Il Nobel da Oscar
Solo la percezione distorta di una mente colpita da schizofrenia può condurre all'esplorazione di sentieri misconosciuti. Ma sono ben pochi a poter godere del privilegio di superare le frontiere del reale, spingendosi in territori oscuri, appena rischiarati da una luce d'ignara provenienza.
Il bagliore che illumina il volto di John Nash, geniale matematico affetto da schizofrenia (Russell Crowe: Insider - Dietro la verità, Il gladiatore), ha il dolce profilo di una donna di rara bellezza: Alicia (Jennifer Connelly: Phenomena, Dark City), capace di comprendere fin nel profondo cosa significhi intraprendere quel sentiero senza l'aiuto di una presenza al proprio fianco. La forza di John, lo stimolo ad andare avanti sarà rappresentato per tutta la vita da Alicia, banali luoghi comuni a parte.
Sarà una divina Jennifer Connelly (premiata dall'Academy come miglior attrice non protagonista) a smontare quello splendido castello narrativo costruito da un Ron Howard cui non poteva non andare l'Oscar per la miglior regia. Sarà Alicia la chiave che scardinerà il gioco di prefigurazioni mentali che affollano la mente di John. Il punto di forza della pellicola non risiede certamente qui, perlomeno non del tutto, ma è impossibile soprassedere sull'effetto sorpresa destinato a colpire quanti non si attendano una "placida" biografia. Vale a dire la quasi totalità degli spettatori, attratti in sala da un trailer ben costruito, anticipatore di un film apparentemente a metà tra il buon thriller e il drammatico strappalacrime.
Niente di tutto questo: John Nash non sarà mai incaricato dal Pentagono di decrittare i messaggi cifrati sovietici in piena guerra fredda, tantomeno sarà protetto dal super agente segreto William Parcher (Ed Harris: Abyss, The Truman Show) o confortato dall'amicizia di Charles (Paul Bettany: Il destino di un cavaliere, Dogville). Quei due non sono mai esistiti: sono solo il frutto della sua immaginazione e degli effetti di una malattia psichica vanamente combattuta da una medicina ufficiale animata da un'ottusa volontà di contrasto (fatta di isolamento ed elettroshock) e sorda all'estrema esigenza di sensibilità richiesta da uno schizofrenico come John.
La cifra stilistica del film è riposta nella linearità di una storia personale (pur tormentata) abilmente travestita e dalla forza interpretativa di un Russell Crowe capace di sfoderare una prestazione semplicemente sbalorditiva.
Solo una mente meravigliosa poteva ispirare un film di straordinario impatto visivo ed emozionale come A beautiful mind: tutti in piedi ad applaudire un Nobel per l'economia cui l'agrodolce percorso esistenziale non poteva che destinare un alter-ego artistico premiato dal massimo riconoscimento cinematografico. Quattro Oscar (film, regia, sceneggiatura non originale, miglior attrice non protagonista) per una pellicola imperdibile.