Una generazione di inetti che fatica a rimanere a galla nel mondo truffaldino lasciato in eredità da padri cialtroni e molto più scaltri di loro. Troppo onesti, troppo poco sfacciati, troppo 'addormentati' al punto da meritarsi l'epiteto di "vegetali", una schiera di figli incapaci di muoversi nella società dei furbetti ereditata dai propri genitori e che spesso trovano nella fuga ecologista (ritorno alla terra, aziende green, start up a impatto zero) l'unico modo per ripartire.
Fabio Rovazzi interpreta Fabio Rovazzi e ne Il vegetale, primo film di Gennaro Nunziante senza Checco Zalone (che dal 2019 tornerà in sala con storie da lui stesso dirette), diventa il simbolo di un bestiario di giovanissimi precari, sottopagati, sfruttati e derisi.
Il ventiquattrenne di Lambrate, fenomeno social da milioni di visualizzazioni prima con i video su Facebook poi con i tormentoni "Andiamo a comandare" o "Tutto molto interessante", ci prova anche con il cinema, anche se questa volta ci tiene a fare tutto a "piccoli passi", perché, dice, "non mi sembra giusto rovinarlo come ho fatto con la musica". A lanciarlo ci pensa Nunziante, che lo pone al centro di una serie di sfortunati eventi, sullo sfondo Milano, la città che negli anni si è conquistata il titolo di capitale economica del Bel Paese, dove Fabio, neolaureato in Scienze della Comunicazione, dovrà andare a caccia di un lavoro che non c'è.
Leggi anche: Checco Zalone e l'imprevedibile virtù dell'ignoranza: le dieci scene cult dei suoi film
Tra luoghi comuni e retorica
Fabio non ha una madre, divide casa con il coinquilino barese (Alessio Giannone) che sbarca il lunario consegnando sushi a domicilio, si barcamena tra proposte di lavoro bizzarre e offerte di volantinaggio che a differenza dei suoi coetanei porta onestamente a termine. Fabio corre da un capo all'altro della città, ma non ce la fa proprio ad evitare la sfiga e così, come se non bastasse, la ragazza lo molla per andare a fare la cameriera a Londra. Ha un padre imprenditore (Ninni Bruschetta), il re dell'evasione fiscale, che ama la bella vita e che appena può si rifugia a Ibiza per scatenarsi al ritmo di 'People from Ibiza' circondato da ragazze bellissime.
I due non si vedono da cinque anni, ma quando il genitore ha un incidente e finisce in coma, il nostro sfortunato e stoico protagonista è costretto ad occuparsi dei suoi affari e della scaltrissima e viziata sorella minore (Rosy Franzese).
È da questo momento che le cose invece di migliorare peggiorano: l'integerrimo Fabio decide di proseguire il lavoro del padre con onestà, anche a costo di dichiarare fallimento e finire tutti i soldi perché le cose siano gestite correttamente. Poi una fantomatica promessa di lavoro lo porterà per un mese di stage in un bucolico borgo della Sabina, dove si ritroverà a raccogliere pomodori in maniche di camicia, unico bianco in una comunità di immigrati; nel mezzo anche il tempo dell'incontro romantico con l'insegnante tutta acqua e sapone del Sudtirol.
Il background e la sequela di disavventure in cui il regista e sceneggiatore del film cala il protagonista, ricalcano cliché e luoghi comuni della commedia italiana più recente: lo scontro generazionale, la mancanza di lavoro, il precariato, il racconto sociale, la retorica dei giovani che non sono più disposti a sporcarsi le mani. Anche se nel complesso il film risulta godibile e le risate non mancano, il già visto è sempre dietro l'angolo come anche il rischio di non approfondire tutto quello che la sceneggiatura mette sul tavolo e di eccedere nel ricorso insistente all'uso della voce fuori campo.
Leggi anche: Fabio Rovazzi, debutto nel cinema con Il vegetale di Gennaro Nunziante
Riconciliazioni
Nunziante dice di aver voluto realizzare un film di "riconciliazione", perché a detta sua Fabio riconcilierebbe un paese logorato dalle divisioni. Verrebbe da dire che Il vegetale ha toni fin troppo conciliatori, accomodanti e politicamente corretti: l'esatto contrario della satira feroce che il regista pugliese era capace di sferrare in compagnia di Zalone. Siamo in territorio lontano anni luce, complice anche i dettami di casa Disney che punta a un pubblico di giovanissimi, assolutamente da proteggere e consolare con il contentino della favola ambientalista.
Rovazzi si impegna, ma non va molto lontano dall'interpretazione di se stesso, mentre gli unici momenti più sfacciatamente cinici sono i siparietti affidati alle freddure di Alessio Giannone (il Pinuccio satirico venuto dal web) e alle battute caustiche della giovanissima Rosy Franzese, pronta a incalzare il compagno di scena una battuta dopo l'altra con tempi comici da attrice navigata; e funziona anche l'irruzione parodistica di Barbara D'Urso che fa il verso a se stessa. Il resto rimane archiviabile.
Movieplayer.it
2.5/5