Chi è Totoro? Stando alla definizione che ne diede lo stesso Hayao Miyazaki nel 2005, "Totoro è semplicemente un animale che si crede viva di ghiande". Aggiunse anche che "presumibilmente poteva trattarsi di un custode della foresta", sottolineando però come questa "fosse un'idea verosimilmente raffazzonata, vagamente approssimata". Stando alla descrizione del suo creatore, dunque, il gigantesco e peloso orso-felino che dà il nome al film simbolo dello Studio Ghibli è assolutamente reale all'interno dell'immaginario de Il mio vicino Totoro, nuovamente nelle sale italiane grazie alla rassegna Un mondo di sogni animati di Lucky Red.
Dopo Kiki consegne a domicilio e Il castello nel cielo, tocca adesso all'emblema miyazakiano riaccendere nella calura estiva l'amore per l'animazione nipponica d'autore, ri-consegnando al buio della sale il titolo che forse più di altri ha portato una luce fiabesca e immaginifica nel cinema contemporaneo dedicato ad ambiente ed ecologia. Un titolo capace d'infiammare con delicatezza la fantasia dei più piccoli e solleticare al contempo la coscienza degli adulti, mostrando questo buffo, dolce e carismatico animalone come personificazione di qualcosa di più raro e prezioso, rendendolo quindi reale ma anche spirituale, metafora per altro, algebra per il cuore e per la vita.
Il potere dei piccoli
Come già detto nel nostro speciale sulle 8 curiosità dedicate al Mio vicino Totoro, il secondo film ufficiale dello Studio Ghibili contiene degli elementi autobiografici della vita di Miyazaki. La madre del Maestro soffrì infatti di tubercolosi spinale per circa un decennio, trascorrendo molto tempo ricoverata in ospedale. Accade lo stesso alla mamma di Satsuki e Mei nell'economia del racconto, ma l'animazione permette all'autore di affidare speranze e paure di quel periodo all'immaginazione, unendo quegli anni preoccupanti al suo bucolico amore per la campagna giapponese e adoperandosi per spalancare su quel mondo così vicino ma distante una porta di sorprendente libertà e spensieratezza, coscienziosamente unita a un profondo messaggio ecologista e umano. L'iconica canzone del film dice: "Il vicino Totoro, nel bosco abita, ci vive fin dall'antichità". Guardando agli scritti di Lewis Carroll e condividendo con l'autore britannico lo stesso amore per il fantastico e l'impossibile, Miyazaki creò questo tranquillo bosco delle meraviglie circondato da risaie e da persone per nulla assuefatte al caos e ai vizi del capitalismo metropolitano.
Come protettore millenario dello stesso, quasi incarnazione dell'imponente Canfora posta al centro della selva, il regista creò appunto Totoro, insieme ferino ma bonario, mix di tante ispirazioni differenti. Non possono vederlo tutti, però: "Solo al tempo dell'infanzia, tu, potresti incontrarlo e poi non più". Totoro è l'ambiente nella sua forma più semplice e ingenua, idillico e bambinesco, puro nel senso più vero e caro del termine e per questo palese solo e soltanto a chi, come lui, puro e ingenuo e bambinesco è ancora. Come Satsuki e Mei, ad esempio, rispettose dell'ecosistema in cui vivono, che è in effetti "il loro vicino" ma anche il nostro, un dirimpettaio naturale che non riusciamo più a vedere, ignorandone la sofferenza, maltrattandolo senza considerazione né ritegno, abbandonandolo e, per questo, venendo abbondonati di conseguenza, lentamente ma con tragica inesorabilità. Già 35 anni fa Miyazaki riteneva che il potere di creare un mondo migliore fosse dei più piccoli, e oggi sono proprio le nuove generazioni, le più giovani e combattive, a lottare a gran voce per un'ecologia in stato febbricitante.
Ritorno al passato
Alla fine degli anni '80, forse, l'ambientalista e anti-bellico Miyazaki auspicava il ritorno a una vita rurale e pacifica, immersa nel verde delle campagne e assoggetta al lento scorrere del tempo, in tandem con la natura. Oltre a un significato più intimo correlato alle ombre che si annidano nel cuore di chi soffre (proprio come la famiglia di Satsuki e Mei per le condizioni della mamma, anche se lo danno poco a vedere), i Nerini del buio o Corrifuliggine potrebbero rappresentare lo stato di abbandono e decadimento delle vecchie abitazioni bucoliche del Giappone nel momento delle grandi migrazioni verso grandi centri metropolitani alla fine degli anni '70. Questo indica in parte il desiderio di Miyazaki di riscoprire quei luoghi così miti e accoglienti, dove possedere di meno ma guadagnare di più in termini di serenità e spensieratezza, riconnettendosi con la parte più salubre della vita e del mondo, abbracciando nuovamente la Terra nella sua naturale interezza, tornando a respirare con lei, comprendendo il valore dell'esistenza anche solo lasciandosi accarezzare dal vento.
È un messaggio che ancora oggi pochi film riescono a veicolare con lo stesso tatto e la stessa poesia, con una semplicità d'intenti disarmante e in grado di arrivare davvero a tutti. Per questo Il mio vicino Totoro è la fiaba ambientalista per antonomasia, dove l'algebra che insegna non è matematica ma sempre relativa a relazioni e quantità: tra uomo e mondo e sull'impatto che ogni giorno i primi hanno sul secondo e viceversa.