Recensione Turnè (1990)

Nel suo secondo film della quadrilogia del viaggio, il regista accumula esperienza, affinando la regia, acuendo ed enfatizzando i sentimenti, che appaiono più marcati rispetto al precedente Marrakech Express

Il triangolo no

Le radici teatrali di Gabriele Salvatores risultano quantomai evidenti in questo film, vuoi per la staticità delle riprese, vuoi perché il teatro è parte integrante dell'intreccio narrativo.
Nel suo secondo film della quadrilogia del viaggio, il regista accumula esperienza, affinando la regia, acuendo ed enfatizzando i sentimenti, che appaiono più marcati rispetto al precedente Marrakech Express. Si pensi ad esempio all'inizio in cui la depressione di Federico è resa in modo più netto, affiancato e rafforzata dai colori scuri della fotografia.

Il lavoro di Salvatores non si limita qui solo alla regia, egli infatti mette del suo anche nella sceneggiatura, che vorrebbe affrontare tematiche un po' più complesse, mantenendo però l'intelligente essenza comica di Marrakech Express.
Il paragone con quest'ultimo è di fatti d'obbligo, dato che si riscontrano parecchie analogie:i ricordi della gioventù ormai lontana, i numerosi viaggi compiuti assieme, la malinconia quindi del passato e l'amicizia ovviamente che, sebbene anche qui sia il tema centrale, viene contaminata in tempo reale dall'amore.
Abbiamo perciò l'incontro e di conseguenza lo scontro interiore tra amicizia e amore. Sin dall'inizio, dal quale si nota subito che l'affiatamento del gruppo di attori nella realtà si è consolidato,Salvatores imbastisce un affascinante gioco psicologico che , attraverso il tragicomico amore di Federico, sbandierato ai quattro venti, gli acuti contrasti interiori e le numerose prospettive morali autoriflessive di Dario, fa sorridere e coinvolge in giuste dosi.

Il viaggio quindi, non tanto in senso geografico quanto inteso come viaggio interiore alla scoperta dei propri sentimenti, è reso in modo più maturo e riflessivo.
Un altro fattore comune con Marrakech Express è il tempo, anche qui scandito dalle telefonate.
Dal contatto saltuario dei viaggiatori con chi sta a casa, dalle chiamate, spesso vane, di Federico a Vittoria e dalle chiamate, sempre a Vittoria,da parte di Dario.
Vittoria, "la donna", (una giovane Laura Morante), già motivo frequente della fine di molte amicizie, una volta compresa la situazione si tira da parte e, con la sua irritante e pudica voce casta, diviene narratrice annunciando un finale che è si un po' affrettato, ma senza dubbio intelligente. Privo di sbilanciamenti controproducenti, in apparenza non porta a conclusione la storia, ma in realtà lascia aperte le porte dell'immaginazione, con poco spazio all'amarezza e molto spazio invece per la speranza.