Un pranzo di famiglia e un improbabile pavone di nome Paco in un soleggiata giornata d'inverno in una cittadina imprecisata del litorale romano. Il terzo lungometraggio di Laura Bispuri (Vergine giurata, Figlia mia) è un film stratificato, ricco di simbolismi e astrazioni, forse troppi per poter coinvolgere un pubblico non avvezzo a questo tipo di narrazione, come spiegheremo più avanti nella recensione de Il paradiso del pavone, che dopo la presentazione 78. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti, arriva in sala dal 16 giugno. Il cast è di prim'ordine da Alba Rohrwacher a Dominique Sanda, Maya Sansa, Fabrizio Ferracane, ma risulta difficile credere anche per un solo istante alle situazioni raccontate in un'ora e mezza circa di battibecchi, schermaglie familiari e tensioni sempre sul punto di esplodere. Al di là della plausibilità o meno, sospendere l'incredulità per lo spettatore e lasciarsi coinvolgere sarà davvero complicato.
Storia di una famiglia disfunzionale
Impossibile però non riconoscere ne Il paradiso del pavone il tocco di Laura Bispuri che si conferma una tra le più interessanti voci nel panorama del cinema d'autore italiano. La grazia e la raffinatezza che contraddistinguono certe sue scelte stilistiche, la predilezione per la psiche umana e la dimensione allegorica trovano spazio ancora una volta in un racconto che rivela una propria precisa identità. Persino nella scelta dei luoghi, pronti a fare da catalizzatori dei cortocircuiti che esploderanno nel corso della storia: così se in Vergine giurata toccava a un remoto villaggio dell'entroterra albanese, qui il compito di raccogliere i pezzi dopo l'esplosione è di una casa che affaccia sul mare e nella quale si riunirà la famiglia di Nena (Dominique Sanda) al completo per festeggiare il suo compleanno.
E alla spicciolata arriveranno tutti: il marito Umberto con cui è sposata da quasi cinquant'anni, i figli Vito (Leonardo Lidi) e Caterina (Maya Sansa), la nuora Adelina (Alba Rohrwacher) con la piccola Alma, Manfredi (Fabrizio Ferracane) l'ex compagno di Caterina con la sua nuova fidanzata, la domestica Lucia (Maddalena Crippa) con sua figlia Grazia (Ludovica Alvazzi DelFrate) che da anni ha smesso di parlare, ma non sappiamo perché. E poi c'è Paco, il pavone di Alma, una presenza ingombrante e surreale, che accompagnerà la lunga attesa di un pranzo che alla fine non arriverà mai. È lui il personaggio simbolo attorno a cui ruotano le azioni dell'intero nucleo familiare, che più di una volta Paco getterà nello scompiglio prima rompendo un vaso, poi schiantandosi al suolo dopo essere stato portato in balcone da Vito.
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Personaggi stranianti
L'occasione di una giornata di festa si trasforma ben presto in un susseguirsi di nervosismi trattenuti, annunci importanti da fare e rivelazioni inaspettate. Tutti i personaggi galleggiano in un confuso incalzare di ricordi, riflessioni fatte ad alta voce, dialoghi non sempre del tutto comprensibili e siparietti spesso grotteschi; ci si agita attorno ad una tavola imbandita, ma sulla quale non si consumerà nessun pasto. Permane una sensazione di inquietudine latente e di profonda caducità, mentre si pensa al senso di ciò che resta e a ciò che invece è destinato a scomparire; ognuno alla fine è costretto fare i conti con se stesso in una babele di opinioni dove nessuno sembra essere disposto ad ascoltare l'altro. Ne viene fuori il ritratto insolito di una famiglia disfunzionale e a volte folle, una messa in scena in cui non si sa mai bene che direzione vogliano prendere i fantasmi che la animano.
Conclusioni
Con il suo terzo film, Il paradiso del pavone, Laura Bispuri si conferma una tra le più interessanti voci nel panorama del cinema d’autore italiano. Nulla da eccepire sul piano formale dove la sua personalità registica si fa ancora una volta riconoscere per grazia e raffinatezza. Peccato che il film affoghi tra simbolismi e astrazioni che non permettono al pubblico di empatizzare per un solo secondo con i personaggi in scena.
Perché ci piace
- La raffinatezza e la grazia del racconto, che da sempre accompagnano le storie di Laura Bispuri.
- La sensazione di profonda inquietudine in un incalzare di riflessioni e dialoghi spesso nonsense, nell’attesa estenuante di un pranzo che non arriverà mai.
Cosa non va
- Il ritmo lento della narrazione.
- L’abbondare di simbolismi e astrazioni, che rendono il film ostico a un pubblico non avvezzo a questo tipo di racconto.
- L’incapacità dei personaggi di suscitare empatia nello spettatore.