Il cuore di Cristina

Grandi applausi e soddisfazione generale nel cast di 'La bestia nel cuore', pellicola accolta con caloroso entusiasmo sia dalla critica che dal pubblico veneziano. Il cast quasi al completo si stringe intorno alla sua regista in conferenza stampa.

Grandi applausi e soddisfazione generale nel cast di La bestia nel cuore, pellicola accolta con caloroso entusiasmo sia dalla critica che dal pubblico veneziano. Il cast quasi al completo si stringe intorno alla sua regista, autrice anche del romanzo da cui è stato tratto il film, ribadendo la coralità di questa produzione che, tra le pellicole italiane presenti al festival (in concorso e non), ha riscosso il maggior successo, grazie anche alla durezza delle tematiche affrontate con sensibilità tutta femminile.

La bestia nel cuore è l'adattamento cinematografico di un suo romanzo. Ci sono stati grandi cambiamenti nel passaggio dal testo al film o il romanzo conteneva già la sceneggiatura al suo interno? Cristina Comencini: Non ho mai voluto fare film tratti dai miei libri prima d'ora. In questo caso ho pensato a fare un film che avesse una sua indipendenza, rinunciando ad alcune cose presenti nel libro e trasformandone altre. Alla fine la pellicola è risultata un'opera a se stante grazie al contributo creativo degli attori e alle due sceneggiatrici.

Le molestie sui minori in famiglia rappresentano il 98% delle violenze subite dai bambini, ma questo è un argomento di cui non si parla quasi mai. La bestia nel cuore affronta un tema così delicato con coraggio, in più mette in scena un amore omosessuale mostrato con grande normalità. E' questa la vera forza della pellicola? Cristina Comencini: Dopo la pubblicazione del romanzo ho ricevuto molte lettere di persone che avevano vissuto esperienze borderline quando erano piccoli, non necessariamente violenze perché spesso vi è ambiguità in certi atteggiamenti ed è difficile stabilire il limite tra le attenzioni morbose e le molestie. Col mio libro queste persone si sono sentite meno sole, riavvicinate agli altri. Occorre denunciare questo tipo di violenze perché l'individuo adulto deve conoscere anche la possibilità che esistano questi impulsi per evitarli e combatterli, altrimenti può provocare una ferita mortale nel bambino.

Il film tocca una serie di temi tabù dei quali in una società come quella italiana non si ama discutere. Come riusciranno ad affossare la discussione avviata, discussione che invece sarebbe fondamentale portare avanti oggi come oggi? Cristina Comencini: Il film ha ricevuto un divieto ai minori di 14 anni che poi è stato tolto. Già il fatto di metterlo, però, è indicativo della ricezione di questa pellicola. La famiglia è un entità da non toccare mai, anche se in realtà non la si ama per niente perché i legami che esistono al suo interno o sono veri o altrimenti sono imposti dall'esterno. Anche della donna, come della famiglia, ci è offerta un'immagine santificata e idealizzata, per questo motivo non si parla mai di omosessualità femminile. Per quanto mi riguarda, non potrei mai autocensurarmi, tagliando scene per favorire la distribuzione di una mia pellicola. Ho eliminato due scene de La bestia nel cuore, ma solo per motivi personali, In una c'era Giuseppe Battiston che distruggeva il set della serie tv, l'altra è la famosa scena dell'acqua che ho tolto perché sentivo troppo metaforica e pretenziosa.

Riccardo Tozzi: E' la prima volta che un regista sceglie di tagliare una scena così complessa e costosa, però sono riuscito a convincere Cristina a reintegrarla nel DVD e anche in televisione.

Il film è riuscito non perché affronta argomenti importanti, ma per come i contenuti sono presentati cinematograficamente. In particolare sono due gli aspetti principali: l'asciuttezza dei toni nei momenti più drammatici, come durante la confessione del tradimento di Alessio Boni, e l'uso dei piani sequenza per mostrare la casa d'infanzia di Sabina. Cristina Comencini: Sono riuscita ad integrare i vari piani della narrazione cercando di trovare un equilibrio senza eccedere mai nell'enfasi.

Il film è una pellicola corale. Potete illustrarci i personaggi che ciascuno di voi interpreta?

Giovanna Mezzogiorno: Sono rimasta affascinata dalla complessità e dall'intensità della storia. Sabina, la protagonista, è un'acqua cheta, si accontenta di ciò che ha, non affronta la vita con energia e aggressività, ma è sempre molto dolce, quasi remissiva. Su una persona così si abbatte una catastrofe tanto forte. Vi è un grande contrasto tra Sabina e il fratello, come i due hanno affrontato la stessa cosa in modo così diverso: lei rinuovendo tutto, lui invece portandosi dietro il peso dei traumi subiti anche da adulto.

Stefania Rocca: Emilia è una ragazza cieca di trent'anni, ma per trovare la giusta chiave interpretativa non sono partità dalla sua cecità, ma dall'omosessualità. Emilia è nata omosessuale e fin da piccola si è innamorata di Sabina, che per lei rappresenta la sua ossessione, ma anche la sua memoria. Per interpretare questo ruolo non volevo cadere in facili stereotipi perciò mi sono messa a leggere varie cose, tra cui le poesie di Saffo. Per prepararmi alla cecità di Emilia, invece, ho lavorato come volontaria in un centro per ciechi per tre mesi, così da imparare i codici di questa malattia. Poi sono andata a fondo per capire il personaggio e la sua voglia di indipendenza, imparando a muovermi sul set ad occhi chiusi. Cristina mi ha aiutato a trovare la giusta via di mezzo tra realtà e cinema.

Angela Finocchiaro: Il mio è un ruolo fantastico, una favola a lieto fine, inizio interpretando una donna spigolosa, cinica e disncantata che alla fine troverà l'amore. Il dolore e le lacrime scioglieranno la ruggine lasciata dall'abbandono del marito.

Luigi Lo Cascio: Io interpreto Daniele, il fratello di Sabina, emigrato negli Stati Uniti per sfuggire ai brutti ricordi dell'infanzia. Costruire il mio personaggio è stato molto difficile perché di solito gli attori, per trovare la giusta chiave interpretativa, si rifanno al proprio passato. Tutti abbiamo esperienza del dolore quindi l'attore si aggrappa a ciò che conosce. Qui però la cosa va oltre, è un trauma terribile, difficle da comprendere e da rappresentare. Non avendo vissuto niente di simile, mi sono fidato del libro e della sceneggiatura, che mi hanno commosso fin dalla prima lettura. Gli attori devono imparare ad essere anche un po' spettatori per entrare a fondo nel personaggio.

Alessio Boni: Io sono un attore che interpreta un attore. Il mio momento più difficile è stato il primo giorno quando mi sono trovato sul set a dover esternare tutto il mio bagaglio di sentimenti ed esperienze vissute. Piano piano sono riuscito a vincere il mio imbarazzo iniziale e sono entrato nel personaggio.