e il Giardino di Boboli. Le strade divengono teatro di spettacolari inseguimenti e le comparse italiane donano calore e vivacità al tutto. A una di loro viene affidato uno dei pochi momenti umoristici della pellicola in cui si deridono gli italici difetti. Firenze è, inoltre, la città la cui storia e i cui artisti forniscono il sostrato all'indagine in cui Langdon viene catapultato suo malgrado. Indagine in cui l'esilio di Dante e la sua visione pessimistica dell'umanità si mescolano a una sofisticata trovata biogenetica per risolvere radicalmente il problema della sovrappopolazione.

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Tom Hanks alle prese con un cast "infernale"

Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones in una scena d'azione
Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones in una scena d'azione

Tra le trovate che movimentano il plot di Inferno vi è la scelta di costringere Robert Langdon a combattere contro un villain che non c'è (più). Vediamo il bioingegnere Betrand Zobrist - interpretato da un dedicato Ben Foster - perire nei primi minuti di film dopo aver innescato una reazione a catena che rischia di sterminare buona parte del genere umano. Dopo la morte, Zobrist agirà in forma indiretta attraverso i suoi seguaci e collaboratori, che ne condividono la visione radicale, o ricomparirà in alcuni flashback. Più ambigua la figura dell'agente doppiogiochista Christoph Bouchard, interpretato da Omar Sy, che lo script lascia irrisolta. Va detto che se si esclude la perfomance di Tom Hanks, il quale ormai ha "preso le misure" di Robert Langdon e si cala nei panni dell'esperto di simbologia senza particolari difficoltà, a funzionare in Inferno è più la visione d'insieme delle singole singole interpretazioni. Felicity Jones, più appannata del solito, sembra impacciata soprattutto nei momenti action, decisamente più a suo agio nei panni di un uomo d'azione con la propensione al comando l'indiano Irrfan Khan.

Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones in un'immagine tratta dal film
Inferno: Tom Hanks e Felicity Jones in un'immagine tratta dal film

A volerli cercare, i difetti in Inferno non mancano. Se il film risulta una corsa mozzafiato per tre quarti della sua durata, nell'ultima parte il ritmo rallenta improvvisamente e una fase di stanca prelude al finale. La rievocazione del passato comune di Langdon e della sua vecchia fiamma, ora a capo dell'OMS, mal si sposano col ritmo serrato della pellicola creando uno squilibrio narrativo. Le pause contribuiscono a evidenziare difetti di coerenza e le numerose licenze che il film si prende permettendo a Robert Langdon di sfuggire a orde di carabinieri o di infilarsi nel Battistero di San Giovanni in restauro indisturbato. Per non dilatare eccessivamente la narrazione, inoltre, alcune sequenze centrali nel libro vengono tagliuzzate fino a ridursi a pochi fotogrammi. Inutile porsi troppe domande. Se si accetta di sospendere l'incredulità, Inferno risulta una pellicola godibile e spettacolare che permette al grande pubblico di godere dell'ennesima buona performance di Tom Hanks (ri)scoprendo le bellezze di Firenze. Thriller coinvolgente o megaspot di una città. Chi ha detto che il cinema non possa servire anche a questo?

Movieplayer.it

3.0/5