Recensione L'ultimo crodino (2009)

L'unico motivo che potrebbe spingere due persone oneste a comportarsi da delinquenti è la consapevolezza di non avere più altra scelta. E sebbene il film proponga tanti spunti divertenti, invita anche a riflettere sulle contraddizioni della società moderna e della vita di provincia, sempre più piegata alle speculazioni e al malaffare.

Il più improbabile furto del secolo

Si sa che l'intraprendenza e lo spirito di iniziativa sono due caratteristiche spesso associate al popolo italiano, e che, unite ad una certa propensione al crimine e all'illegalità, hanno fatto la fortuna di tanti nostri connazionali, in patria e all'estero. Anche diventare dei criminali, però, non è così scontato come potrebbe apparire ad un profano, e se si volesse puntare sulla delinquenza come fonte di sostentamento bisognerebbe prendere l'impresa con grande dedizione e serietà.

Non così, purtroppo o per fortuna, hanno fatto i protagonisti de L'ultimo Crodino, i due amici Pes e, per l'appunto, Crodino: l'uno operaio in un'acciaieria, l'altro imprenditore agricolo fallito, per far fronte alle proprie disgrazie economiche decideranno di mettere in atto un piano di indubbia originalità. Il cervello iperattivo di Crodino vedrà infatti nella morte di Enrico Cuccia, originario della val di Susa dove i due vivono e tumulato proprio nel piccolo cimitero di paese, un'attraente possibilità di guadagno, convincendo il dapprima reticente amico che rubare la bara del noto finanziere per poi esigere un riscatto dalla famiglia avrebbe risolto tutti i loro problemi, rendendoli ricchi, felici e finalmente lontani anni luce dai debiti. I due si imbarcheranno così in un'avventura ben al di sopra della loro portata: sprovvisti perfino di una torcia decente, dovranno compiere il furto illuminati dalle candele delle tombe vicine, e si troveranno a ricattare un ignaro omonimo del figlio del morto, il cui recapito era stato estrapolato malamente dalle Pagine Gialle. Sebbene un tale modus operandi non possa certo traghettare l'operazione verso il successo, con la sua natura scarsamente ortodossa getterà allo stesso tempo nel panico la polizia che, confusa dagli stranissimi indizi lasciati e persa tra le ipotesi più fantasiose, esiterà a pervenire ad una corretta soluzione del problema.

Verrebbe da chiedersi come mai due brave persone, con una così evidentemente scarsa propensione al delitto, si siano imbarcate in un'impresa tanto folle e prevedibilmente destinata all'insuccesso. Pes, con il suo spirito critico e la sua malinconia, non aveva in effetti mai avuto tanta fiducia nel piano, ma persino l'inguaribile ottimista e anche un po' spaccone Crodino lasciava trasparire, a volte, le sue perplessità. L'unico motivo che potrebbe spingere due uomini onesti a fare qualcosa in cui non credono neanche loro è la triste consapevolezza di non avere più altra scelta: se si vuole difendere il proprio diritto a vedere la figlia o a non lasciarsi scappare la moglie allora l'unico modo è rubare, uscire dal sistema che, nella legalità, li ha ridotti alla miseria e tentare un gesto estremo, da un certo punto di vista eroico.

E' impossibile non entrare in empatia con i due protagonisti e schierarsi dalla loro parte, e continuare a sperare, continuamente disillusi, che non commetteranno l'ennesima leggerezza e non si faranno beccare con le mani nella marmellata dalla polizia. Ma la vicenda filmica ricalca quella reale e così nemmeno per Enzo Iacchetti e Ricky Tognazzi, che sullo schermo formano una coppia ben assortita e divertente, sempre in bilico tra la disperazione e l'euforia, c'è scampo: ma proprio la sfortuna di essere beccati rappresenterà per i due un'occasione di riscatto e di speranza. Certo i toni del film sono quelli della commedia, ed è impossibile non ridere dell'ingenuità dei due protagonisti, ma parallelamente la pellicola ci invita anche a riflettere sulle contraddizioni della società moderna e della vita di provincia, considerata un'oasi di tranquillità e pace ma che, con la sua immobilità, costringe le persone a lasciarsi rovinare e che, lontana dalle maglie strette della città, è spesso teatro di bieche speculazioni (vedi quelle della diossina e della TAV, citate nel film) che, ancora una volta, fanno la fortuna dei ricchi e la disgrazia dei poveri. Come afferma Pes, "chi nasce povero muore povero", e forse questa amara verità è la triste lezione che dobbiamo imparare, ma se, come Pes e Crodino, troveremo sempre lo spazio per una risata e una bevuta tra amici, allora anche senza soldi non si starà poi così male.