Recensione Nathalie... (2003)

L'elegante portamento e la classe infinita della Ardant, la calibrata naturalezza recitativa di Depardieu e la sensualità forse un po' di maniera, ma convincente della Beart sono le migliori cose di un film eccessivamente didascalico.

Il sesso immaginato di una prostituta

Catherine, un'affascinante ed elegante donna dell'alta borghesia francese (l'intramontabile Fanny Ardant) organizza una festa a sorpresa per il compleanno del marito Bernard (Gérard Depardieu). La festa proseguirà però senza il festeggiato, lontano per lavoro. Sono sufficienti pochi, leggeri movimenti di macchina atti a spiare le risposte emotive di Catherine a questa assenza, più che le inequivocabili situazioni successive, per instradare lo spettatore in un universo di senso già del tutto delineato.

Di questa estrema linearità e chiarezza, si alimenta, nel bene o nel male Nathalie..., il nuovo film di Anne Fontaine che mostra il tema della crisi sentimentale e dell'incomprensione in una coppia adulta ed equilibrata, centrando lo sguardo sul punto di vista femminile. Scoperto che Bernard lo tradisce, Catherine cerca di comprendere la vera personalità di un uomo di cui probabilmente pensa di sapere tutto e invece sa ben poco, specie riguardo alla sfera sessuale ed emozionale. E' questo dubbio che la spinge ad ingaggiare una prostituta che seduca il marito e gli sveli i suoi più intimi segreti.

Cinema composto ed elegante, soprattutto grazie ad un calibrata fotografia centrata sui colori molto caldi, ma anche eccessivamente didascalico ed autoreferenziale per l'uso di un registro stilistico autoriale un po' privo di motivo d'essere. Le due donne si confrontano-scontrano per tutta la durata del film in modo un po' meccanico e verboso, in un clima di soffusa ma suggerita e spesso anche riuscita sensualità. Non c'è nulla che vada la pena di registrare o di mostrare al dì fuori di questo confronto e di quello tra Catherine e Bernard, nell'ottica della Fontane; non c'è complessità o comunque interesse, oltre la dimensione interpersonale dei rapporti. A causa di questa assenza, il viaggio emozionale delle due donne(nella definizione data dalla regista) perde di mordente ed appesantito da troppe lungaggini perde forza l'obiettivo di rappresentare l'essenza ingannevole dei sentimenti, sacrificandosi sull'altare di un solipsismo freddo e decontestualizzato. Ed è un peccato, perché, se non lo spunto alla base (proposto da decine di altri film), la scelta della protagonista coinvolge ed appare interessante e poteva essere sviluppata con maggiore profondità invece di rinchiudersi nello stucchevole e ripetitivo rapporto tra le due donne, vittima di una scrittura non sempre adeguata, che abusa della riproposizione di luoghi e situazioni.

Discorso a parte meritano invece le interpretazioni del cat che sollevano di molto il film dai suoi limiti espressi poco sopra. L'elegante portamento e la classe infinita della Ardant, la calibrata naturalezza recitativa di Depardieu e la sensualità forse un po' di maniera, ma convincente di Emmanuelle Béart sono le migliori cose di questo film, tanto da renderlo comunque consigliabile a chi si ritiene stanco delle tipiche recitazioni eccessive e iperboliche che caratterizzano parte della produzione d'oltreoceano.