Nell'aprile 2013, Sergio Castellitto accoglieva per la prima volta il pubblico televisivo nello studio dello psicologo romano Giovanni Mari, protagonista di una delle serie più particolari del piccolo schermo: In Treatment, riadattamento dell'omonima serie TV di Rodrigo García, in onda sulla HBO dal 2008 al 2010 con Gabriel Byrne come protagonista (la versione americana di In Treatment, a sua volta, era ispirata a una serie israeliana intitolata BeTipul).
Sono trascorsi due anni e mezzo, e finalmente Giovanni Mari è in procinto di riaprire le porte del suo studio, per permettere agli spettatori di introdursi nelle sessioni di terapia che, giorno dopo giorno, lo vedono confrontarsi con vari pazienti: almeno fino al venerdì, quando, in un ribaltamento delle parti, è Giovanni a sottoporsi all'acuto sguardo del proprio supervisore, la dottoressa Anna (Licia Maglietta). Un originale meccanismo da narrazione in tempo reale, evidente anche nelle peculiari modalità della messa in onda di In Treatment: la seconda stagione della serie, infatti, sarà trasmessa da Sky Atlantic a partire dal 23 novembre, dal lunedì al venerdì, alle 19,40 e in replica alle 23,10 (e su Sky Cinema Cult alle 20,30), rispettando così la dimensione 'giornaliera' del racconto.
Venerdì mattina a Roma, alla Casa del Cinema, abbiamo incontrato Sergio Castellitto, il regista Saverio Costanzo, i produttori e gli autori della serie e vari membri del cast: alcuni attori già presenti dalla prima stagione, come Barbora Bobulova, Adriano Giannini e Licia Maglietta, e le new entry della stagione 2, fra cui Michele Placido, Isabella Ferrari e Greta Scarano. Ecco cosa ci hanno raccontato a proposito dell'esperienza in questo secondo capitolo di In Treatment e delle caratteristiche che la rendono una serie pressoché unica.
Su Sky si torna in terapia con Sergio Castellitto
La nostra prima domanda è per Nils Hartmann, direttore delle produzioni originali di Sky Italia, e per Lorenzo Mieli, presidente di Wildside: cosa vi ha spinto a scommettere su una serie particolare come In Treatment?
Nils Hartmann: In Treatment è l'una serie non originale che produciamo a Sky. Probabilmente in Italia abbiamo già abbastanza idee originali, senza bisogno di cercarle all'estero, quindi il motivo della scelta di produrre In Treatment risiede nella sua specificità: è una serie che mette sotto la lente d'ingrandimento il talento, dalla scrittura alla regia alla recitazione. È una serie che ci permette un all star cast, che per questa produzione è venuto naturale. Ha un format particolare anche per il palinsesto, essendo sviluppata per cinque giorni all'interno di una settimana, e questo facilita la fruizione pure attraverso Sky on demand.
Lorenzo Mieli: Si tratta della seconda stagione, dopo che la prima era andata in onda nella primavera 2013, ed è stata la prima serie prodotta da Wildside dopo Boris per Fox. Era l'occasione per un racconto tutto sviluppato sugli attori: è stato il motivo che ci ha spinto a proporre In Treatment proprio a Sky, ed è stato il motivo che ha spinto tutti i presenti ad accettare. Questo tipo di struttura può contenere un tipo di narrazione altissimo, ed è stata un'esperienza grandiosa.
Saverio Costanzo e Sergio Castellitto, cosa è cambiato dalla prima stagione ad ora?
Saverio Costanzo: Il sistema è lo stesso della prima stagione: abbiamo lavorato per dare unità ai singoli episodi, girando quasi in preda diretta e con lunghissimi ciak. Questo ha permesso agli attori di entrare più facilmente dentro i personaggi, seguendo un filo logico, e a volte agli attori capitava qualcosa di imprevisto: un piccolo 'incidente' in grado di rendere speciale ciascun singolo episodio. In questa stagione avremo anche un dramma che coinvolge Giovanni Mari, il personaggio di Sergio, e lui stesso si ritroverà ad essere un paziente, in maniera ancora più personale rispetto a prima. Cambia inoltre la location, e l'idea di accogliere i pazienti nel salotto di casa rappresenta l'ennesima forma di inimità creata da Giovanni.
Sergio Castellitto: Per quanto riguarda Giovanni, c'è un passaggio epocale: nel venerdì, dalla sua tutor Anna, diventa più fragile e aggressivo. Io credo che il successo della prima stagione di In Treatment sia stato quello di essere riusciti a far riconquistare alla parola un primato straordinario: lo spettacolo della parola, l'immagine nascosta dietro la parola, in un'epoca in cui serie straordinarie ci raccontano vicende straordinarie, ma con un ritmo vorticoso. In Treatment, invece, ha la forza di rallentare, di fermarsi, come ci accade di fronte a un trauma, come ci è successo dopo i fatti di Parigi. Noi riconsegniamo alla parola l'unico grande effetto speciale, e questo spiega perché tanti attori si sono precipitati a far parte di In Treatment. Speriamo che, nella vorticosità della televisione, ci sia sempre spazio anche per questo tipo di spettacolo, solo apparentemente più statico.
Come mai abbiamo dovuto attendere oltre due anni per questa seconda stagione? È stato difficile tornare al lavoro su In Treatment dopo una pausa così lunga?
Nils Hartmann: Per tornare al lavoro abbiamo aspettato i risultati della prima stagione, e inoltre per scrivere ci è voluto molto tempo, e volevamo avere le sceneggiature complete in mano.
Saverio Costanzo: Le sceneggiature erano molto precise, sia per me come regista che per gli attori, quindi non c'è stato bisogno di molti cambiamenti. Con copioni di questo livello è molto più semplice trovare subito un'affinità con il racconto.
Sergio Castellitto: Una cosa è cambiata: per la seconda stagione abbiamo girato addirittura un episodio al giorno, e questa è la prova della grande qualità della serie. Un episodio al giorno significava consegnare un'immediatezza, ma anche un senso di 'panico' determinati dall'urgenza degli attori: un'urgenza che ci ha fatto esprimere un maggiore tasso di verità.
Sergio Castellitto, da quali "pazienti" hai avuto maggiore soddisfazione nelle vostre sedute di terapia?
Sergio Castellitto: Come attore, ho avuto un debole per i pazienti adolescenti. I ragazzi, in una situazione come una seduta di psicanalisi, non sono così egocentrici, magari sono stati costretti ad entrare in terapia, e quindi sono più 'pericolosi'. Inoltre, nel gioco dei ruoli, gli adolescenti hanno costretto Giovanni Mari a confrontarsi con il suo ruolo di padre di famiglia.
Cosa potete dirci dei prossimi progetti in cantiere su Sky?
Nils Hartmann: Abbiamo appna finito di girare Gomorra - La serie, che andrà in onda in primavera, e intanto stanno finendo le riprese di The Young Pope. Inoltre stiamo lavorando a un progetto comico con Corrado Guzzanti.
Le new entry della stagione 2
Sergio Castellitto, puoi presentarci i tuoi nuovi "pazienti" di questa stagione?
Sergio Castellitto: Michele Placido recita il ruolo di Guido in maniera straordinaria, e mi ha fatto venire in mente che In Treatment in fondo ha anche una dimensione politica: Guido è un potente manager che sulla sua strada incontra all'improvviso un attacco di panico. Isabella Ferrari, invece, nella finzione della serie è stata la mia prima fidanzata, Mara.
Michele Placido: Il teatro per me è una forma di relax, infatti a volte ci vado apposta per dormire! La differenza fra la nostra cultura e il fanatismo però è proprio questa: noi abbiamo il teatro, abbiamo la parola libera, mentre loro non ce l'hanno. Saverio mi ha voluto, e io non potevo dire di no a uno dei registi che amo di più. Personalmente, avendo otto tra fratelli e sorelli, e quaranta nipoti, non ho mai sentito il bisogno di fare della psicanalisi: con i miei parenti sono costretto a parlare talmente tanto nel weekend che non ho proprio voglia di parlare anche in altri momenti della settimana! In Treatment è stata un'avventura straordinaria, e credo che questa stagione ci farà riflettere molto su quello che sta accadendo nel mondo.
Isabella Ferrari: Mara incontra casualmente Giovanni: loro sono stati fidanzati in gioventù, e il loro incontro farà emergere i rispettivi drammi, come la madre ossessiva di Mara. Io sono stata una grande fan della prima stagione, durante la quale avvertivo un profondo senso di pericolo da parte dei personaggi e degli attori, nudi nella loro solitudine... ed è una sfida molto affascinante.
Greta Scarano: Io interpreto Elisa, una studentessa di architettura che si rivolge a Giovanni in un momento molto difficile. Secondo me, e lo dico da attrice, al cuore di In Treatment rimane soltanto la recitazione: è un aspetto unico e incredibile, perché come diceva Isabella alla fine ci sono solo gli attori, nudi davanti alla macchina da presa.
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I "pazienti storici" della serie
Per quanto riguarda i "veterani" della serie, invece, cosa avete provato a tornare in terapia con In Treatment?
Licia Maglietta: Rispetto alla prima stagione, ho trovato molto più interessante l'argomento: si tratta dell'origine, ovvero il rapporto con il padre e con la madre. Costanzo ci ha permesso di avere a disposizione un tempo lungo: un'intera mezz'ora durante la quale ogni attore può esibirsi in maniera ininterrotta... è stato un vero godimento!
Sergio Castellitto: Adriano a Barbora sono due attori eccezionali, e la loro coppia è davvero un paradigma. Hanno capito che questi personaggi possono essere utilizzati come una forma di confessione, per esprimere ciò che ci riguarda. Credo che chiunque abbia vissuto esperienze analoghe non possa non identificarsi in loro. E poi c'è Francesco... Francesco è magico, illumina alcune sedute con una purezza che è tipica solo degli adolescenti.
Adriano Giannini: Noi siamo i veterani della serie, ma per me questa stagione è stata ancora più difficile. È interessante abbandonare questi personaggi per tre anni e ritrovarli tre anni dopo, con i loro cambiamenti.
Barbora Bobulova: Per me invece, al contrario di Adriano, sedermi su quel divano stavolta è stato più semplice rispetto al passato. Io amo gli imprevisti, ed essendo ora in tre persone sul quel divano, si verificavano più imprevisti.
Francesco De Miranda: Il mio personaggio rappresenta l'imprevisto: la famiglia si sta sciogliendo, ma l'unico a soffrirne davvero è Mattia, che quindi si chiude in se stesso, ma nel suo piccolo prova anche ad aggiustare le cose.
Sergio Castellitto: Saverio ha compiuto un lavoro straordinario con la direzione degli attori: un percorso labirintico in cui a volte rischi addirittura di perderti...