Il silenzio della perdita

Nonostante alcune lungaggini e un certo ermetismo insistito, The Hunter getta uno sguardo duro e coraggioso sul nuovo corso dell'Iran, incrociando la storia di un uomo a cui è stato tolto tutto con la situazione politica del paese in un crescendo simbolicamente molto denso.

Berlino è un festival di ritorni. Il regista iraniano Rafi Pitts era già passato per queste parti nel 2006 con It's Winter, e il suo nuovo The Hunter, racconta ancora una volta a un personaggio sradicato violentemente dalla sua quotidianità e costretto a fare i conti con una perdita incolmabile. Dramma politico, dalle tinte thriller, il film si incolla ad Ali, ex detenuto di un crimine non specificato, costretto dal suo capo a lavorare la notte e quindi a non vedere mai la moglie Sara e la figlia Saba di sei anni. Il suo unico momento di personale quiete è quello della caccia, che lo intrattiene nei week-end, fino a quando la routine non viene spezzata dalla notizia che la moglie è stata accidentalmente uccisa in uno scontro a fuoco tra la polizia e dei protestanti. Distrutto dalla notizia, Ali si mette sulle tracce della figlia scomparsa, testando il disinteresse della polizia e delle istituzioni al suo ritrovamento, fino a quando non viene allertato della sua morte. L'ulteriore dolorosa perdita, genera nell'uomo una rabbia così profonda da uccidere due poliziotti, sparando con il suo fucile da una collina.

Nonostante alcune lungaggini e un certo ermetismo insistito, The Hunter è un film ricco di sorprese e di motivi di attenzione. Innanzitutto perchè getta uno sguardo duro e coraggioso sul nuovo corso dell'Iran, incrociando la storia di un uomo a cui è stato tolto tutto, con la situazione politica del paese, immediatamente successiva alle nuove elezioni politiche. In seconda istanza perchè capace di imporre un cambiamento sorprendente al racconto (anche sotto il profilo stilistico) con l'improvviso twist disperato che catapulta il protagonista nell'inferno della fuga dalla polizia, in un silenzioso e ineluttabile percorso verso la sua fine.

La sterzata impressa al racconto, dal momento in cui Ali viene catturato, all'interno di una foresta è di quelle che rimangono impresse, al di là di certe derive autoriali un pò insistite. Costretto a confrontarsi con i due poliziotti che lo scortano, perdendosi nella foresta insieme a loro, Ali diventa il centro simbolico delle contraddizioni di un paese, le cui due anime sono impersonificate dal comportamento aggressivo e giustiziere dell primo e da quello garantista e comprensivo del secondo. Ma l'apparente umanità del secondo poliziotto, più giovane e democratico, nasconde un'ombra che alla luce del potente colpo di scena conclusivo, getta un'ombra politica provocatoria sul nuovo Iran.