Una storia vera, soprattutto se il finale è drammatico e tragico, colpisce molto più di tante parole. Speriamo sia questo il messaggio che passerà dopo la visione de Il ragazzo dai pantaloni rosa di Margherita Ferri, e incentrato sulla vita di Andrea Spezzacatena, suicidatosi a soli 15 anni nel novembre 2012 dopo aver subito attacchi di bullismo e cyberbullismo su Facebook.
Madre e figlio protagonisti, Teresa e Andrea, hanno il volto di Claudia Pandolfi e Samuele Carrino. Li abbiamo incontrati in occasione dell'anteprima del film, per farci spiegare meglio come si può portare in scena un'esperienza come quella raccontata nel film.
Il ragazzo dai pantaloni rosa: video intervista a Claudia Pandolfi e Samuele Carrino
Nel film, Teresa e Andrea si dicono: "Vabbè ma non li devi mettere per forza" - "Ma così vincono loro" riferito ai pantaloni rosa del titolo. Una frase molto esemplificativa del tema affrontato. Avendo partecipato a questo progetto e avendo fatto vivere sullo schermo questa storia, come si fa a non far vincere i bulli? Secondo Samuele Carrino "Parlando. Parlandone con una persona che ti sta davvero affianco, che ci tiene davvero a te. Con un semplice consiglio, con un abbraccio sincero, che ti solleva, ti fa stare meglio".
Concorda Claudia Pandolfi, che aggiunge: "Bisognerebbe imparare a non vivere la competizione, come questa cosa del 'vincono loro'. Non porsi costantemente in una specie di challenge. Viviamo in un mondo molto performativo dove siamo posti di fronte in qualcosa che dev'essere in qualche modo conforme in maniera eccentrica. Devi aderire a qualcosa ma allo stesso tempo sovvertirla. È un grande problema, e come si fa? Non si fa...".
Continua poi: "Bisognerebbe accontentare noi stessi e non la voce di qualcun altro, che può essere indotta, interiore, esplicita. 'Come ti sei vestito?' 'Come mi pare!' Che te lo dica tua madre, tua nonna, il dirimpettaio, la preside e il tuo compagno di banco. Il coraggio va tirato fuori non per dire 'vincono loro' ma per dire 'non partecipo al campionato'. Quando da ragazzina mi sono liberata del fardello del giudizio degli altri mi sono spuntate le ali, mi sono sentita molto più libera nella vita. Non è detto che tu non continui a sbagliare, però almeno sbagli in funzione delle tue scelte e non di qualcosa che ti hanno buttato addosso gli altri. La grande regola insomma è non aderire ad accontentare gli altri".
Il ragazzo dai pantaloni rosa, recensione: la delicatezza di un film come risposta al dramma
Dalla storia vera allo schermo, passando per il bullismo
Il ragazzo dai pantaloni rosa affronta il tema del bullismo e cyberbullismo facendoci riflettere su un aspetto: e se, alcune volte, i bulli fossero dei bullizzati irrisolti?
Ne è convinta Pandolfi: "Ma certo, nessuno nasce come un foglio bianco, viviamo tutti portandoci appresso qualcosa che ci hanno scritto. Nasciamo in un contesto che ci portiamo addosso e appresso tutta la vita. La prima cosa che ci capita di fare è rimuovere dei fardelli oppure siamo talmente dentro che dobbiamo accontentare la strada che qualcuno ha tracciato per noi".
Conclude: "Quindi, chi offre prepotenza probabilmente ha avuto qualcosa di molto duro da elaborare. Però non possiamo salvare gli altri. Ognuno deve essere un po' artefice di se stesso e comprendersi, non portando avanti quell'atteggiamento. Hai sbagliato? Renditene conto e prova a smettere. Non è che siamo calcificati in un comportamento, quindi possiamo essere a volte agili e cercare di smascherarci. È talmente facile auto-smascherarsi".